Il burro è probabilmente uno dei prodotti più antichi ottenuti dal latte, un alimento importante per culture diverse in luoghi e tempi diversi. Caduto in disgrazia all’inizio della santa crociata contro i grassi di ogni tipo partita negli anni sessanta, demonizzato addirittura, sta timidamente tornando sulle nostre tavole, sia per i suoi notevoli meriti culinari, sia per le sue importanti proprietà nutrizionali.

Il burro si ottiene lavorando energicamente il latte o la panna -operazione definita zangolatura– e quindi è molto facile da produrre. Alimento cardine della cultura indiana, dove la zangolatura del mare di latte è uno dei miti fondanti nei testi religiosi induisti, non era particolarmente apprezzato da greci e romani, forse per la difficile conservazione nel clima caldo del mediterraneo, ma divenne di importanza fondamentale nell’alimentazione dei popoli dell’Europa del nord. Cibo dei poveri nel medioevo, cominciò ad apparire nelle mense della nascente borghesia a partire dal 1500. Inglesi e francesi ne facevano ampio uso e Normandia, Britannia, Irlanda e Olanda divennero ben presto famose per il loro burro ottenuto da latte leggermente fermentato. Nell”800 le nuove tecniche industriali permisero di velocizzare ed aumentarne enormemente la produzione con la messa a punto di pratiche e processi che permisero la standardizzazione del prodotto. Sostituito in parte dalla più economica margarina, pesantemente demonizzato negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso, il burro sta lentamente riguadagnando terreno seppur con tutte le attenzioni riservate ad un alimento costituito in gran parte da grassi saturi.

Burro e malattie cardiovascolari

Un intenso colore giallo indica burro fatto con latte di mucche allevate con foraggi di pregio.
Oppure l’uso dell’annatto, un colorante vegetale.

Come si fa il burro

Per produrre il burro è necessario agitare energicamente la panna, la materia grassa che affiora lasciando riposare il latte. La zangolatura permette di far condensare i grassi presenti nella panna in modo da formare masse solide grandi a sufficienza da poter essere lavorate, mentre la parte acquosa che rimane è chiamata latticello. Per produrre un kilo di burro sono necessari circa venti litri di latte, in pratica soltanto i grassi presenti nel latte rimangono nel prodotto finito, accompagnati da una piccola quantità di acqua.

All’inizio del processo la panna viene preparata fino ad arrivare ad una concentrazione di grassi del 35-45%. A seconda delle tecniche la panna può essere o meno pastorizzata e quindi inoculata con culture di batteri lattici. La panna viene poi lasciata riposare a 5°C per una decina di ore. In questa fase circa la metà dei grassi presenti comincia a cristallizzare e dimensione e tipo dei cristalli che si formano sono importanti nel determinare la tessitura finale del prodotto. A questo punto la panna viene scaldata di qualche grado e lavorata energicamente per periodi di tempo che vanno da pochi secondi fino a 15 minuti, a seconda di strumenti e tecniche utilizzate. I cristalli fungono da centri di aggregazione per le goccioline di grassi disperse nel siero. La membrana di queste goccioline viene rotta dalla lavorazione e questo permette la formazione di aggregati sempre più grandi. Una volta che i globuli di grasso hanno raggiunto la dimensione di chicchi di cereali l’acqua presente viene allontanata e la massa grassa che rimane viene lavata, per eliminare il latticello alla superficie, e lavorata fino ad ottenere il prodotto finito. Se gli animali da cui è stato ottenuto il latte hanno consumato poco foraggio e molti grani il burro è pallido, quasi bianco, mentre dal latte di animali pasturati a foraggio, ricco di pigmenti e specie di caroteni, si ricava un burro dal bel colore giallo. Un colore che può anche essere ottenuto aggiungendo carotenoidi o annatto, un colorante di origine vegetale, durante la lavorazione.

Il burro può essere prodotto con tecniche diverse partendo da panna cruda, per ottenere un burro dal sapore delicato ma facilmente deteriorabile, da panna pastorizzata come è d’uso negli Stati Uniti o da panna cruda leggermente fermentata, pratica tipicamente utilizzata in Europa. Il burro può anche essere salato, usanza tipica del nord europa, utilizzando sale marino o salamoie aggiunte durante varie fasi della produzione.

