L’allergia al nichel è un problema molto diffuso: si discute se anche il metallo assunto con la dieta possa avere un ruolo in queste situazioni e se una dieta a basso contenuto di nichel possa avere una qualche utilità nel ridurre i sintomi riportati.

Il nichel è il ventiquattresimo elemento per abbondanza nella crosta terrestre. Si tratta di un metallo argenteo, lucido, facilmente lavorabile, resistente all’ossidazione ma solubile in acidi e dotato di proprietà ferromagnetiche. Una buona parte del nichel terrestre è del tutto inaccessibile, nelle profondità del pianeta, di cui costituisce il nucleo fuso assieme al ferro, mentre molto del nichel che troviamo nel suolo e nei mari proviene invece dall’incessante pioggia di polveri spaziali e meteoriti che ogni giorno cade sul nostro pianeta. Il nichel è ampiamente utilizzato nell’industria, soprattutto in forma di leghe, e molte di queste attività industriali contribuiscono al rilascio di nichel nell’ambiente.

La presenza di nichel nel suolo può andare da 0,2 a 450 p.p.m. (da 0,2 a 450 mg/kg di suolo) con valori medi intorno a 20 p.p.m.; il contenuto può aumentare in prossimità di siti industriali e in terreni trattati con fertilizzanti, che possono contenere tracce del metallo, fino ad arrivare a 800 p.p.m.

Nel nostro organismo il nichel arriva per inalazione di polveri, per contatto con oggetti metallici o per ingestione di cibi che lo contengono. Una esposizione continuata al metallo può provocare severe reazioni avverse: possiamo avere forme allergiche cutanee o sistemiche, formazione di radicali liberi, riduzione nell’assorbimento e nel metabolismo di altri ioni metallici come calcio, magnesio, manganese e zinco, e addirittura una rilevante azione cancerogena e teratogena.

Tuttavia il nichel non è soltanto una minaccia per gli esseri viventi, si tratta infatti di un elemento essenziale per batteri, archea, eucarioti inferiori e piante. In questi organismi il nichel è costituente necessario per l’attività di alcuni metallo-enzimi, nella cui struttura riveste un ruolo chiave. Particolarmente rilevante la presenza di nichel nell’ureasi delle piante, con lo ione bivalente (Ni II) nel sito attivo dell’enzima.

Negli animali non sono invece noti enzimi che lo utilizzino, tuttavia si ritiene che questo metallo possa comunque essere un elemento essenziale anche per questi organismi, infatti una carenza indotta di nichel può determinare problemi di crescita, riduzione del numero di globuli rossi, calo dell’emoglobina, severa riduzione dell’attività di molti enzimi epatici e renali, riduzione dell’assorbimento di ferro e altri metalli e ridotta efficienza del metabolismo a carico di carboidrati e proteine. Non è facile capire come una carenza di nichel possa determinare questi ampio ventaglio di problemi, forse per un coinvolgimento dello ione in processi di regolazione dell’espressione genica, forse per un contributo importante alla stabilità delle membrane biologiche o dei lipidi; risulta comunque evidente che il nostro organismo ha bisogno di nichel.

Il fabbisogno stimato è di circa 10-30 μg/die (milionesimi di grammo) ma in Italia in consumo giornaliero dovrebbe attestarsi intorno ai 300-400 μg/die e in alcuni paesi si possono registrare valori superiori ai 600 μg/die. A causa di questa assunzione così rilevante e a fronte dei potenziali problemi derivanti da un’eccessiva esposizione, sia  WHO che Unione Europea hanno dato indicazioni per controllare il contenuto di nichel nell’acqua e nel materiale metallico che può venire a contatto con la cute. [1, 2]

L’allergia al nichel

L’allergia al nichel è la forma più diffusa di allergia da contatto e di allergia ai metalli: un bel primato, non c’è che dire. La prevalenza è in marcato aumento, secondo alcuni per la maggior diffusione di pratiche come piercing e tatuaggi — il nichel è impiegato per la produzione di alcuni dei colori utilizati — in costante ascesa negli ultimi anni. Studi epidemiologici recenti indicano una prevelanza generale tra il 15 e il 20% della popolazione. Le donne sono più colpite degli uomini, probabilmente per l’uso diffuso di monili contenenti il metallo, con una prevalenza che può arrivare oltre il 30%.

