Pochi prodotti si identificano così totalmente con un territorio come l’olio d’oliva con l’area del Mediterraneo. Pilastro fondante della dieta mediterranea l’olio extra vergine d’oliva ha notevoli proprietà nutritive.

L’olio d’oliva si estrae dai frutti dell’olivo, Olea europaea, una pianta della famiglia delle Oleacee coltivata a Creta fin dal 3000 avanti Cristo. Nella cultura Greca antica l’olivo era una pianta sacra e le leggende narravano fosse stato creato dalla dea Minerva. Grazie ai Greci e ai Fenici la coltura dell’olivo si diffuse in tutto il bacino del Mediterraneo e arrivò ben presto in Spagna e in Italia. Anche i Romani veneravano l’olivo come pianta sacra sfruttando l’olio come cibo e come combustibile per lampade, mentre gli scarti della produzione erano utilizzati come prezioso concime e il legno veniva bruciato come offerta agli dei. Non si buttava niente, ai tempi di Cesare!

L’olivicoltura soffre durante il Medioevo ed è soltanto dopo il Mille che, anche grazie ai monasteri, la coltivazione riprende e si diffonde. Preziosa è l’opera dei Medici che concedono gratuitamente terreno collinare a chi vi coltivi olivo. E l’olio toscano diventa così famoso in tutta la penisola. Tra 1700 e 1800 l’olio italiano conquista l’Europa intera e si moltiplicano i terreni destinati alla coltivazione della preziosa pianta. La produzione ha continuato a crescere nel secolo passato, per l’introduzione di nuove tecnologie di raccolta e molitura e anche la diffusione del prodotto è aumentata grazie anche, va detto, alla ricerca scientifica che ha evidenziato le notevolissime proprietà nutritive di quest’olio.

Oggi l’Italia è il secondo produttore mondiale di olio d’oliva con circa mezzo milione di tonnellate l’anno, dietro alla Spagna che supera il milione. Alle nostre spalle la Grecia e quindi Siria, Marocco, Turchia, Tunisia e Portogallo. Ogni anno nel mondo si producono poco più di 3.000.000 di tonnellate del prezioso olio. E il consumo è in continuo aumento.

Coltivare l’olivo per divertimento e profitto

L’olivo è una pianta sempreverde di cui esistono due sottospecie: l’olivo selvatico, oleaster, tipico della macchia mediterranea e utilizzato per riproduzione e portainnesti e l’olivo coltivato, sativa. Si tratta di una pianta che cresce bene in terreni permeabili, freschi e profondi ma che sa adattarsi anche a terreni calcarei, marginali, poveri e sassosi. Il tronco è cilindrico negli esemplari giovani, contorto e sofferto in quelli vecchi. La chioma ha forma conica e si sviluppa in funzione delle risorse idriche e della fertilità del suolo. Le foglie si rinnovano ogni due anni e hanno la pagina inferiore di un caratteristico colore argentato. Le gemme sono ascellari, si formano al punto di inserzione della foglia, e danno luogo a fiori, chiamati mignole, che compaiono tra aprile e giugno.

L’attività della pianta è continua, anche se si riduce nel periodo invernale. L’olivo teme i climi rigidi -soffre moltissimo sotto i 2-3 °C- e la sua diffusione è limitata a zone dal tipico clima Mediterraneo. La pianta produce un gran numero di fiori ma l’allegagione, il numero di fiori che effettivamente si trasforma in frutti, varia molto a seconda di fattori relativi all’ambiente e al fenomeno dell’alternanza, tipico dell’olivo, per cui dopo un anno di elevata fruttificazione segue un anno con produzione ridotta. Quello dell’alternanza è un fenomeno complesso che ha cause sia genetiche che fisiologiche e che da sempre si cerca di controllare per aumentare la produttività della pianta, soprattutto con interventi di irrigazione, concimazione e potatura.

L’olivo è pianta resistente ma in condizioni di siccità è ben irrigare per evitare un eccessivo stress idrico. Anche la concimazione è necessaria e delicata, richiede infatti la capacità di interpretare le esigenze della pianta per evitare eccessi che, portando a grande crescita vegetativa, possono ridurre la produzione di olive. La potatura infine è importantissima per lo sviluppo e il portamento, per la fruttificazione e per il ringiovanimento di olivi che danno segni di decadimento: si tratta di una vera e propria arte e richiede una profonda conoscenza della pianta e delle sue necessità. Tra le varie forme d’allevamento quella più spesso utilizzata è il vaso policonico.

