Una buona alimentazione non può fare di un atleta mediocre un campione, ma un’alimentazione sbagliata di certo può far diventare un campione un brocco. L’attenzione al cibo, per lo sportivo, è essenziale per garantire la massima efficacia dell’allenamento e la miglior resa durante la competizione. Ma per capire cosa mangiare bisogna capire come funzionano i sistemi energetici del muscolo e quali sono i carburanti utilizzati durante l’attività.

Ogni sport ha caratteristiche diverse: un pesista si gioca tutta una stagione in due secondi, il tempo necessario ad eseguire un’alzata, l’ultramaratoneta può essere impegnato per dodici o più ore su sentieri scoscesi, alla mercé degli elementi mentre il rugbista e il calciatore devono mantenere massima lucidità durante tutto l’arco della partita, pronti a brevi ma decisive accelerazioni per finalizzare il gioco. Le diverse caratteristiche di ogni sport implicano un diverso tipo di impegno, muscolare e mentale, con il ricorso a sistemi energetici diversi per garantire l’energia necessaria a  compiere il lavoro caratteristico di ogni attività sportiva.

L’energia nello sport: il ruolo dell’ATP

L’energia richiesta dai muscoli per compiere un lavoro è garantita da una singola molecola chiamata ATP (Adenosintrifosfato). La molecola è costituita da una base azotata, adenina, unita ad uno zucchero a 5 atomi di carbonio, il ribosio, a sua volta unito a tre gruppi fosfato: la rottura dei legami tra i gruppi fosfato libera energia chimica che è utilizzata sia per la contrazione del muscolo, grazie allo scorrimento dei filamenti di miosina su quelli di actina, sia ai processi di trasporto degli ioni attraverso le membrane, essenziali per l mantenimento dei gradienti ionici che rendono possibile la contrazione.

ATP+ H2O → ADP + Pi + H+  ΔG= -31 kJ/mol = -7,4 kcal/mol

Nelle cellule muscolari è presente una quantità molto piccola di ATP, con una concentrazione pari a 5 mmol per kilogrammo: in un uomo di circa 70 kg, con una buona massa muscolare, abbiamo circa 70g di ATP, distribuito ovviamente in tutti i muscoli del corpo. Nel muscolo sono presenti dei meccanismi che controllano che il livello di ATP non scenda sotto un terzo del valore usuale: la quantità di ATP effettivamente disponibile può quindi supportare sforzi molto brevi, poco più di un secondo ad intensità massimale. L’ATP presente nel muscolo deve quindi essere costantemente ricostituito a spese di altre sostanze, in particolar modo creatinfosfato, carboidrati e lipidi, con un contributo marginale da parte delle proteine.

Questi substrati sono utilizzati da tre diversi sistemi energetici, ognuno con caratteristiche specifiche, sistemi energetici che sono coinvolti in misura diversa nei diversi sport. La differenze più rilevanti tra i vari sistemi energetici sono relative a diversi fattori, tutti di grande rilevanza per la prestazione sportiva:

  • la quantità di energia che può essere fornita per unità di tempo dal substrato;
  • la rapidità con la quale i vari substrati rendono possibile la sintesi di ATP;
  • la quantità disponibile di ogni substrato e quindi il tempo per cui l’energia garantita dal sistema è disponibile;
  • la velocità con cui questi substrati possono essere reintegrati una volta che siano stati consumati.

In sport che richiedono un impegno molto pesante, dal sollevamento pesi allo sprint, i muscoli coinvolti possono arrivare ad una spesa energetica che è 120 volte superiore rispetto a quella del muscolo a riposo, spesa che può essere sostenuta soltanto per pochi secondi. In attività di endurance l’energia spesa è 20-30 volte superiore alla spesa a riposo: un’attività del genere può essere sostenuta per tempi decisamente più lunghi. Il contributo dei diversi sistemi varia nei diversi sport e dipende ovviamente da intensità e durata dell’esercizio e da fattori specifici dell’atleta, in particolar modo fitness e stato di allenamento. [1, 2, 3]

Sistemi energetici cellule muscolare e alimentazione per lo sport: fosfocreatina, glicogeno, lipidi

Vi svelo già come va a finire: nel muscolo sono attivi contemporaneamente tre sistemi energeticiche sono utilizzati in proporzione diversa a seconda dell’intensità e della durata del lavoro.
Adattato da Exercise Physiology, McArdle, Katch, Katch

Tempi brevi, massima intensità: il sistema dei fosfageni

Eseguire uno strappo, uno degli esercizi della pesistica olimpica, correre i 100 metri, lanciare o saltare, sono tutti esercizi caratterizzati da una elevata intensità mantenuta per tempi brevissimi, al massimo una decina di secondi. In queste condizioni l’energia necessaria è fornita quasi esclusivamente dalla riserva intramuscolare di fosfageni: ATP e fosfocreatina. La fosfocreatina (PCr) è una sostanza che permette una rapidissima resintesi dell’ATP man mano che questo viene utilizzato.