Tecniche di produzione diverse possono dare un burro di consistenza diversa: morbido, facilmente spalmabile e ottimo per preparare salse e condimenti, o più duro, utilizzato soprattutto in pasticceria. La consistenza del burro riflette la sua microstruttura che è influenzata anche da fattori come periodo dell’anno in cui è raccolto il latte e foraggi con cui l’animale è stato nutrito. Gli esperti parlano con entusiasmo di tipi particolari di burro, come il burro di Échiré, prodotto in Francia utilizzando zangole in legno di teak, il burro russo di Vologda, più ricco di materia grassa o il burro di Cadì, prodotti in Catalogna, dal latte di mucche che pascolano sui Pirenei, dove abbondano erbe che danno alla piccola quantità giornaliniera di prodotto aromi molto particolari.

Accanto al burro ricavato dal latte di vacca esistono poi tutta una serie di varietà dl burro ricavato dal latte di altri animali. Burro di bufala, burro di yak o burro di capra, dal colore pallido e dal tipico aroma caprino.

Il burro in cucina

Il burro è ingrediente importante nelle cucine di quasi tutto il mondo, grazie al ricco sapore e alla palatabilità che conferisce ai piatti in cui è presente. L’uso più banale e forse il più diffuso è come prodotto da spalmare su pane o tartine, reso possibile dal fatto che oltre i 15°C  il burro diventa facilmente spalmabile per cominciare a fondere una volta superati i 30°C.
Questo particolare comportamente alla normale temperatura ambiente permette incorporare nel burro un gran numero di altri ingredienti diversi, da spezie a erbe, da formaggi a vini,  da estratti e brodi a battuti di pesce, per ottenere il burro composto. In Toscana ad esempio si preparano dei crostini bianchi lavorando il burro con un battuto di alici salate, capperi ed erbe -roba da leccarsi i baffi- ma le varianti e le applicazioni di questi preparati sono molteplici.

In Francia e nell’Europa del Nord il burro è utilizzato per produrre salse e condimenti che possono essere semplicissimi, burro riscaldato fino all’imbrunimento dei solidi del latte ancora presente, o molto complesse e ricche come l’Hollandaise, preparata con burro fuso, tuorlo d’uovo, succo di limone, sale e pepe di cayenna, o la Béarnaise, preparata con burro chiarificato, tuorlo d’uovo, aceto di vino bianco ed erbe varie; salse che sono considerate fondamentali nella ricercata e alquanto grassa, parrebbe dagli ingredienti, cucina francese.

Il burro è ingrediente essenziale nella pasticceria per la preparazione di torte e biscotti cui conferisce un sapore ricco e intenso e una tessitura che dipende in larga misura dai metodi di preparazione e può andare dalla consistenza morbida di una torta alla deliziosa friabilità di una pasta frolla.

Il burro non è adatto per friggere o saltare. Il problema non è dovuto ai grassi presenti, in larga misura saturi e quindi stabili al riscaldamento, ma alla presenza di residui di zuccheri e proteine del latte che imbruniscono rapidamente superati i 150°C, ben al di sotto del punto di fumo della maggior parte degli oli vegetali. Per ovviare a questo inconveniente si utilizza il burro chiarificato, che può essere riscaldato fino ai 200°C senza problemi. Il burro chiarificato lo si può preparare anche in casa riscaldando a bagno maria del burro di qualità, portandolo a fusione, fino alla formazione di una schiuma superficiale costituita da acqua e dalle proteine residue del siero. La schiuma si può eliminare facilmente e una volta che tutta l’acqua è evaporata le proteine del latte formano una sottile pellicola in superficie e sul fondo del recipiente. Eliminata la pellicola superficiale si può recuperare il burro fuso, detto appunto chiarificato grazie alla trasparenza che assume una volta fuso.