L’olivo è soggetto all’attacco di molti patogeno. Funesta la mosca olearia, Bactrocera oleae, che depone le uova sul frutto in sviluppo riducendone quantità e qualità.  Problematiche anche la tignola, Prays oleae, e la cocciniglia mezzo grano di pepe, Saissetia oleae. L’olivo è soggetto anche all’attacco di numerosi funghi e di alcuni batteri tra cui Xylella fastidiosa, tristemente nota per le vicende che hanno coinvolto gli oliveti pugliesi. (Breve parentesi per i signori complottisti. La Xylella è un batterio ben noto e che causa patologie gravissime in un gran numero di piante, tra cui il Complesso del Disseccamento rapido dell’Ulivo diffuso nel Salento. Non si tratta di un gioco o di una cospirazione ma di una epidemia grave e distruttiva che richiederebbe interventi rapidi e decisi e non il barcollante rincorrersi di ordini e contrordini cui abbiamo assisitito in questi anni. E no, la Monsanto — o la Spectre se è per questo — non c’entra per niente in questa vicenda. Negli studi che trovate di seguito un po’ di dettagli sulla natura e sulle origini del problema. Quelle accertate scientificamente e non i deliri che girano di solito sul tema. [1, 2, 3, 4])

Esiste un gran numero di varietà di olivo, solo in Italia si contano oltre 500 cultivar. Tra le varietà più diffuse Leccino, Frantoio, Rosciolo, Moraiola. Molte cultivar sono associate a produzioni squisitamente locali, come l’Ogliarola Barese in Puglia, la Taggiasca in Liguria o la Moresca in Sicilia. Le varietà differiscono tra di loro per caratteri che riguardano l’albero, la foglia, il frutto, la resistenza ai patogeni e la resa in olio. Meno indagate le possibili differenze nutrizionali tra i diversi tipi di olio ottenuti da singole cultivar.

la raccolta delle olive è l'evento dell'autunno inoltrato nelle campagne delle zone di produzione. Quasi un rito, nell'attessa dell'olio "novo"

La raccolta delle olive è l’evento culminante dell’autunno nelle campagne delle zone di produzione. Quasi un rito, nell’attesa dell’olio “novo”

Il frutto dell’olivo

L’oliva è una drupa con peso variabile tra 1,5 e 4,5grammi a seconda di varietà e condizioni di coltivazione. All’esterno abbiamo la buccia o epicarpo che a maturazione assume un colore vario, tendenzialmente scuro. La polpa o mesocarpo ha consistenza carnosa e rappresenta oltre il 70% del peso del frutto mentre l’endocarpo, il nocciolo, ha consistenza legnosa e racchiude il seme.

Durante la maturazione nell’oliva avvengono processi di trasformazione e sintesi di sostanze organiche, in particolar modo di trigliceridi, che sono accumulati nei vacuoli e sono il componente primario dell’olio. La maturazione avviene in ottobre nelle varietà precoci, mentre per quelle tardive si può arrivare addirittura a gennaio. Con la maturazione la buccia scurisce passando dal verde al violetto o al nero: scompaiono le clorofille e si accumulano gli antociani. Si tratta di un processo molto complesso che porta trasformazioni profonde, con accumulo di certi componenti, eliminazione di altri, aumento dell’attività enzimatica e riduzione degli zuccheri e delle sostanze azotate presenti.

I trigliceridi inizialmente sono accumulati in piccole gocce racchiuse in sacche membranose per essere poi trasferito in vacuoli per oltre l’80%. Una porzione ridotta rimane in forma di goccioline nel citoplasma e risulta difficile da estrarre. Mentre l’olio si accumula il citoplasma si riduce lasciando la maggior parte del volume disponibile all’olio. I trigliceridi si accumulano alla massima velocità, circa 40mg per frutto alla settimana, durante l’invaiatura cioè la fase in cui si ha il cambiamento di colore della buccia. Se la maturazione viene fatta procedere aumenta l’attività degli enzimi proteolitici, con alterazioni importanti dei composti presenti e una netta riduzione della qualità dell’olio.