La risposta immunitaria scatenata dal nichel è molto importante e di solito si manifesta sotto forma di Dermatite Allergica da Contatto (DAC). Abbiamo una prima fase, silente, di sensibilizzazione, in cui avviene il primo contatto con l’antigene, ad esempio gli ioni nichel che vengono rilasciati da monili o strumenti che contengono il metallo per azione del sudore, leggermente acido. Successivi contatti con l’antigene scatenano una risposta che vede protagonisti i linfociti T, con produzione e rilascio di citochine pro-infiammatorie, fenomeni citotossici e formazione di radicali liberi che portano ad apoptosi le cellule dell’epidermide. Il risultato finale è un eczema limitato alle sole zone di contatto con il metallo, accompagnato talvolta da formazione di vescicole, desquamazione e prurito.

In alcuni soggetti i problemi non si presentano soltanto a livello delle zone di contatto ma anche in altre parti del corpo come le pieghe dei gomiti, il collo, la parte interna delle cosce, la pianta dei piedi, le palpebre e la zona ano-genitale. Talvolta possono essere presenti anche sintomi a carico di organi diversi dalla cute, con rinite, asma, cefalea, dolori addominali, diarrea, stipsi, meteorismo, vomito. In questo caso si parla di Sindrome dell’Allergia Sistemica al Nichel (SNAS). Si ritiene che in questo caso possa giocare un ruolo molto importante non soltanto il contatto cutaneo con il nichel ma anche la rilevante quantità del metallo che viene ingerita con la dieta. I meccanismi immunologici alla base di questa risposta generalizzata non sono ancora stati chiariti.

La diagnosi di allergia al nichel  per DAC si fa tramite Patch Test, un test che valuta reazioni locali di ipersensibilità causate da contatto cutaneo con l’allergene. Il risultato del test indica che esiste sensibilizzazione, fatto che non implica l’effettiva presenza di allergia. Molto più complicata è la diagnosi di SNAS, per la quale sarebbe necessaria una prima fase di eliminazione del nichel (e vedremo che non è facile eliminare il nichel dalla dieta), seguita da test di provocazione. In entrambe i casi si tratta di procedure mediche che richiedono personale qualificato. Se sospettate di soffrire di una qualche forma di allergia al nichel parlatene con il vostro medico, che potrà consigliarvi il più appropriato iter diagnostico, ed evitate le diagnosi prêt-à-porter ormai così di moda. [3, 4, 5]

Allergia al nichel, dieta a basso contenuto di nichel per il trattamento della sindrome da allergia sistemica al nichel

La cosmica tristezza che ti coglie nel momento in cui scopri che uno degli alimenti più ricchi di nichel è il cacao.

Sindrome da allergia sistemica al nichel e dieta

L’utilità di una dieta a basso contenuto di Nichel per soggetti affetti da Sindrome dell’Allergia Sistemica al Nichel è tema decisamente controverso, per molti motivi diversi. Problemi ricorrenti negli studi che indagano questa particolare dieta sono la difficoltà di selezionare soggetti la cui allergia al nichel sia stata diagnosticata secondo criteri precisi, la difficoltà di individuare un test di provocazione standardizzato e, soprattutto, la difficoltà di redigere una dieta il cui contenuto del metallo sia decisamente ridotto.

Il contenuto di nichel degli alimenti è infatti estremamente variabile e risulta decisamente maggiore in cibi di origine vegetale, mentre la presenza in quelli di origine animale è sempre modesta, con la sola possibile eccezione dell’uovo. La letteratura scientifica disponibile non è particolarmente d’aiuto, con tabelle derivanti da studi diversi che riportano valori molto difformi per lo stesso alimento, discrepanze che non possono essere assolutamente considerate trascurabili. In effetti manca propria la definizione di una soglia che permetta di stabilire se un alimento sia da considerare ad alto contenuto di nichel: in studi diversi si va da valori soglia discretamente elevati, con pochi alimenti considerati problematici, a valori estremamente ridotti che invece portano ad includere nelle liste di alimenti da evitare una quantità davvero rilevante di cibi. La mancata definizione di una soglia non è certo segno di trascuratezza, ma è dovuta alla  persistente incertezza su quale sia la dose minima di nichel in grado di scatenare una risposta.

