Tutti sanno, più o meno, che i cereali integrali sarebbero da preferire alle loro versioni raffinate: pochi sanno i motivi precisi. Uno dei benefici che il consumo di questi alimenti dovrebbe portare è una diminuzione del rischio di patologie cardiovascolari: vediamo quali sono le evidenze al proposito.

I cereali integrali sono considerati una scelta obbligata quando si parla di alimentazione sana: le linee guida di un gran numero di organizzazioni che si occupano di salute ne consiglia un consumo quotidiano e suggerisce di preferirli alle versioni raffinate. Molte le associazioni positive  legate al consumo di prodotti integrali: una migliore gestione del peso,  prevenzione del diabete, riduzione del rischio per alcune forme tumorali e riduzione del rischio cardiovascolare; negli USA è in effetti possibile riportare in etichetta indicazioni per la salute (health claim) che sottolineano come il consumo di prodotti integrali possa ridurre il rischio di tumori e malattie cardiache. In Europa l’EFSA non permette invece questo tipo di claim, sottolineando come non sia possibile stabilire un  chiaro nesso di causa ed effetto sulla base dei dati ad oggi disponibili. Chi ha ragione, gli ottimisti yankee o i sempre cauti europei?

Cereali integrali e malattie cardiache: gli studi

I cereali integrali presentano delle componenti che possono contribuire a ridurre marker specifici legati al rischio cardiovascolare. Un esempio ne sono i β-glucani di orzo e avena, in grado di ridurre il colesterolo LDL e in generale tutte le fibre presenti che, nella maggior parte degli studi, mostrano un effetto positivo sul controllo glicemico e sui processi infiammatori.

Le esortazioni ad aumentare il consumo di questi alimenti poggiano tuttavia soprattutto su dati raccolti in studi osservazionali e prospettici con i quali si segue nel tempo una popolazione registrandone abitudini alimentari, esposizione a specifici fattori ed esiti per la salute: in questo caso tutto quello che possiamo rilevare sono associazioni tra consumo di prodotti integrali e ridotto rischio per certe patologie. Pochi sono invece gli studi clinici controllati e randomizzati (RCT) nei quali si confrontano gruppi diversi sottoposti o meno ad un trattamento: con studi di questo tipo è possibile stabilire l’esistenza di un legame causale tra l’uso di prodotti integrali e una maggior protezione dal rischio cardiovascolare. (In questo articolo informazioni su modalità e gerarchia dei vari tipi di studi scientifici)

Meta-analisi di lavori prospettici ed osservazionali hanno evidenziato che un aumento di circa 10 grammi al giorno del consumo di fibre può portare ad una riduzione del 14% del rischio di infarto del miocardio. Altre meta-analisi hanno rilevato una riduzione del rischio cardiovascolare del 20% per un consumo giornaliero di circa 80 g di cereali integrali. Tre grandi studi prospettici hanno mostrato come un consumo di 14 grammi di fibre per ogni 1000kcal consumate possa ridurre il rischio di malattie cardiache del 15-30%: su questi dati poggiano le indicazioni fornite delle più recenti linee guida di diverse organizzazioni e governi. [1, 2, 3, 4, 5, 6, 7]

Meno netti i risultati che provengono da studi clinici controllati (RCT): un problema nasce dal fatto che gli studi RCT disponibili valutano soltanto specifici marcatori legati al rischio cardiovascolare — lipidi ematici, pressione sanguigna, stato infiammatorio — ma non possono valutare variazioni relativa ad incidenza e mortalità per patologie cardiovascolari a causa della loro durata nel tempo, decisamente limitata. Alcuni lavori mostrano riduzioni significative dei marcatori indagati, mentre altri non registrano variazioni apprezzabili.

Una recente e rigorosa meta-analisi ha esaminato e integrato i risultati di una decina di studi RCT diversi. Nei lavori selezionati, della durata media di 12-16 settimane, si sono valutati gli effetti di diete con elevato consumo di cereali integrali rispetto a diete simili per apporto calorico ma con utilizzo di prodotti raffinati: complessivamente sono stati studiati circa 12oo soggetti, tutti sovrappeso o obesi. I lavori sono stati scelti con molta attenzione, in modo da avere dati comparabili, con bias e distorsioni ridotti al minimo. I risultati non hanno mostrato variazioni apprezzabili di colesterolo totale, colesterolo HDL e LDL, e pressione sanguigna.