Le drupe vanno raccolte quando inizia l’invaiatura, senza aspettare che tutte abbiano cambiato colore. La raccolta può essere effettuata a mano, la brucatura, metodo lento e laborioso che permette però di scartare i frutti danneggiati, oppure con mezzi meccanici in varietà predisposte e con forme di allevamento adatte. Tra la raccolta e la frangitura è bene non passino più di 24 ore per evitare processi di fermentazione che possono determinare difetti nell’olio, come il temuto riscaldo.

L'olio d'oliva è l'unico olio che si estrae da un frutto invece che da un seme. E del frutto mantiene colore e profumi, per non parlare del carico di molecole dal grande pregio nutrizionale.

L’olio d’oliva è l’unico olio che si estrae da un frutto invece che da un seme. E del frutto mantiene colore e profumi, per non parlare del carico di molecole dal grande pregio nutrizionale.

Tutti al frantoio! Arriva l’olio nuovo.

Le olive che arrivano al frantoio vengono pulite, per eliminare detriti vegetali, minerali e foglie. La frangitura, essenziale per liberare l’olio della polpa può essere fatto con metodi diversi. Nel metodo tradizionale a presse si utilizzano macine in pietra che con movimento molto lento riducono le olive in pasta. Le molazze in pietra hanno il merito di realizzare una frantumazione senza sollecitazioni eccessive, senza formare emulsioni e senza inquinamento da metalli. Si possono utilizzare anche frangitori a martelli, a cilindri o dischi, in materiale metallico, più veloci, meno costosi e ingombranti: il rischio è che possa aumentare la temperatura di lavorazione con decadimento delle caratteristiche dell’olio e formzione di emulsioni olio-acqua più difficili da separare.

La pasta viene poi sottoposta a gramolazione, essenzialmente un rimescolamento continuo e lento per rompere l’emulsione olio-acqua e permettere l’aumento di olio libero e la formazione di goccioline d’olio più grandi. Tempo e temperatura di gramolatura aumentano la resa ma provocano una riduzione del contenuto di fenoli e altri preziosi composti. In genere si lavora sotto ai 30°C per tempi inferiori ai 40 minuti per evitare la perdita di composti e modificazioni delle caratteristiche organolettiche dell’olio. Con frantoi a macine in pietra i tempi di gramolazione sono in genere brevi e a temperatura ridotta, mentre con sistemi a frangitore metallico si prolungano i tempi e si lavora su pasta riscaldata.

Dalla pasta che si ottiene dalla gramolazione l’olio può essere estratto con diversi metodi. Nel  metodo a pressione la pasta viene adagiata su dischi, detti fiscoli, che vengono disposti uno sull’altro su di un carrello, intercalati da dei dischi d’acciaio per uniformare la pressione. Il carrello è quindi posto in una pressa dove si possono raggiungere pressioni di oltre 400 atmosfere per tempi che vanno dai 60 ai 120 minuti. Dalla pressa fuoriesce un mosto oleoso mentre sui fiscoli rimane la sansa.

Nel metodo della centrifugazione l’olio è separato da acqua e sansa grazie a centrifugazioni successive in appositi macchinari, prima un separatore orizzontale che permette di separare la sansa e quindi un separatore verticale che separa l’acqua e permette di recuperare il solo olio (sistema a tre vie). Nell’estrazione per percolamento si sfrutta la differente tensione superficiale tra olio e acqua, con l’olio che viene recuperato da una lamina metallica immersa nella pasta. In genere questo sistema è utilizzato comunque in abbinamento con un decanter per aumentare la resa del prodotto.

I tre sistemi hanno ognuno i loro pro e contro. Nel frantoio a presse olive non sane potrebbero determinare presenza di difetti, muffe o fermentazioni, su partite successive. Frantoi in continuo lavorano bene soltanto con grandi quantità di olive, mentre con l’estrazione per percolamento la resa è ridotta e richiede in genere successivo passaggio in decanter.

