Si moltiplicano nei media articoli e servizi su alimenti avvelenati, bevande che causano l’obesità, tossine nel cibo, zuccheri mortali, alimenti che ingrassano soltanto a guardarli e altre terrificanti “verità” su cibi e alimentazione. Una deriva pericolosa che scarica la responsabilità di problemi importanti all’esterno, generando comportamenti contradditori e poco salutari.

A dar retta a quanto si sente in giro ci sono cibi letali sul mercato, frutto di terribili pratiche “non” naturali, il cui consumo è rischio terribile per la salute. A credere a quanto si legge ci sono bevande specifiche, alimenti ben precisi, che ti fanno ingrassare soltanto guardandoli, obesogeni, come direbbero quelli che hanno studiato un poco di più. A giudicare da certi video, da certe immagini, produzione e commercializzazione degli alimenti sono condotte alla stregua di un racket malavitoso che nemmeno nei peggiori bar di Caracas. Basta guardare la foto che introduce l’articolo, con il suo approccio brutale alla tavola: o broccoli e lattuga o ciambelle e hamburger, senza mezze misure e con tanto di centimetro a ricordarci le atroci conseguenze!

L’altra faccia della medaglia è l’acritica esaltazione dei supercibi, degli alimenti buoni che non possono fare che bene, del prodotto tradizionale, fatto con le manine sante del produttore e quindi sano a prescindere, del grano antico che ha il glutine tanto buonino o addirittura, a sentire qualcuno, non ce lo ha per niente. O magari la fede cieca in rimedi, estratti, preparati che possono sanare ogni male, zenzero che cura il cancro, cannella che ti risolve il diabete e un po’ di acqua e limone al mattino, che cura tutto.

Un’atteggiamento dissociato verso l’alimentazione che da un lato tende a mettere i cattivi e dall’altro i buoni. Con i cattivi che ovviamente vanno eliminati, non solo dalla propria tavola ma da quella di chiunque altro, mentre i buoni, si sa, fanno bene e possono essere consumati in assoluta libertà, anzi più se ne consuma meglio si sta.

Effetto collaterale è il fiorire delle tribù del cibo, chi mangia paleo perché legumi e cereali sono veleno, chi è vegano perché la carne fa venire il cancro, chi dissocia (ancora!) proteine e zuccheri perché altrimenti fermenta il tutto, chi è crudista per beneficiare dell’energia cosmica e vitale di ogni fogliolina ingerita, chi sta attento a non mescolare il pH dei frutti che sennò esplode tutto. Sedersi a tavola, invitare persone a cena, sta diventando l’equivalente di una passeggiata in un campo minato, uno snervante slalom tra le diverse, rigide e precise esigenze di ciascuno, con il rischio che ad ogni istante scoppino drammatici diverbi su quel che è giusto o meno mangiare, in una spirale di recriminazioni ed epiteti,  con annesse citazioni fuori contesto da studi scientifici mal interpretati, recupero di esoteriche tesi di scienziati “indipendenti”, di solito tedeschi e morti, o citazioni dai sacri libri della saggezza d’oriente.

Di certo, almeno nel mondo occidentale, siamo di fronte ad un mutamento epocale: viviamo nell’abbondanza, un fatto assolutamente inedito nella storia evolutiva della nostra specie. E i nostri corpi quest’abbondanza hanno difficoltà a gestirla, visto che la nostra fisiologia è frutto di un necessario adattamento alla costante penuria di cibo. Ne è plastica evidenza il drammatico incremento di sovrappeso e obesità, di casi di diabete ed altre patologie associate ad un errato stile di vita.

La risposta riflessa a questi problemi è quella di cercare il colpevole: l’alimento che provoca il diabete, quello responsabile del cancro, quello che fa ingrassare e così via in un’infinita catena di cause ed effetti che tuttavia non trovano solidi riscontri nei dati scientifici. Una reazione comprensibile, da inquadrare in un paradigma che si è mostrato efficace nel debellare le malattie infettive, terribile nemico dell’umanità, causate da singoli agenti, e curabili con protocolli mirati. Paradigma che non è così efficace di fronte a patologie multifattoriali in cui genetica, ambiente e comportamento hanno ciascuno un proprio ruolo, non sempre così semplice da definire.

La risposta riflessa non è però quella giusta. Può essere utile a chi intende vendervi qualcosa, a chi vede il mondo in bianco e nero, a chi riduce ogni complessità ad una semplice scelta binaria, non di certo a chi voglia vivere con un approccio equilibrato all’alimentazione e alla vita in generale.