ADP + PCr +  H+ ↔ ATP + Cr

Nel muscolo la concentrazione di fosfocreatina è di circa 20mmol/kg, una quantità 4 volte maggiore rispetto all’ATP presente. La riserva muscolare di ATP e fosfocreatina è sufficiente a fornire l’energia necessaria per una camminata veloce di un minuto circa, una corsa da maratoneta di una trentina di secondi e uno sprint di 5-8 secondi. Già in una gara come i 100 metri piani, che al buon Bolt richiede un tempo di 9″58 (quando è in gran forma), il sistema dei fosfageni non è in grado di fornire energia per la durata dell’intera corsa e infatti lo sprinter non può mantenere velocità massimale durante l’intera prova e rallenta in maniera apprezzabile nella parte finale. La rapida deplezione dei fosfageni porta quindi alla comparsa di fatica e all’impossibilità di mantenere nel tempo l’elevatissima intensità caratteristica di questi esercizi.

Durante un lavoro molto intenso l’intera riserva muscolare di fosfocreatina è quasi completamente utilizzata nel giro di una ventina di secondi e, se l’esercizio continua,  l’accumulo dei prodotti dell’idrolisi dei fosfageni stimola l’attivazione dei processi di glicogenolisi e glicolisi. Al termine del lavoro la fosfocreatina viene rapidamente resintetizzata: in presenza di ossigeno l’andamento è esponenziale con circa il 50% delle riserve di fosfocreatina ripristinate in una trentina di secondi.  Scarsa disponibilità di ossigeno e accumulo di ioni idrogeno nel muscolo riducono la velocità di resintesi.

L’utilizzo del sistema dei fosfageni non richiede ossigeno e non porta alla produzione di acido lattico: si parla di sistema energetico anaerobico alattacido, in grado di fornire una elevatissima energia per unità di tempo, estremamente rapido, con tempi di recupero ridotti ma con una ridotta quantità di substrato, in grado di coprire il fabbisogno energetico di sforzi intensi ma di breve durata. Lavori massimali di questo tipo non sono soltanto appannaggio di pesisti, sprinter e lanciatori, infatti in molti sport di squadra all’atleta sono richiesti sforzi di questo tipo: nell’esecuzione di una schiacciata per la pallavolo, nel terzo tempo per il basket, in uno scatto verso la porta per il calcio.

Sistemi energetici delle fibrocellule muscolari, substrati utilizzati, creatina, zuccheri e grassi e alimentazione per lo sport

Lo sprinter utilizza soprattutto il sistema dei fosfageni, ma già nella parte finale di una gara sui 100 metri diventa importante il contributo dei processi glicolitici.

Tempi medi e alta intensità: glicolisi e acido lattico

Molti sport richiedono un lavoro intenso della durata di qualche minuto: nuoto dai 100 ai 400, canottaggio, atletica dagli 800 ai 5000, ciclismo su pista e molti sport da combattimento che prevedono round  ripetuti. L’energia richiesta è notevole, decisamente superiore a quella che il sistema dei fosfageni è in grado di fornire, e un ruolo fondamentale nel ripristinare l’ATP consumato è svolto dalla glicolisi anaerobica che porta alla produzione di acido lattico.  L’energia fornita da questo sistema è circa il 45% di quella garantita dal sistema dei fosfageni e permette di lavorare ad intensità elevate quando l’ossigeno disponibile non è sufficiente o l’intensità del lavoro è superiore alla capacità del muscolo di resintetizzare ATP attraverso processi aerobici.

Nella glicolisi, il glucosio —proveniente dal sangue o dalle scorte di glicogeno presenti nel muscolo— è fosforilato e quindi convertito in piruvato con formazione di due molecole di ATP e riduzione di NAD a NADH. Il piruvato prodotto deve essere rimosso affinché la reazione di glicolisi possa continuare. In lavori a bassa intensità, con elevata disponibilità di ossigeno,  il piruvato che si forma è trasferito nei mitocondri dove è convertito ad acetil-CoA, substrato dei processi di fosforilazione ossidativa; in esercizi a elevata intensità il piruvato è convertito ad acido lattico grazie al NADH formato nei passaggi precedenti, in modo da rigenerare la limitata quantità di NAD disponibile nel citoplasma.

