Correva l’anno 1972 quando John Yudkin, fisiologo inglese, pubblicò un libro dal titolo molto d’impatto: “Puro, bianco, mortale”. Yudkin sosteneva che fosse proprio lo zucchero, bianco, raffinato, irresistibile, una delle principali cause delle malattie cardiovascolari.

La tesi di Yudkin fu accolta con scetticismo: lo studioso fu attaccato da più parti e perfino Ancel Keys, lo “scopritore” della dieta Mediterranea e principale proponente della stretta relazione tra consumo di grassi e malattie cardiache, scese in campo per contrastare la teoria del fisiologo inglese definendo i dati su cui si basavano i suoi lavori “poco solidi e fuorvianti”.

Yudkin e il suo libro. Il tipo di letture che i dirigenti della Coca Cola prprio non riescono ad apprezzare.

Yudkin e il suo libro. Il tipo di letture che i dirigenti della Coca Cola proprio non riescono ad apprezzare.

Il libro di Yudkin fu dimenticato, anche grazie ad una feroce campagna dell’industria alimentare guidata dalla Coca Cola Company, per venire riscoperto verso la metà degli anni 90, quando la ricerca cominciò ad appuntare il suo occhio indagatore, dopo anni di ossessione verso i grassi, anche sui carboidrati e in particolar modo sugli zuccheri semplici come glucosio, fruttosio e saccarosio. [1]

Gli zuccheri, che passione.

Il consumo di zuccheri raffinati è cresciuto enormemente negli ultimi 50 anni, grazie sopratutto al diffondersi universale di prodotti alimentari industriali e bevande gassate che ne contengono notevoli quantità. Si calcola che l’americano media consumi circa 22 cucchiaini di zucchero al giorno, pari a circa 400/450 kcal al giorno. Una quantità enorme che corrisponde a circa il 20% del fabbisogno calorico giornaliero medio, quantità che secondo le linee guida dell’American Heart Association andrebbe come minimo dimezzata. E sicuramente l’italiano tipo non è così lontano da questi consumi aberranti. [2]

Mentre la correlazione tra consumo di grassi e markers lipidici è stata ampiamente esplorata meno numerosi sono gli studi relativi al rapporto tra il consumo di zuccheri raffinati, colesterolo e trigliceridi; ma la situazione sta cambiando.

Lo studio

Un recente lavoro di Havel e al. ha voluto far luce su questo problema testando in maniera rigorosa la possibile relazione tra il consumo di sciroppo di mais ad alto contenuto fruttosio (HFCS High Fructose Corn Syrup) e rischio cardiovascolare. Si è scelto di focalizzare l’attenzione su questo particolare tipo di zucchero raffinato, ottenuto dalla lavorazione dell’amido di mais,  per l’utilizzo ormai ubiquitario che se ne fa nell’industria alimentare grazie alla sua stabilità, semplicità d’uso e, soprattutto, prezzo ridottissimo ed elevata disponibilità. Ne esistono di diversi tipi contraddistinti da un numero,  42, 55, 65, 90, che indica la percentuale crescente di fruttosio presente. Potete trovarlo in bevande, succhi, yogurt, dolci e pasticceria varia.

Per lo studio Havel e collaboratori hanno reclutato 85 soggetti obesi “sani”, non affetti da diabete, malattie renali o ipertensione: I soggetti sono stati divisi in quattro gruppi cui giornalmente è stata fornita, oltre alla normale razione giornaliera,  una bevanda addolcita con HFCS in quantità crescenti, calcolate sulla base del fabbisogno giornaliero stimato:

  1. il primo gruppo ha ricevuto l’equivalente di 0 calorie da HFCS;
  2. il secondo gruppo ha ricevuto l’equivalente del 10%  del fabbisogno calorico da HFCS;
  3. il terzo gruppo ha ricevuto l’equivalente del 17,5% del fabbisogno calorico da HFCS;
  4. il quarto gruppo ha ricevuto l’equivalente del 25% del fabbisogno calorico da HFCS;

Per ogni soggetto sono stati misurati peso corporeo e vari markers sanguigni tra cui lipidi e acido urico all’inizio del lavoro e dopo venti giorni di “dieta”.

 

La variazione del peso corporeo osservata. Chi non beve zuccheri dimagrisce!

La variazione del peso corporeo osservata.
Chi non beve zuccheri dimagrisce! (Magari fosse così facile)

Il peso corporeo mostra un aumento lineare all’aumentare del consumo di HFCS, ma i valori sono molto modesti e statisticamente poco significativi.

La variazione di colesterolo LDL osservata. Evidente l'andamento lineare tra dose e risposta.

La variazione di colesterolo LDL osservata.
Evidente l’andamento lineare tra dose e risposta.

Più rilevante e assolutamente evidente l’aumento del colesterolo LDL che mostra una relazione diretta tra dose di HFCS consumata e aumento osservato. Analoga la situazione per l’acido urico e per l’apolipoproteina B, altro importante marker del rischio cardiovascolare. [3]

Havel e collaboratori concludono quindi che il consumo di uno zucchero raffinato come HFCS produce una aumento, dipendente dalla dose, di diversi marker del rischio cardiovascolare, dato che va a supportare la tesi che esista una relazione tra la mortalità per malattie cardiache e il crescente consumo di zuccheri raffinati.

Conclusioni: puro e bianco, ma mortale?

Lo studio è molto interessante, ma dobbiamo notare due cose. In primo luogo la bevanda zuccherata è stata aggiunta alla dieta dei soggetti, dieta non rigidamente controllata, quindi le calorie consumate non sono rimaste costanti ma, probabilmente, aumentate. Il che spiegherebbe l’aumento, poco importante ma comunque presente, di peso.
In secondo luogo è importante notare che quando studi simili sono stati eseguiti mantenendo costante il consumo calorico, quindi quando gli zuccheri consumati sono andati a sostituire e non ad addizionarsi ad altri componenti della dieta, non sono stati rilevati aumenti di peso o dei marker metabolici statisticamente significativi: dato non trascurabile poiché indica che non è una caratteristica del fruttosio di per sé a determinare gli aumenti osservati, ma un consumo eccessivo che si va ad aggiungere a quello giornaliero. [4, 5, 6, 7]

Il dato importante dello studio è proprio questo: un surplus calorico rappresentato da zuccheri raffinati aggiunto alla razione quotidiana rappresenta un importante fattore di rischio dose-dipendente. È importante sottolineare che il consumo di zuccheri raffinati, specie in forma liquida, con bevande e succhi, facilita in maniera decisa quel consumo extra di cui stiamo parlando e che, ai fini preventivi, probabilmente non esiste differenza tra HFCS, saccarosio o glucosio.

Non bisogna però considerare gli zuccheri come fonte di ogni male: non sono gli zuccheri in quanto tali il problema, ma la combinazione tra un loro consumo eccessivo e un surplus calorico. E soprattutto non bisogna confondere l’abuso di zuccheri contenuti in bevande e dolci vari con il consumo degli zuccheri della frutta: non esistono studi che mostrino che gli zuccheri naturalmente presenti nella frutta possano ingrassare o essere dannosi alla salute. Anzi, la stragrande maggioranza degli studi indica che un buon consumo di frutta è associato ad un ridotto peso corporeo e buone condizioni di salute, grazie all’elevato contenuto di fitonutrienti e di fibra presenti in ogni frutto.

Il messaggio è forte e chiaro: la prossima volta che avete voglia di concedervi qualcosa di dolce lasciate perdere succhi, bevande o ciambelle e addentate un bel frutto, maturo e succulento. Ne guadagneranno la vostra forma e la vostra salute.