Si discute spesso per stabilire se per la perdita di peso siano più efficaci diete ad alto contenuto di carboidrati o diete ad elevato apporto di grassi, con appelli a questo o a quello studio, a fantomatici vantaggi metabolici e altre amenità del genere. È giunto il momento di fare chiarezza, con l’aiuto di una interessante meta-analisi.

Quando si parla di diete dimagranti grande è la confusione sotto il sole e feroci sono gli scontri tra i sostenitori dell’uno o dell’altro metodo. In particolar modo acceso il dibattito tra chi sostiene la maggior efficacia di diete a basso contenuto di carboidrati e elevato contenuto di grassi — una dieta chetogenica, per intenderci — e chi invece pensa che i risultati migliori possano venire da diete ad elevato apporto di carboidrati e ridotta presenza di grassi — la dieta Ornish ne è un esempio —, posizioni antitetiche che alimentano discussioni infinite in cui studi  di ogni tipo sono utilizzati a mo’ di arma contundente per sostenere le rispettive posizioni.

Il tema in effetti è stato indagato da un gran numero di studi, di qualità decisamente difforme: una situazione che si presta a facili equivoci, visto che, cercando con attenzione nella massa di materiale prodotto, si troverà comunque un qualche lavoro che permatte di supportare ogni possibile tesi. Una situazione meno che ideale, visto che la maggior parte di noi soffre, più o meno inconsapevolmente, di un pregiudizio di confermaconfirmation bias per quelli più cosmopoliti — che ci porta a selezionare i dati che confermano le nostre convinzioni e ipotesi, scartando o sminuendo invece tutti le informazioni che le contraddicono. Fortunatamente in campo scientifico esiste un antidoto a questo problema e si chiama meta-analisi: si tratta di un lavoro che raccoglie la letteratura scientifica su determinato tema, individuando gli studi che soddisfano stringenti criteri e rielaborando ed integrando i dati raccolti, per produrre un risultato che rappresenta il livello più elevato di evidenza scientifica (per chi fosse interessato a natura e valore degli studi scientifici, ne ho parlato in questo articolo).

Una recente meta-analisi ha analizzato diversi studi, tutti realizzati controllando in maniera precisa le calorie consumate e la selezione degli alimenti, in modo da garantire un identico apporto calorico ma con differente contenuto in carboidrati e grassi e un apporto costante di proteine: in questo modo è stato possibile confrontare variazioni di spesa energetica e massa grassa in funzione del tipo di dieta proposto. Lo studio è stato pubblicato su un recente numero di Gastroenterology e lo trovate qui. I risultati sono molto interessanti e sconfessano molte delle popolari teorie che spesso sono citate, purtroppo anche da professionisti del settore. (Maggiori dettagli sui vari tipi di diete li trovate in questo articolo).

Dimagrimento, attivà fisica e diete

Per il dimagrimento è determinante un intervento totale sullo stile di vita, aumentando l’attività fisica e riducendo l’apporto calorico. La sola attività fisica non è particolarmente efficace per determinare perdita di peso ma favorisce soprattutto la perdita di grasso e il mantenimento della massa magra e, almeno nelle fasi iniziali porta ad un aumento significativo della spesa ergetica, spesa che va comunque a stabilizzarsi nel tempo grazie a miglioramenti nell’efficienza del lavoro fisico. Anche la riduzione dell’apporto calorico ha i suoi limiti e genera quello che alcuni autori definiscono “adattamento metabolico“, un calo della spesa energetica maggiore di quello che potremmo aspettarci sulla base delle variazioni della composizione corporea. Il meccanismo alla base di questo adattamento non è noto nei dettagli: si ipotizza possa essere dovuto ad una riduzione dll’attività del Simpatico, a una ridotta attività tiroidea o al calo della Leptina che si osserva a causa della riduzione della massa grassa.