La quantità di acido lattico che si forma, e che passa poi nel sangue in forma di lattato, dipende dall’intensità dell’esercizio e aumenta in maniera esponenziale quando il lavoro richiesto superi il 55% dalla capacità massimale aerobica (55% della VO2max). L’allenamento migliora la capacità dell’organismo di smaltire l’acido lattico con molteplici adattamenti, ben osservabili ad ogni età.

L’accumulo di acido lattico nel muscolo o nel sangue non è causa dei dolori avvertiti in conseguenza di questo tipo di sforzi e non è nemmeno la causa principale di affaticamento che è invece dovuto alla progressiva deplezione dei fosfageni e alla progressiva riduzione del pH muscolare che da valori prossimi alla neutralità, pH 7.0, cala fino a 6.3 andando ad interferire con i processi di glicolisi — in particolar modo con quelli di fosforilazione del fruttosio durante i primi stadi del processo, catalizzata dalla 6-fosfofruttochinasi — e con i processi di contrazione muscolare. I dolori sarebbero invece dovuti alla stimolazione delle terminazioni nervose del muscolo, secondo meccanismi ancora non ben noti.

La glicolisi non richiede ossigeno e porta alla produzione di acido lattico: si parla di sistema energetico anaerobico lattacido, in grado di fornire una quantità di energia pari al 55% di quella garantita dai fosfageni, rapido, con la possibilità di sostenere uno sforzo ad elevata intensità per un tempo che va dai 20 ai 180 secondi, mentre a livelli submassimali si può arrivare fino ai 300 secondi.

Il recupero richiede la rimozione del lattato, il ripristino del normale pH e il recupero delle scorte di ATP, PCr e glicogeno del muscolo. Il recupero completo dei fosfageni richiedi 5-10 minuti ma oltre il 50% delle scorte è ripristinato in 30-60 secondi. Rimozione del lattato e ripristino del pH intramuscolare richiedono più tempo. Parte del lattato diffonde nel sangue  e in parte verrà utilizzato a livello del fegato per produrre glucosio (ciclo di Cori), oppure può essere utilizzato da tessuti in grado di ossidarlo con grande efficienza, come il tessuto cardiaco. Nell’immediato, l’idrogeno in eccesso che entra nel circolo sanguigno reagisce con lo ione bicarbonato per formare anidride carbonica ed acqua; successivamente i livelli di ione bicarbonato saranno riportati sui valori normali soprattutto per opera dei processi respiratori.

Tempi di recupero più lunghi sono necessari per il ripristino delle scorte di glicogeno. L’utilizzo del glicogeno muscolare è molto rapido. In una gara di mezzofondo sugli 800-1500 metri oltre 100g di glicogeno possono essere convertiti ad acido lattico, circa il 25% delle riserve complessive di glicogeno dell’organismo. Il recupero del glicogeno muscolare richiede glucosio e gran parte di questo deve arrivare attraverso la dieta, con tempi che si allungano, fino a raggiungere le 24-36 ore. Un aspetto cruciale da considerare in tutti quegli sport in cui questo sistema energetico gioca un ruolo importante, specie quando siano previsti impegni ravvicinati, come round o batterie successive.

Sistemi energetici muscolari, utilizzo di grassi e carboidrati, alimentazione per lo sport

In una gara di nuoto il contributo del sistema anaerobico lattacido è estremamente importante, specie quando le distanze si allungano e l’impegno supera il minuto.

Tempi lunghi e bassa intensità: ciclo di Krebs e fosforilazione ossidativa

Quando i tempi dell’attività si dilatano il sistema dei fosfageni e la glicolisi non sono più in grado di garantire tutta l’energia necessaria. Il contributo dei sistemi anaerobici si riduce progressivamente e aumenta gradualmente l’importanza dei processi ossidativi, possibili soltanto in presenza di ossigeno. Un metabolismo ossidativo efficiente è requisito essenziale per il successo negli sport di endurance, ben evidenziato da una VO2max elevata, la massima quantità di ossigeno utilizzata per unità di tempo durante la contrazione muscolare.