Altro problema non trascurabile è che il contenuto di nichel negli alimenti di origine vegetale può presentare variazioni rilevanti, superiori alle dieci volte, in funzione di:

  • quantità di nichel presente nel terreno di coltivazione;
  • stagione di raccolta: il contenuto di nichel nelle piante è generalmente maggiore in primavera ed autunno e più ridotto in estate,
  • parte della pianta che viene consumata: il nichel tende a concentrarsi soprattutto nelle foglie;
  • per le verdure a foglia, età della foglie che viene consumata, con accumulo di nichel maggiore nelle foglie più vecchie.

Considerate tutte le variabili, è evidente come sia davvero arduo stilare una tabella degli alimenti da escludere utilizzando dati così eterogenei e difformi. Il rischio è sempre quello di incorrere in eliminazioni arbitrarie, non necessarie, potenzialmente problematiche.

Una lista aggiornata, utilizzata in un recente studio condotto in Italia, individua alcuni alimenti di uso comune classificandoli in funzione del loro crescente contenuto di metallo. Risulta evidente da questi dati che, indipendentemente dal terreno di coltivazione, possono sempre essere considerati  alimenti ricchi di nichel i cereali integrali, i legumi, il cacao, le noci, le nocciole e le arachidi.

Ni 100 μg/kg Ni 200 μg/kg Ni 500 μg/kg Ni > 500 μg/kg
Carote Albicocche Carciofi Mandorle
Fichi Broccoli Asparagi Ceci
Lattuga Mais Fagioli Cacao
Insalata Aragosta Cavolo Concentrato di pomodoro
Liquirizia Cipolle Cavolfiore Lenticchie
Funghi Pere Fagiolini Avena
Sogliola Uva passita Farine integrali Arachidi
Merluzzo Lievito Noci
Rabarbaro Margarina
Cozze
Ostriche
Patate
Piselli
Prugne
Spinaci
Pomodori
Adattato da Rizzi, Nucera et al. – Irritable Bowel Syndrome and Nickel Allergy: What Is the Role of the Low Nickel Diet? – Journal of neurogastroenterology and motility 2017 Jan; 23(1): 101–108.

Altri fattori che possono incidere in misura rilevante sull’assunzione giornaliera del metallo tramite la dieta sono:

  • utilizzo di utensili, pentole e posate in leghe contenenti nichel;
  • contatto prolungato di alimenti, specie se acidi, con le pareti di contenitori e pentole contenenti nichel;
  • presenza di nichel nell’acqua consumata, con valori variabili che dipendono dalla provenienza del liquido, dalla temperatura, dal fatto che si consumi o meno la prima acqua fuoriuscita dal rubinetto, dal consumo a digiuno o a stomaco pieno.

Tutte queste variabili rendono molto difficile stilare una dieta a basso contenuto di nichel che soddisfi in pieno la premessa, senza costringere il soggetto ad eliminazioni che possano alla lunga portare a deficit nutrizionali.

Alcuni recenti studi hanno cercato di indagare in maniera approfondita l’effettiva utilità di una dieta a basso contenuto di nichel in soggetti che presentavano importanti sintomi gastrointestinali inquadrabili in un contesto di  Sindrome dell’Allergia Sistemica al Nichel.  Entrambe i lavori sono italiani: nel primo, risalente al 2013, gli autori hanno messo a punto una dieta specifica, la BraMa-Ni (da Brama e Maccarinelli, autori del lavoro) appositamente studiata per ridurre l’apporto giornaliero di nichel al di sotto dei 50μg/die, con un apporto calorico intorno alle 2000 kcal/die per gli uomini e 1700 kcal/die per le donne. [6]

Nel secondo studio gli autori hanno utilizzato la medesima dieta ma ne hanno indagato l’efficacia nel trattamento della sintomatologia riferita a Sindrome del Colon Irritabile (IBS), comparandola a diete standard per l’IBS o alla sempre più diffusa dieta FODMAP. [7]

In entrambe i lavori i risultati sono stati molto interessanti, con una riduzione dei sintomi riportati durante la fase di eliminazione, sintomi prontamente ricomparsi durante la successiva fase di provocazione con dosi standardizzate di nichel, somministrate in doppio cieco e in quantità crescenti. Non paiono essere ascrivibili alla SNAS sintomi come mal di testa, stanchezza cronica, tosse e dispnea o vomito, riferiti da alcuni soggetti. Interessante il miglioramento mostrato dai soggetti con IBS che parrebbe indicare come almeno un sottogruppo di pazienti affetti da questo problema possa trarre giovamento da una dieta a basso contenuto di nichel, evidenziando un possibile ruolo del metallo nella genesi della patologia.