L’olio ottenuto può ancora presentare materiali morchiosi e acqua e viene quindi fatto chiarificare per alcuni giorni e quindi sottoposto a travasi. Il prodotto finale non è necessariamente trasparente ma può mantenersi opaco; anzi spesso oli di qualità, estratti da olive sanissime, presentano velature più o meno accentuate, mentre oli molto acidi, e quindi minore qualità, tendono a chiarire rapidamente. L’olio può essere fatto maturare in recipienti di acciaio inox, al fine di sviluppare appieno le sue caratteristiche, per un periodo di tempo che va dai quattro mesi all’anno. l’olio extravergine si può utilizzare fino a due anni dalla spremitura, l’olio vergine fino a 18 mesi, quello d’oliva fino a 12 mesi, in funzione della decrescente quantità di composti antiossidanti presenti.

Il colore dell’olio ottenuto dipende dalla varietà delle olive utilizzate e dal loro grado di maturazione. La densità è invece funzione del territorio d’origine. Sono sopratttto i caratteri olfattivi e gustativi a distinguere un olio di pregio da olio con difetti o problemi. Esistono anche per l’olio dei criteri di valutazione e degustazione che permettono di valutarne la qualità nella maniera più oggettiva possibile, e diversi concorsi in cui ogni anno vengono premiati quelli che risultano essere i prodotti di maggior pregio..

L’olio di oliva e la legge

Pochi alimenti hanno regolamenti minuziosi come quelli che normano classificazione, produzione e commercializzazione dell’olio di oliva, un olio la cui produzione si concentra in un numero molto ridotto di paesi, in pratica Italia, Spagna e Grecia. Visto il pregio e le qualità del prodotto e, purtroppo, le frequenti truffe e frodi, dapprima i vari stati produttori e quindi organismi internazionali come FAO, COI (Consiglio Oleicolo Internazionale) e Comunità Europea hanno proposto una serie di norme stringenti per produzione, classificazione analisi ed etichettatura dell’olio di oliva. [5, 6, 7, 8]

L’olio destinato al consumo alimentare è classificato in base a una serie di diversi parametri, tra cui i principali sono:

  • acidità, ossia la quantità di acido oleico libero. L’acido oleico è liberato dai trigliceridi in processi di degradazione cellulare e  una quantità elevata è indice di sovramaturazione del frutto o problemi nei processi di filiera;
  • numero di perossidi, si tratta di sostanze che si formano dagli acidi grassi per processi di tipo ossidativo causati da enzimi, dall’ossigeno, dal calore e dall’aria. Si tratta di reazioni che possono avvenire sia durante la lavorazione, sia a carico del prodotto non conservato in maniera adeguata.

Le denominazioni utilizzate per la commercializzazione dell’olio di oliva sono:

  1. Olio di oliva vergine: olio ottenuto attraverso mezzi meccanici in condizioni termiche che non determinino alterazioni del prodotto e senza altri trattamenti oltre lavaggio, decantazione, centrifugazione e filtrazione. L’olio di oliva vergine a sua volta è classificato in:
    • Olio di oliva extra vergine o olio EVO con acidità inferiore allo 0,8% e numero di perossidi inferiore a 20 Meq/Kg
    • Olio di oliva vergine con acidità inferiore al 2% e numero di perossidi inferiore a 20 Meq/Kg
    • Olio di oliva vergine corrente con acidità inferiore al 3,3% e numero di perossidi inferiore a 20 Meq/Kg
    • Olio di oliva vergine lampante con acidità superiore al 3,3% e numero di perossidi superiore a 20 Meq/Kg
  2. Olio di oliva raffinato ottenuto da oli vergini con tecniche di raffinazione che non modifichino la struttura gliceridica iniziale. Acidità inferiore a 0,5% e numero di perossidi inferiore a 5 Meq/Kg
  3. Olio di oliva ottenuto dal taglio di olio vergine con olio raffinato. Acidità superiore a 0,5% e numero di perossidi inferiore a 15 Meq/Kg
  4. Olio di sansa di oliva greggio ottenuto con trattamenti a base di solvente dalla sansa di oliva. Destinato a raffinazione e usi tecnici. Acidità superiore a 0,5%
  5. Olio di sansa di oliva raffinato ottenuto con per raffinazione dell’olio di sansa di oliva greggio. Acidità inferiore a 0,5% e numero di perossidi inferiore a 5 Meq/Kg
  6. Olio di sansa di oliva ottenuto dal taglio dell’olio di sansa di oliva raffinato con olio vergine. Acidità inferiore a 1,5% e numero di perossidi inferiore a 15 Meq/Kg

Un indice molto importante della qualità dell’olio che raramente troverete indicato in etichetta è il valore dei polifenoli totali, sostanze che contribuiscono sia ai caratteri organolettici,  amaro e piccante, sia ai pregi salutistici, con la loro potente azione antiossidante. Cercate in etichetta indicazioni relative ad un contenuto di idrossitirosolo ≥ 250 mg/kg.