Trionfa l’alimentazione “senza”, trionfa il fai da te, non per il piacere di fare, ma per la paranoica convinzione che tutto il cibo che c’è là fuori non può che essere pericoloso, “avvelenato” da prodotti “chimici” — definizione questa davvero priva di senso, ne ho parlato qui — trionfano scelte estreme e radicali, trionfa la cieca fede in alimenti in grado di salvare chi li consuma da ogni male; supercibi, spezie, estratti, magari da consumare sotto forma di integratori, pratici e convenienti per la donna e l’uomo moderni, sempre in movimento, sempre presi a fare qualcosa d’altro.

E  se il cibo è buono, se è sano, se è senza, allora ne potete consumare quanto volete, che può farvi soltanto bene. E naturalmente produzione e commercializzazione saranno altrettanto sane, salutari, buone per l’uomo e l’ambiente. Mentre quello cattivo ovviamente va evitato, rimosso da ogni tavola, bandito dal regno, con le buone o con le cattive. Se non bastano i dati — e i dati non bastano mai, visto che nessuno fa ricerca con criteri così ingenui — allora si inventano, si distorcono, si creano battaglie, si dà il via a campagne che legano quel cibo a irreversibili danni ambientali, in una spirale di crescente terrore.

Il rischio più grande di questo atteggiamento alla fine è questo: che io possa convincermi che mangiare il cibo “buono” non possa farmi che bene, indipendentemente dalla quantità e dallo stile di vita. Se i biscotti non contengono olio di palma allora ne posso mangiare in quantità, se le merendine sono fatte solo con grano antico allora i miei bambini possono mangiarne senza problemi, anche se ultimamente li vedo un poco appesantiti. Se bevo vino biodinamico sto tranquillo, che non c’è il glifosato, dimenticando l’impatto dell’alcol sulla nostra salute. Se evito la carne allora sono al sicuro da ogni problema, se mangio paleo, visto che non ci sono glutine e lectine, posso farmi tutto il bacon che voglio — chiunque abbia un poco di dimestichezza con la storia evolutiva umana sa che il bacon è stato l’alimento tipico dei nostri progenitori — in una spirale perniciosa di comportamenti autoassolutori per gli eccessi compiuti con quegli alimenti che abbiamo deciso siano buoni a prescindere.

E nello stesso tempo si nutre un atteggiamento paranoide contro i cibi “cattivi”, si alimentano sensi di colpa per consumi anche occasionali, si covano paure e timori che magari portano poi, per reazione, a scelte ancora più estreme, digiuni riparatori e miracolosi, espiazioni, consumo coatto di integratori e supplementi miracolosi in grado di rimediare al supposto danno causato.

Mangiare è una delle attività basilari dell’essere umano. C’è una differenza importante tra il nutrirsi ed il mangiare. Nutrire significa fornire le sostanze necessarie alla sopravvivenza, mangiare contempla anche la sfera sociale ed affettiva connessa all’assunzione dei nutrienti. Il mangiare da attività necessaria ma piacevole e gratificante non può trasformarsi in un momento di stress che va ad aggiungersi alle mille pressioni che ogni giorno subiamo.

La filosofia alla base di un’alimentazione sana è l’attenzione alla quantità e alla varietà dei dei cibi consumati. Ogni alimento si porta dietro i suoi aspetti positivi e negativi. Non esistono cibi tutti buoni o cibi tutti cattivi. Se la mia dieta comprende verdure e frutta, cereali integrali, legumi e semi, latte e latticini, pesce e carne ruotati costantemente e consumati in quantità adeguate alle mie esigenze, allora avrò già fatto molto di quanto possibile per ridurre problemi e futuri rischi. Anche il miglior olio extravergine, ricco di antiossidanti e polifenoli, quando ne consumi in quantità esagerata ogni giorno finirà per creare problemi. La qualità, tanto vantata da alcuni produttori, conta poco se il consumo è esagerato.

Curiamo in primo luogo questo: quantità e varietà. Quando avremo sistemato questi aspetti allora potremo e dovremo preoccuparci anche delle proprietà di ogni singolo alimento che consumiamo, della qualità, dell’origine e di altri dettagli che non sono di certo determinanti quando non c’è misura.


Questo articolo non vuole incitarvi a correre verso il fast food più vicino o intraprendere una dieta a base di bistecche di bufalo pasturato a erbe della prateria. Intende soltanto farvi riflettere sul fatto che il tema dell’alimentazione è tema complesso e che prima di andare a cercare improbabili colpevoli di ogni male sotto il sole è bene cercare di sistemare le basi del proprio stile di vita, iniziando dagli elementi più importanti per poi progredire verso quelli più specifici: come dire, cominciamo a costruire la casa dalle fondamenta e non dal tetto, e probabimemte avremo risultati migliori, con minor stress e fatica.

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