L’organismo può utilizzare due diversi substrati per i processi ossidativi: carboidrati e lipidi. In presenza di ossigeno il piruvato prodotto durante la glicolisi viene traslocato nei mitocondri e quindi convertito a acetil-CoA per azione dell’enzima piruvato deidrogenasi. Sempre nei mitocondri avviene la β-ossidazione degli acidi grassi, grazie alla quale viene prodotto altro acetil-CoA. L’acetil-CoA entra quindi in un ciclo di reazioni che ne determinano la completa ossidazione ad acqua ed anidride carbonica, il ciclo di Krebs o degli acidi tricarbossilici. Durante questo ciclo degli elettroni vengono trasferiti a NAD e FAD+ che a loro volta li cedono ad un complesso sistema di trasporto presente sulla membrane del mitocondrio. Il trasferimento degli elettroni fornisce l’energia necessaria a rigenerare ATP dall’ADP. Questa fase finale della respirazione cellulare è chiamata fosforilazione ossidativa.

Si tratta di una serie di processi complessi che presentano numerosi  passi a livello dei quali l’attività dei vari enzimi coinvolti è sottoposta a fine regolazione. L’acetil-CoaA entra nel ciclo degli acidi tricarbossilici grazie ad una reazione catalizzata dalla citrato (si)-sintasi: l’attività di questo enzima è inibita da alte concentrazioni di ATP, di NADH, di succinil-CoAe dalla disponibilità di acetil-CoA proveniente dalla β-ossidazione degli acidi grassi. In pratica, quando la disponibilità di energia nella cellula è elevata il ciclo di Krebs ha un flusso ridotto, flusso che cresce mano a mano che l’utilizzo di ATP e NADH aumenta durante l’esercizio.

Questo stadio è importante anche per l’integrazione dei substrati, un processo dinamico che cambia a seconda della disponibilità dei substrati stessi, della intensità dell’esercizio e dei tempi di lavoro. A basse intensità l’ossidazione dei grassi fornisce la maggior parte dell’energia, ma quando l’intensità aumenta il contributo dei carboidrati diventa progressivamente più importante fino a coprire la quasi totalità della richiesta energetica quando si raggiungono intensità prossime alla VO2max. In lavori ad intensità costante invece, visti tempi lunghi necessari alla mobilizzazione e all’utilizzo degli acidi grassi, in un primo momento predomina l’utilizzo di carboidrati, progressivamente sostituiti da lipidi mano a mano che la disponibilità di glicogeno muscolare si riduce.

Al ritmo tipico di un maratoneta le riserve muscolari di glicogeno possono durare circa 80 minuti, un tempo insufficiente a coprire l’intero percorso. Parte dell’energia necessaria proviene dall’utilizzo delle scorte epatiche di glicogeno, costantemente rinnovate a partire da glicerolo, alanina e lattato, e parte dall’ossidazione dei lipidi. Se lo sforzo continua a lungo anche il glicogeno epatico comincia a scarseggiare mentre l’ossidazione dei grassi, relativamente lenta, non riesce a garantire l’energia necessaria all’attività. Per evitare che l’atleta si blocchi è necessario che le riserve di glicogeno siano ben sature all’inizio del lavoro, mentre un continuo consumo di carboidrati durante l’impegno permetterà di ridurre l’utilizzo del glicogeno muscolare e aumentare in maniera significativa la resistenza dell’atleta.

Ciclo di Krebs e fosforilazione ossidativa possono avvenire soltanto in presenza di ossigeno: si parla di sistema energetico aerobico. L’energia fornita per unità di tempo è bassa mentre la latenza con cui l’energia è fornita è elevata, dell’ordine di qualche minuto. La quantità di energia che può essere fornita è elevatissima e dipende dalla disponibilità dei substrati e dall’intensità di lavoro: a intensità medio-basse è praticamente limitata soltanto dalla quantità di lipidi disponibile, mentre a intensità medio alte è la quantità di glicogeno ad essere fattore limitante. Il recupero comporta tempi lunghi, quelli necessari al ripristino del glicogeno muscolare utilizzato durante l’attività, con tempi che vanno dalle 12 alle 48 ore.

Sistemi energetici della cellula muscolare, utilizzo di grassi e carboidrati , alimentazione per l'atleta

In sport di endurance il ruolo dei processi aerobici è fondamentale e permette di affrontare prove che possono durare fino a diverse ore.

Sistemi energetici e sport di squadra

Pesisti, mezzofondisti e maratoneti sono atleti che per la loro prestazione dipendono in maniera diretta da uno specifico sistema energetico. Diversa è la situazione per atleti impegnati in giochi di squadra come calcio, rugby, basket o pallavolo, o in sport come il tennis, caratterizzati da un’alternanza di brevi momenti ad elevata intensità, ripetuti nel corso dell’allenamento/gara e fasi ad intensità ridotta, la cui durata è molto variabile. I parametri che determinano l’impegno reale sono molti: durata della gara, ruolo del giocatore, sprint o altri tipi di impegno ad elevata intensità effettuati. Dati sperimentali indicano che un giocatore di calcio consuma circa 12-14 kcal/minuto con un’intensità relativa prossima al 75% della VO2max nell’arco della gara.