Olio di oliva, denominazione olio extra vergine oliva

L’olio d’olivo è uno dei pochi alimenti ad essere sottoposto ad un rigida normativa che riguarda tutta la filiera di produzione, sino ad arrivare alla denominazione con cui è posto in commercio.

Le proprietà nutritive dell’olio di oliva

L’olio extra vergine di oliva è leggero, un litro pesa appena 917 g. Carboidrati e proteine sono completamente assenti. Sono presenti tracce di ferro, piccole quantità di vitamina A e quantità interessanti di vitamina E, circa 22mg. I lipidi costituiscono il 99,9% del peso dell’olio: per questo motivo 100g di olio di oliva danno un apporto calorico di 890kcal.

I lipidi dell’olio sono divisi in una frazione saponificabile costituita da gliceridi degli acidi grassi, circa il 98% dei grassi totali, e in una frazione non saponificabile, appena l’1-2%, costituita da composti minori. I componenti della frazione saponificabile sono relativamente simili in tutti gli oli di oliva, mentre sono proprio quelli della frazione non saponificabile a variare tra i vari oli, contribuendo oltre che alle diverse caratteristiche organolettiche anche agli effetti sulla salute.

La frazione saponificabile è costituita da trigliceridi accompagnati da minime quantità di digliceridi e monogliceridi. I trigliceridi sono sia semplici, con tutte e tre le posizioni occupate dal medesimo acido grasso, o misti. Domina ovviamante la trioleina, in cui il glicerolo si lega a tre molecole di acido oleico. Nei misti in genere la posizione due è occupata comunque da insaturi mentre i saturi si trovano in posizione 1 e 3.

La composizione in acidi grassi dell’olio di oliva vede l’acido oleico, un monoinsaturo (C 18:1), predominare decisamente con valori che vanno dal 60% a oltre il 76%: l’olio di climi caldi ha un contenuto di oleico minore rispetto a quello di climi più freddi. Altro monoinsaturi presenti sono il palmitoleico (C 16:1) e l’eicosenoico (C 20:1). Importante il contenuto di polinsaturi soprattutto di acido linoleico (C 18:2) che può variare tra il 3, 5 e il 18%. Tra i saturi predomina il palmitico (C 16:0) tra il 7 e il 20%, seguito dallo stearico (C 18:0). Sono presenti anche saturi particolari come l’eptadecanoico (C 17:0), l’arachico (C 20:0) e il lignocerico (C 24:0).

Analisi sul contenuto in grassi di vari oli hanno mostrato che negli oli tunisini si trova una maggiore quantità di palmitico mentre l’oleico è meno abbondante, in quelli spagnoli sono presenti valori elevati di eptadecanoico, mentre in Grecia sono presenti quantità elevate di stearico. Gli oli italiani hanno in genere un elevato tenore di acido oleico, fatta eccezione per quelli siciliani in cui l’oleico è un poco più basso, mentre è più elevata la presenza di stearico e linoleico.

Tra i costituenti della frazione insaponificabile sono stati identificati oltre 220 sostanze, alcune delle quali responsabili degli aromi e dei sapori dell’olio, mentre altre hanno importante azione antiossidante. Molto abbondante è lo squalene, un idrocarburo con potente azione antiossidante. Rilevante il contenuto di fitosteroli, soprattutto β-sitosterolo, Δ-5 avenasterolo e campesterolo. L’olio di oliva è l’unico olio vegetale con un buon contenuto di sostanze fenoliche: si tratta di flavonoli, flavoni ed antociani, tipici di tutto il mondo vegetale, e di secoiridoidi, come oleuropeina, ligustroside, verbascoside e derivati, che sono tipici del solo olio di oliva. L’oleuropeina è il composto fenolico più abbondante ed è costituito da acido elenolico e idrossitirosolo.