Da sottolineare che il risultato in questione non prova di certo che consumare cereali integrali non serve a nulla. Dal punto di vista scientifico “l’assenza di prove non è la prova dell’assenza“. In realtà quello che si ricava dall’analisi dei lavori in letteratura è il ridotto numero di studi clinici disponibili e le notevoli differenze di metodo tra quei pochi esistenti. Sarebbe necessario prevedere studi di maggior durata, con un metodo di lavoro standardizzato relativo a scelta dei cibi, apporto calorico, misurazione dei marcatori e dei vari indici d’interesse. I dati raccolti con lavori di questo tipo potrebbero aiutarci a stabilire se le correlazioni osservate negli studi epidemiologici implicano davvero una causalità: allo stato attuale delle cose è difficile capire se un consumo elevato di fibre ha davvero un effetto positivo sulla salute cardiovascolare, grazie ai nutrienti presenti, o se siamo invece in presenza di una correlazione inversa in cui i soggetti con un consumo elevato di fibre sono anche quei soggetti più attenti alla dieta, allo stile di vita e alla salute, tutti fattori che ovviamente portano ad una diminuzione di specifiche patologie.  [8, 9, 10, 11]

Riassumendo: gli studi d’intervento non mostrano miglioramenti apprezzabili dei più importanti marcatori di patologie cardiovascolari quando la dieta è ricca di cereali integrali; gli studi di popolazione indicano invece un chiaro effetto protettivo con riduzione significativa del rischio.

Cereali integrali e prevenzione delle malattie cardiovascolari

Aumentare il consumo di cereali integrali non è poi così difficile: accanto a pane e pasta – al classico frumento – possiamo riscoprire il gusto di orzo, farro, avena e miglio, per aumentare l’apporto di fibre e nutrienti.

Come aumentare il consumo di cereali integrali

Nei cereali integrali sono presenti tutte le parti commestibili del seme, la crusca, il germe e l’endosperma. La crusca è formata dai rivestimenti esterni che hanno una funzione protettiva, con un buon contenuto di fibre, minerali come zinco, ferro e magnesio,vitamina E e vitamine del gruppo B. Inoltre sono presenti molti fitocomposti — flavonoidi, carotenoidi — che possono avere significativa attività biologica. Il germe è l’embrione della piante, contiene grassi, vitamine, selenio e steroli. L’endosperma è il materiale di riserva necessario alla crescita dell’embrione, in larga misura amido, con minor presenza di proteine e altri nutrienti.

Il contenuto dei vari nutrienti può variare notevolmente tra i diversi cereali — frumento, riso, avena, orzo — e dipende ovviamente anche dalle cultivar utilizzate, dal terreno  e dalle condizioni di crescita. Ad esempio, frumento e segale hanno un contenuto elevato di fibre insolubili e cellulosa, mentre orzo e avena sono più ricchi di fibre fermentabili, in particolar modo β-glucani.

La lavorazione dei cereali può alterarne il valore nutritivo, in senso positivo o negativo. Nelle farine e nelle semole raffinate i materiali provenienti dal rivestimento e dal germe sono eliminati, lasciando soprattutto le componenti amilacee: risulta ridotto l’apporto di vitamine, minerali e altri nutrienti. Alcune tecniche di lavorazione possono portare a variazioni importanti del contenuto di composti bioattivi e in certi casi possono migliorare il profilo nutrizionale dell’alimento: i cereali fermentati o tenuti in ammollo perdono gran parte dell’acido fitico presente, un antinutriente che riduce l’assorbimento di ferro e altri minerali presenti negli alimenti.

I dati attualmente disponibili indicano che il consumo di cereali integrali è ancora inferiore rispetto a quanto indicato da linee guida e organizzazioni internazionali. Diversi anche i progetti e le iniziative volte ad aumentare l’utilizzo di questi alimenti.

Incrementare il consumo di prodotti integrali non è molto difficile ma richiede un poco di attenzione, visto che l’etichettatura dei prodotti integrali può generare qualche confusione non distinguendo tra farine integrali e farine bianche reintegrate con crusca. Non necessariamente i prodotti a base di cereali integrali hanno colore scuro, sono fibrosi o hanno un aspetto ruvido: leggete attentamente le indicazioni riportate in confezione, in modo da scegliere quei prodotti in cui maggiore è l’utilizzo di ingredienti integrali. [12, 13, 14, 15]

In linea di massima:

  • scegliete cereali integrali per la colazione, si tratti di avena, farro, mais o altri prodotti;
  • scegliete pane, crackers e prodotti da forno preparati utilizzando farina integrale;
  • utilizzate la vasta gamma di farine integrali che sono disponibili sugli scaffali dei supermercati. Non esiste soltanto il frumento, ci sono anche farro, avena, grano saraceno e molti altri prodotti;
  • cercate di alternare i prodotti derivati dal frumento con tutti gli altri cereali disponibili dal farro, all’avena, all’orzo, a pseudocereali come quinoa, grano saraceno e amaranto che in genere sono commercializzati in forma integrale.