Il principale fattore a determinare affaticamento e limitare la prestazione è la progressiva riduzione del glicogeno disponibile. Il contributo del sistema aerobico aumenta progressivamente in sprint ripetuti mentre quello dei due sistemi anaerobici declina, man mano che aumenta il numero di ripetizioni. L’utilizzo di fosfocreatina cala, probabilmente perché si assiste ad una resintesi incompleta e cala anche l’accumulo di acido lattico, probabilmente per un aumento del flusso di piruvato verso processi ossidativi. L’accumulo di fosfato, l’aumento del pH intracellulare, alterazioni della distribuzione di calcio e potassio possono contribuire all’insorgere della fatica.

Un aumento delle scorte cellulari di fosfocreatina, reso possibile da una integrazione di lungo periodo con creatina, ha mostrato significativi miglioramenti nella prestazione in diversi studi, senza apprezzabili effetti collaterali fatto salvo un leggero aumento del peso corporeo dovuto ad un aumento del contenuto di acqua del muscolo. Anche la caffeina si è mostrata efficace nel migliorare la performance, sia in lavori a elevata intensità, sia in sport di endurance: il meccanismo d’azione prevede un utilizzo più rapido degli acidi grassi e quindi un risparmio del glicogeno muscolare, unito ad effetti immediati sulla fibra muscolare che potrebbero aumentare la forza generata durante la contrazione. Fino al 2004 l’utilizzo di caffeina era proibito in concentrazioni elevate, mentre oggi l’uso è consentito ma costantemente monitorato. Una dose efficace è di circa 3 mg/kg peso corporeo, intorno a 210mg per un uomo di 70 kg, l’equivalente di 2-3 tazzine di espresso. [4 , 5, 6, 7, 8, 9, 10 , 11, 12]

Sistemi energetici del muscolo, utilizzo di carboidrati e lipidi, alimentazione per gli sport di squadra

Nel calcio e negli altri sport di squadra si alternano momenti a elevata intensità intervallati da fasi a intensità minore, con un impegno complessivo che può essere accostato a quello sostenuto da un maratoneta.

Sistemi energetici e alimentazione dell’atleta

Il fatto che esistano tre diversi sistemi energetici a livello muscolare non deve far pensare che questi siano separati e che esistano degli interruttori che li accendono o spengono a seconda dello sport praticato. Siamo di fronte ad un continuum con i vari sistemi impegnati contemporaneamente, con predominanza di uno sull’altro in funzione dell’intensità e della durata del lavoro. Fatto salvo sport agli estremi del continuum, sollevamento pesi e lanci, ad esempio, in tutte le altre attività l’apporto dei vari sistemi si presenta decisamente variabile, con un contributo via via più importante di quello aerobico, man mano che si allungano i tempi di lavoro.

Il muscolo non brucia mai un singolo substrato ma una miscela, utilizzando fosfageni, glucosio e lipidi in quantità variabili a secondo delle specifiche richieste imposte dall’attività praticata. Ne sono plastica evidenza gli sport di squadra dove momenti di sprint, impegno tipicamente anaerobico, sono alternati a fasi a ridotta intensità, durante le quali predomina il sistema aerobico e i carburanti utilizzati sono soprattutto carboidrati e grassi, in quantità variabile a seconda di durata e intensità del lavoro.

Un’alimentazione efficace deve tenere in conto tutto questo e inoltre deve considerare altre caratteristiche che possono essere legate a ciascuno sport, dalla massa muscolare, al peso corporeo, alle esigenze legate all’allenamento, aspetto cruciale eppure sottovalutato. Ridurre l’alimentazione di un atleta, amatore o professionista che sia, a percentuali di nutrienti, a integratori più o meno efficaci, a timing inflessibili per l’assunzione di proteine o per il recupero delle scorte di glicogeno, è sbagliato e poco produttivo. Meglio una visione d’insieme che tenga conto non soltanto delle minuzie e dei dettagli ma anche e sopratutto del quadro generale, in modo da garantire il benessere dell’atleta, i massimi profitti in fase di allenamento e la miglior prestazione possibile durante la gara.


Per approfondire i temi legati all’alimentazione per lo sport:


Quattro testi di riferimento per approfondire il tema dei sistemi energetici

  • Sport and Exercise Nutrition, McArdle, Katch
  • Clinical Sport Nutrition, Burke
  • The Biochemical Basis of Sports Performance, Maughan
  • Physiology of Sport and Exercise, Costill