Il colore dell’olio di oliva è dovuto alla presenza di diversi carotenoidi e clorofille la cui quantità dipende da varietà, maturazione, metodo di estrazione e conservazione del prodotto. In genere l’olio di oliva prodotto all’inizio della raccolta ha un contenuto di clorofille decisamente superiore rispetto a quello prodotto verso la fine della campagna.

L’olio di oliva e la salute

L’olio d’oliva è la superstar della dieta mediterranea, un modello alimentare all’insegna della frugalità, di alimenti semplici, per la maggior parte di origine vegetale, che ha mostrato in un gran numero di studi un importante effetto protettivo nei confronti di varie patologie, in specie quelle cardiovascolari.

L’olio di oliva, a differenza della maggior parte degli altri oli vegetali, deriva da un frutto e non da un seme, e i frutti sono una delle principali fonti naturali di sostanze ad azione antiossidante. La presenza di queste sostanze rende l’olio molto resistente ai processi di perossidazione di cui sono facilmente vittima altri oli vegetali, ricchi di grassi insaturi, e quindi facilmente soggetti a questi processi degradativi. Gli antiossidanti più importanti sono i vari composti fenolici presenti, in specie interessanti idrossitirosolo, oleuropeina e un suo derivato recentemente isolato, l’oleocantale.

Un altro dato importante è la presenza in quantità rilevante di acido oleico, un grasso che avendo un solo doppio legame è meno suscettibile all’ossidazione rispetto ai polinsaturi presenti egli altri vegetali. L’oleico risulta neutro nei confronti del colesterolo, non determinandone variazioni apprezzabili oppure facendo registrar euna piccola riduzione della frazione LDL, e potrebbe essere coinvolto nel sopprimere l’azione di alcuni oncogeni responsabili di alcune forme tumorali.

Olio di oliva e malattie cardiovascolari

Oleuropeina, idrossitirosolo e acido elenolico presentano proprietà antiaterogeniche, inibiscono la formazione della placca e riducono lo stato infiammatorio che ne favorisce la deposizione, con una azione che si esplica sia a livello di specifiche vie metaboliche sia direttamente a livello del genoma. Inoltre queste sostanze possono contribuire ad un miglioramento del metabolismo dei lipidi con riduzione di trigliceridi, colesterolo totale e colesterolo LDL. E infine diversi studi su popolazioni con elevato consumo di olio d’oliva ne hanno evidenziato una possibile azione antipertensiva. Diversi studi tra cui il PREDIMED (PREvención con DIeta MEDiterránea) hanno mostrato che un maggior consumo di olio, soprattutto di olioextravergine di oliva, è associato ad una riduzione della mortalità per eventi cardiovascolari di circa il 10% per ogni 10 grammi in più di olio EVO consumati durante il giorno. Il che non significa che vi dovete attaccare alla bottiglia d’olio e berlo in libertà, m magari utilizzarlo, soprattutto a crudo, senza attenzione spasmodica alla quantità utilizzata. [9, 10, 11, 12, 13, 14]

Olio di oliva e cancro

Un buon consumo di olio EVO pare avere azione protettiva nei confronti di alcuni tipi di tumore, in particolare quelli di colon, seno e pelle. L’effetto protettivo sarebbe dovuto sia all’azione antiossidante dei vari composti fenolici, sia alla capacità dell’oleuropeina di ridurre la formazione di nuovi vasi, essenziali per la crescita tumorale, e di ostacolare lo sviluppo delle cellule cancerose. L’effetto è rilevante nei confronti del cancro del colon, sia con consumo di olio crudo che di olio cotto,  è apprezzabile per il tumore del seno, dove oltre che l’azione dei polifenoli si ritiene che un ruolo lo svolga anche l’acido oleico che incorporato nella membrana delle cellule dei tessuti mammari, può contribuire a ridurre i processi di perossidazione lipidica. Infine, nel modello animale l’olio di oliva ha anche mostrato la capacità di ridurre lo sviluppo di cellule carcinose nella cute in seguito ad esposizione a reggi ultravioletti, quando applicato direttamente sulla pelle. [15, 16, 17, 18]

L'olio di oliva è una vera e propria miniera di sostanze bioattive, con oleuropeina e oleo in primo piano.