Il burro deve essere confezionato con attenzione e conservato con altrettanta cura. Irrancidisce abbastanza rapidamente se tenuto a temperatura ambiente, assumendo colorazione giallastra con la comparsa di macchie più o meno estese in superficie. Si tratta di un prodotto che assorbe facilmente gli odori ed è quindi importante venga conservato ben avvolto in confezioni apposite che lo proteggano da luce, aria ed odori. Un burro non salato si conserva in frigo per circa 8 settimane mentre quello salato può arrivare fino alle 12. Il burro può anche essere congelato ma il sapore ne soffrirà se la conservazione si prolunga oltre i sei mesi. Un buon burro è un ingrediente prezioso e una volta acquistato deve essere trattato bene.

Burro, proprietà nutritive e uso in cucina

Tra i molti mezzi con cui i francesi tentano il suicidio, il consumo di piatti come quello in foto è uno dei preferiti: uovo in camicia con asparagi e salsa hollandaise.

Le proprietà nutrizionali del burro

Cancellato dalle tavole da oli vegetali e margarine il burro in realta ha un contenuto calorico più basso, circa 720kcal per 100 grammi: i grassi infatti ammontano “soltanto” a circa l’82% del peso del prodotto, con zuccheri e proteine presenti in quantità residuali pari rispettivamente a 0,9 grammi e 0,1 grammi. Praticamente tutte le calorie del burro provengono dal suo contenuto in lipidi, circa 82 grammi, di cui 50 grammi saturi, circa 20 grammi monoinsaturi e appena 3 grammi polinsaturi. L’acido grasso saturo più abbondante è il palmitico -22g- seguito dallo stearico, dal miristico e da tutta una serie di acidi grassi saturi a catena medio-corta che sono altrimenti poco presenti in altri alimenti: acido butirrico, acido laurico, acido caprico, acido caprilico, acido capronico. Tra i monoinsaturi abbondano l’acido oleico -19g- e il vaccenico mentre decisamente ridotto è il contenuto di polinsaturi, acido linoleico e acido rumenico. Abbastanza alto il contenuto di colesterolo che si attesta intorno ai 270 mg. Elevato il contenuto di vitamina A, di vitamina K e di vitamina E, tutte sostanze solubili nei lipidi. Tra i minerali sono presenti piccole quantità di calcio e fosforo. Il contenuto di acqua è del 18% circa. Nel burro salato il cloruro di sodio aggiunto è di circa 1,5 grammi per 100 grammi di prodotto.

Visto il ridottissimo tenore di lattosio, piccole quantità di burro possono essere consumate anche da soggetti intolleranti per i quali è consigliabile il consumo di burro charificato, o della sua variante indiana, il ghee, in cui questo zucchero è presente in tracce mentre la materia grassa arriva a percentuali che vanno dal 90 al 99%.
La potenziale presenza di proteine, molto ridotta o addirittura nulla in alcune forme di ghee appositamente certificate, rende questi alimenti comunque poco indicati ad esser consumati da soggetti con allergie verso le proteine del latte

Burro e salute: cosa dice la scienza

E dopo i clamorosi trionfi in cucina siamo giunti alle dolenti note per il nostro alimento. Sin da quando Ancel Keys, a metà anni 50, avanzò l’ipotesi di una stretta correlazione tra consumo di grassi e malattie cardiovascolari, il burro è sempre stato indicato come uno degli alimenti da evitare per ridurre il rischio di queste patologie. E anche quando il tiro è stato corretto, cominciando a distinguere tra i diversi tipi di grassi, saturi, mono- e polinsaturi, la situazione per il burro non è affatto migliorata: il suo elevato contenuto in grassi saturi, considerati i più problematici per la salute, lo ha comunque condannato al ruolo di alimento “cattivo”, tanto che in alcuni stati in cui il consumo era un tempo elevatissimo si è assistito ad un vero e proprio crollo del consumo del prodotto, a favore sopratutto di margarine.