In definitiva l’organismo risponde alla dieta, qualunque ne sia la composizione, in maniera che potremmo definire finalizzata: la dieta è percepita come un momento di crisi che spinge l’organismo a proteggere le proprie riserve di energia, in maniera indipendente dalla reale consistenza di queste riserve, infatti l’adattamento ha caratteristiche affini in soggetti ampiamente sovrappeso, e quindi con ampie riserve, e in soggetti magri, con riserve minime. Sono stati addirittura proposti modelli matematici che possano essere utilizzati per predire la perdita di peso in presenza di fenomeni di questo tipo.

Un tema molto dibattuto è quello legato all’influenza della composizione della dieta in macronutrienti, carboidrati, grassi e proteine, su spesa energetica e riduzione della massa grassa. Teoricamente la termodinamica ci indica che “una caloria è una caloria” da qualunque tipo di sostanza questa provenga, ma nell’organismo potremmo avere situazioni differenti: diete isocaloriche con composizione diversa potrebbero determinare una diversa partizione durante l’accumulo di riserve dirottandole verso l’accumulo di grassi piuttosto che quello di proteine. In effetti alcune recenti meta-analisi indicano che diete ricche in proteine potrebbero portare a un leggero aumento del metabolismo basale con significativa perdita di massa grassa. Meno chiara la situazione quando si parli di diete a alto contenuto di carboidrati o elevato contenuto di grassi, con risultati anche decisamente contrastanti nei lavori disponibili e teorie anche opposte speso sostenute a spada tratta pur in assenza di dati chiari e univoci. Di qui l’utilità di una meta-analisi sul tema. [1, 2, 3, 4, 5]

Diete e spesa energetica

L’intento degli autori della meta-analisi, Hall e Guo, era quello di indagare i meccanismi fisiologici che controllano il peso corporeo e di verificare se una diversa composizione della dieta in macronutrienti, carboidrati, grassi e proteine può influenzare tali meccanismi,  la spesa metabolica complessiva e  la riduzione della massa grassa. Il tutto applicato al dimagrimento di soggetti obesi.

Come ho scritto in questo articolo, ci sono tre diverse componenti che determinano la spesa energetica di un individuo:

  • Effetto termogenico del cibo. Si tratta della spesa energetica necessaria a digestione, assorbimento, stoccaggio e utilizzo dei vari macronutrienti. È massima per le proteine, minore per i carbidrati e ancor più bassa per i grassi. Mediamente rappresenta circa il 10% della spesa calorica giornaliera. [6]
  • Spesa energetica a riposo. Il cosiddetto metabolismo basale, la quantità di energia utilizzata dall’organismo per compiere i lavori interni necessari al mantenimento di tessuti ed organi. In relazione lineare sia con la massa magra che con la massa grassa di un soggetto, tanto più elevato, quanto più il soggetto è pesante. In effetti, contrariamente a quanto si crede, il metabolismo basale di un soggetto obeso è più elevato di quello di un soggetto magro. Una parte importante del metabolismo basale è poi determinato dalla spesa energetica dei principali organi, accanto ad età e a fattori particolari, quali il flusso di substrati lungo le principali vie metaboliche.
  • Spesa legata all’attività fisica: dipende da tipo, frequenza e intensità delle attività condotte dall’individuo. Va da un 15 % del dispendio energetico totale in un sedentario fino a valori multipli del metabolismo basale in atleti o in soggetti con attività molto pesanti. Nell’obeso, nonostante sia tipica una attività fisica ridotta, i valori possono comunque essere elevati visto il peso corporeo elevato e l’intensità del lavoro richiesto per ogni movimento.

Nel valutare l’influenza di diversi tipi di dieta sulla spesa energetica totale gli autori hanno preso in considerazione 28 studi che soddisfacevano gli stringenti requisiti individuati: apporto calorico strettamente controllato, apporto di proteine fisso, apporto di carboidrati o grassi variabile. Il risultato finale ha indicato una spesa energetica leggermente superiore per diete con un contenuto di carboidrati più elevato, circa 26 kcal al giorno in più rispetto a diete con un contenuto in grassi più alto. Un valore significativo, ma del tutto trascurabile dal punto di vista pratico, e soprattutto un risultato che indica un leggero “vantaggio metabolico” a favore di diete con elevato apporto di carboidrati. Un vantaggio minimo, probabilmente del tutto ininfluente nella vita di ogni giorno, quando l’alimentazione varia per apporto calorico e composizione da un giorno all’altro.