L’olio di oliva è una vera e propria miniera di sostanze bioattive, con oleuropeina e oleocantale in primo piano.

Altri effetti dell’olio sulla salute

L’olio EVO ha anche effetti antidiabetici, con riduzione della glicemia, riduzione dell’assorbimento e della digestione dei carboidrati a livello intestinale, modificazione dell’espressione dei geni coinvolti nella termoregolazione, sintesi dei lipidi e e insulino-resistenza, aumento della sensibilità all’insulina e protezione delle cellule pancreatiche dal danno ossidativo. I polifenoli dell’olio proteggono il fegato dai danni che risultano dall’alterazione del metabolismo dei lipidi e dall’accumulo di grassi tipico delle steatosi. [19, 20, 21, 22]

Diversi studi, soprattutto in vitro, mostrano come i polifenoli dell’olio di oliva possano ridurre la formazione di aggregati amiloidi in vari tipi cellulari agendo contro patologie neurodegenerative associate all’età e allo stile di vita come il Parkinson e l’Alzheimer. Purtroppo mancano ancora dati derivanti da studi umani. [23]

Un buon consumo di olio EVO stimola la produzione di osteoblasti, le cellule responsabili della formazione di nuovo tessuto osseo, con una azione diretta dei polifenoli su questi tipi cellulari, un promettente indirizzo di ricerca per interventi in adulti ed anziani con problemi legati a osteoporosi. [24]

Infine alcuni studi hanno utilizzato importanti quantità di olio di oliva in diete dimagranti e in diete chetogeniche definite Mediterranee proprio per l’uso di questo alimento, con buoni risultati sulla composizione corporea, riduzione della massa magra e del grasso addominale e miglioramento di diversi parametri metabolici. [25, 26]

Una nota importante: molti di questi studi, perlomeno quelli effettutati a livello di popolazione, sono stati compiuti considerando consumi di olio extra vergine di oliva pari o superiori ai 40 grammi/giorno, una quantità che è vicina ai valori di consumo medio per le popolazioni mediterranee, pari a 15kg/anno. E la dieta di questi soggetti comprende anche molti altri alimenti con azioni decisamente positive sulla salute come verdure, legumi, aglio, pesce azzurro. Certo l’olio dà un contributo importante, ma deve essere di buona qualità, in quantità adeguate e accompagnato da alimenti giusti.

L’olio di oliva in cucina

Quando acquistate olio di oliva leggete attentamente l’etichetta. Fondamentale è la denominazione, che può essere accompagnata da altre indicazioni tra le quali importanti sono il metodo di produzione, il numero di perossidi e la presenza di polifenoli.

Preferite olio extra vergine di oliva, la cui acidità per legge deve essere inferiore allo 0,8% e il numero di perossidi al di sotto dei 20 Meq/Kg, ottenuto con spremitura a freddo — gramolazione con temperature inferiori ai 27°C che ne preserva al meglio caratteri organolettici e proprietà nutritive — e con un contenuto di polifenoli, purtroppo non sempre indicato, espresso come presenza di idrossitirosolo superiore a 250 mg/kg.

In Italia esistono oltre 40 oli con Denominazione di Origine Protetta (DOP) e un olio, quello “Toscano”, con Indicazione Geografica Protetta (IGP), marchi attribuiti dall’Unione Europea qunado la produzione dell’olio segue un disciplinare ben preciso che ne regola tutte le fasi, dalla coltivazione, alla raccolta, alla lavorazione, fino alla conservazione. Si tratta di prodotti di qualità e spesso, abbastanza costosi. Nel caso dell’olio la qualità dell’alimento si paga: diffidate degli oli a basso costo che spesso non presentano quelle caratteristiche positive di cui abbiamo discusso e talvolta sono il frutto di sofisticazioni o frodi alimentari.

Una volta acquistato l’olio va conservato in latte di acciaio inox o in bottiglie di vetro scuro, protetto da luce e calore, per impedire processi di degradazione che porterebbero alla formazione di prodotti di ossidazione dei grassi, con irrancidimento e scadimento delle qualità del prodotto.