In tempi recenti la situazione è decisamente cambiata: da più parti si è sottolineato come la valutazione del potenziale rischio associato ad un cibo valutato in funzione della sua composizione in acidi grassi sia troppo riduttiva. Diversi acidi grassi hanno impatti diversi sui lipidi nel sangue e alcuni, come lo stearico e il laurico, possono addirittura determinare un aumento del colesterolo HDL, con un potenziale contributo positivo. Nuovi dati emersi nel corso degli ultimi anni mostrano come molteplici e diversi fattori possano contribuire ai possibili effetti negativi legati ad un elevato consumo di grassi; un esempio ne è la perossidazione lipidica, che pone in luce abbastanza negativa certi grassi polinsaturi come gli omega 6, facilmenti soggetti a questo processo che è uno dei fattori che porta alla formazione di placca aterosclerotica, mentre i terribili grassi saturi non risultano invece suscettibili. [1, 2, 3, 4]

La maggior parte degli studi mostra un effettivo aumento del colesterolo LDL quando vi sia un elevato consumo di burro, ma spesso l’aumento dell’LDL è accompagnato da un analogo o superiore aumento del colesterolo HDL, fatto che spesso porta ad un miglioramento complessivo del rapporto tra i due tipi di colesterolo -indice di aterogenicità- con una possibile riduzione del rischio.

Nel burro sono poi abbondanti acidi grassi saturi a catena corta, dal butirrico al laurico, che hanno mostrato diversi possibili effetti positivi: si tratta di grassi che vengono metabolizzati molto rapidamente per la produzione di energia, specie da parte delle cellule della parete intestinale per le quali sono i principali carburanti, e sono ottimi per l’alimentazione di soggetti molto attivi. Inoltre alcuni studi ne hanno evidenziato un’azione antimicrobica, antivirale e perfino antitumorale. [ 5, 6, 7, 8, 9]

Burro e salute

Pane, burro e marmellata: la colazione dei campioni!

In definitiva il burro è ancora un alimento sotto osservazione ma di certo non è più considerato come la possibile fonte di ogni male, come avveniva in passato. Ricordiamo le discutibili affermazioni che suggerivano come gli oli vegetali fossero da preferire al burro perché più leggeri, quando l’apporto calorico del burro è del 18% inferiore, o l’invito a sostituire il burro con le margarine, queste ultime di certo più pericolose visto il possibile elevato contenuto di acidi grassi trans, sicuramente molto problematici per la salute, e la suscettibilità ai processi ossidativi dei polinsaturi presenti. O ancora l’incoraggiamento ad un consumo quasi indiscriminato di formaggi e latticini, ad esclusione del solo burro, fatto a certe popolazioni, penso alle donne nel periodo della menopausa, come se in questi derivati del latte non fossero presenti gli stessi componenti del burro.
Di errori nel campo delle nutrizione ne sono stati fatti parecchi e la lezione da portare a casa è semplice: rifuggire dagli estremi, da quelle indicazioni che scavano solchi inesistenti tra alimenti buoni e cattivi, dalla semplicistica visione che sia questo o quel componente a determinare il nostro stato di salute, e non lo stile di vita nel suo complesso, dall’alimentazione, al movimento, alla gestione dello stress.

Cosa fare quindi con il burro? Pochi semplici suggerimenti:

  • Usarlo a crudo, perché molto digeribile grazie all’elevato contenuto di acidi grassi a catena medio-corta;
  • Non utilizzarlo per la frittura, vista la suscettibilità ad alterarsi a temperature relativamente ridotte, intorno ai 150°C.
    Per la frittura utilizzare semmai del ghee o del burro chiarificato, ricordando che il consumo di fritti deve essere occasionale;
  • Utilizzarlo in rotazione con altri grassi, preferendo l’olio d’oliva, ricordando che tutti i grassi sono comunque molto ricchi di calorie e che non bisogna assolutamente abusarne, pena un veloce aumento del girovita, che siano o meno presenti antiossidanti, vitamine o altre sostanze “miracolose”;
  • Utilizzarne quantità modeste: un poco di burro spalmato sul pane con la marmellata, o una merenda con pane, burro e alici sono assolutamente lecite. Il consumo continuo di pasticcini burrosi, risotti e salse lo è molto meno. Diciamo che una porzione adeguata è di una decina di grammi, in un piano alimentare che tenga conto delle reali esigenze, nutrizionali ed energetiche, della persona.
    E ricordate che il burro si può trovare come importante ingrediente in tanti cibi diversi.

Il burro in definitiva è un alimento ricco, nobile direi, carico di storia e di cultura,con pregi non trascurabili ma che richiede un controllo attento dell’uso e del consumo, per poterne cogliere tutti i benefici limitando al minimo i rischi.