Diete e perdita di grasso

In questo caso gli autori hanno individuato 20 studi idonei. Il risultato della meta-analisi indica che la perdita di massa grassa è molto simile per diete isocaloriche con contenuto diverso di carboidrati e grassi. Anche qui è stata registrata una perdita leggermente superiore per diete ad elevato contenuto di carboidrati rispetto a quelle ricche in grassi, circa 16 grammi in più al giorno, una differenza più grande di quella che si potrebbe predire in base alla maggior spesa energetica nelle medesime condizioni, ma in definitiva del tutto trascurabile in situazioni non controllate in maniera così rigida.

A tutti gli effetti pratici questa meta-analisi mostra che in definitiva “una caloria è una caloria”, sia che provenga da grassi, sia che provenga da carboidrati, a parità di calorie assunte. I risultati sono addirittura opposti a quelli previsti in base alla popolare “ipotesi dell’insulina” che prevede che diete ricche in carboidrati possano portare ad un maggior aumento della massa grassa inducendo una elevata secrezione di insulina, a sua volta in grado di promuovere l’accumulo di grassi nel tessuto adiposo, riducendone al contempo l’ossidazione nei tessuti metabolicamente attivi.

Conclusioni

Il pregio di questa meta-analisi è che finalmente possiamo dire che un egual apporto calorico, che provenga da grassi o che sia frutto di una dieta ricca di carboidrati, avrà effetti praticamente simili sulla spesa energetica totale e sulla perdita di massa grassa, con un lievissimo “vantaggio metabolico” per diete ricche in carboidrati, vantaggio che a tutti gli effetti è trascurabile per una normale dieta mista.

Il concetto da ricordare è che non dobbiamo aspettarci che manipolando il rapporto tra carboidrati e grassi nella dieta si possa in qualche modo modificare la spesa energetica dell’organismo o favorire la perdita di massa grassa. E neppure possiamo continuare a dar credito a chi sostiene che i carboidrati di per sé possano avere un effetto deprimente sul metabolismo, favorendo l’accumulo di grasso: dalla meta-analisi si evince il contrario.

Questo non siginifica che la composizione della dieta non possa avere conseguenze anche importanti per la salute del soggetto: diversi apporti dei nutrienti potrebbero favorire l’accumulo di grassi in certi distretti piuttosto che in altri o potrebbero creare situazioni particolari — alterazione della composizione di membrana, interferenze con i processi di controllo dello stress ossidativo — che a lungo andare potrebbero essere tra i fattori causali di diverse patologie.

Inoltre la composizione della dieta potrebbe influenzare la quantità complessiva delle calorie assunte sia in maniera diratta, diete ad elevato contenuto di grassi possono apportare un altrettanto elevato contenuto di calorie, sia indirettamente, ancora diete ricche di grassi possono determinare una sensazione di sazietà — specie se accompagnate da un buon consumo di proteine — e quindi una riduzione dell’introito calorico. Gli studi sul tema sembrano indicare che sul lungo periodo diete con diverso apporto di macronutrienti possano determinare una perdita analoga di peso, senza differente realmente rilevanti. [7, 8]

Alla fine il messaggio risulta sempre il solito: per perdere il peso, per mantenere la forma raggiunta, la miglior strategia è controllare il consumo complessivo, essere attivi e mantenere un’attenzione costante al nostro stile di vita. Purtroppo e per fortuna non esistono scorciatoie o formule magiche; tranne rare eccezioni è tutto nelle nostre mani, sulle nostre tavole, nelle nostre gambe.