Nel secondo lavoro è stata valutata anche la permeabilità della parete intestinale, compromessa nella totalità dei pazienti e senza apprezzabili miglioramenti durante la fase di eliminazione. Da sottolineare ce la riduzione dei sintomi si è registrata soltanto nella fase di eliminazione. Il reinserimento di alimenti non permessi, anche dopo un netto miglioramento, ha portato sempre alla ricomparsa dei problemi lamentati.

Una dieta a basso tenore di nichel è difficile da elaborare, ma alcuni accorgimenti possono essere dati:

  • Evitare i cibi che hanno sempre un elevato contenuto di nichel: cacao e cioccolato, legumi, cereali integrali, specie avena, noci e mandorle;
  • Carne, pesce e uova possono essere consumate senza problemi, fatta eccezione per alcuni pesci come tonno, aringa, sgombro, salmone, bivalvi e alcuni crostacei come l’aragosta
  • Il latte ha un contenuto ridotto di nichel: latte e latticini possono essere consumati liberamente;
  • Tra i cereali è possibile consumare prodotti a base di riso brillato e frumento raffinato, evitando cereali integrali, in particolar modo avena;
  • Il consumo di verdure come patate, cipolla e aglio deve essere modesto;
  • Se si preparano verdure a foglia è sempre preferibile scegliere foglie giovani, scartando le più vecchie, nelle quali si registra un maggior contenuto del metallo;
  • Banane, mele e agrumi hanno un ridotto contenuto di nichel;.
  • Tè e caffè, sempre molto leggeri, devono essere consumati in quantità modesta;
  • Evitare integratori che contengano nichel.
  • Evitare di consumare prodotti in scatola o alimenti conservati in contenitori metallici che possono liberare nichel a contantto con del cibo, specie se acido;
  • Evitare di utilizzare pentole, padelle, tegami, utensili e posate in leghe contenenti nichel, che potrebbero rilasciare ioni del metallo nel cibo, specie con cotture prolungate e in presenza di alimenti acidi;
  • Evitare di bere la prima acqua che fuoriesce dal rubinetto, potenzialmente ricca di nichel, lasciandola correre per almeno una decina di secondi.

L’assorbimento di nichel a livello intestinale può essere alterato in particolari condizioni:

  • La vitamina C, il succo di agrumi, il latte possono ridurre l’assorbimento di nichel;
  • Un buon apporto di ferro con la dieta può ridurre l’assorbimento di nichel;
  • Una condizione di carenza di ferro o di anemia, la gravidanza e l’allattamento determinano invece un netto aumento dell’assorbimento di nichel.

Pur se molto interessanti, gli studi attualmente disponibili non permettono di risolvere le controversie legate alla reale utilità di diete a basso contenuto di nichel. Secondo alcuni autori il rapporto tra consumo di nichel con gli alimenti e SNAS è evidente, mentre per altri il legame è ancora da dimostrare. Come già detto una notevole difficoltà in questo tipo di studi è nello stabilire la dose del metallo in grado di scatenare i sintomi: siamo ancora alle fasi preliminari, in pratica. Come si usa dire tirando le conclusioni di uno studio: i dati disponibili sono interessanti, ma sono necessari lavori più approfonditi, ben disegnati e standardizzati, prima che si possa affermare che una dieta a basso tenore di nichel è effettivamente utile nel trattamento di SNAS e IBS.

I risultati di diversi studi sono incoraggianti, ma la strada da fare è ancora tanta. E soprattutto, viste le difficoltà inerenti nel definire correttamente una dieta di questo tipo, è assolutamente da evitare il fai-da-te: in primo luogo è necessaria una diagnosi di allergia sistemica al nichel — possibilmente eseguita in un centro allergologico e non tramite i tanti fantasiosi test-truffa purtroppo così popolari — quindi è necessario il supporto di professioni preparati che valutino l’opportunità o meno di una dieta del genere e sappiano guidarvi nello stilarla. [8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15]

Documenti ufficiali sui rischi legati al nichel