Il modo migliore per gustare al meglio l’olio di oliva è di aggiungerlo come condimento a crudo. In questo modo si godranno in pieno gli aromi e i sapori del prodotto e si avrà la massima assunzione degli antiossidanti e dei composti bioattivi presenti. L’olio extra vergine è il condimento ideale per verdure ed insalate, per piatti a base di legumi, per zuppe e minestre, cui dona un tocco piccante e fruttato. Il gusto dell’olio crudo è dato dalla complessa interazione tra le varie sostanze presenti, fenoli, terpeni, esteri e dipende da un grandissimo numero di fattori. Il tocco piccante e pungente dell’olio non è dovuto, come qualcuno potrebbe pensare, agli acidi grassi liberi presenti, la cui acidità è praticamente impercettibile, ma all’oleocantale, un composto fenolico che si lega a recettori presenti nella faringe, dando la caratteristica sensazione avvertita proprio in gola. [27]

La fettunta toscana, una bella fetta di pane toscano abbrustolito condito con del buon olio, aglio per i più audaci,  e un pizzico di sale è un’ottima merenda. Io ci sono cresciuto con la bruschetta, nella fattoria dei miei nonni, sulle colline del Valdarno, e ricordo ancora con commozione la bontà dell’olio appena spremuto. Le friselle prugliesi, condite con olio e pomodoro sono un altro modo di esaltare al meglio i pregi e il gusto di un buon olio.

Olio extra vergine di oliva, uso in cucina

Uno dei modi migliori di gustare un buon olio di oliva: una fetta di pane abbrustolito, un poco d’aglio (se vi sentite asociali) e il miglior olio extra vergine di oliva sul quale riusciate a mettere le mani.

L’olio può anche essere utilizzato per conservare alimenti di vario tipo, grazie alla sua azione antimicrobica, proteggendoli dal contatto con l’aria e dal la crescita di patogeni aerobi. Ovviamente non offre protezione contro batteri anaerobi, come il Clostridium botulinum, o muffe. Se preparate in casa conserve sottolio, cercate di seguire scrupolosamente le indicazioni riportate in questa pubblicazione del Ministero della Salute. [28, 29]

Un pregio interessante della conservazione di pesce con olio di oliva, il classico tonno sottolio, è legata all’effetto che gli antiossidanti presenti nell’olio esercitano nei confronti degli acidi grassi omega3, grassi molto sensibili a processi ossidativi, che risultano protetti e meglio conservati proprio grazie all’azione dell’idrossitirosolo e del tirosolo dell’olio EVO. [30, 31]

L’olio EVO può essere utilizzato per preparare marinature per pesce o carne prima, o per bagnare il cibo durante, la cottura. Possono essere utilizzate spezie ed erbe, limone e d aceto. Ancora una volta i composti fenolici presenti esplicano un’azione protettiva, in questo caso nei confronti delle proteine, riducendo i processi che portano alla formazione di ammine eterocicliche, composti potenzialmente cancerogeni. [32, 33]

L’utilizzo dell’olio EVO per la cottura del pomodoro, altro alimento ricco di antiossidanti, licopene e carotenoidi soprattutto, riduce la perdita di questi composti durante la cottura e ne aumenta la loro disponibilità. Come dire, una possibile giustificazione al consumo di sughi o pizza. Ma non fatevi trasportare dall’entusiasmo! [34]

L’olio di oliva è anche utilizzato per friggere. La controversia sul tema è lunga e accesa. L’olio extra vergine ha un punto di fumo di 210°C — la temperatura alla quale iniziano processi degradativi con formazione di sostanze tossiche come l’acroleina — dato che varia sensibilmente in funzione di tipo e caratteristiche dell’olio usato. Vari studi mostrano che la frittura con olio EVO, a temperature intorno ai 180°C per periodi di tempo variabili tra i 60 e i 120 minuti, può portare ad una minor formazione di acroleina e altri prodotti tossici rispetto ad altri oli vegetali. Inoltre la frittura con olio EVO porta ad un accumulo significativo di vari composti antiossidanti sulla crosta del cibo, antiossidanti che sono molto stabili, e resistono bene a temperature elevate esplicando così la loro azione protettiva. Questi effetti positivi sono maggiori per frittura ad immersione piuttosto che per frittura in padella. Il che non vi autorizza a mangiare fritto una volta al giorno. [35]

Un alimento ricco di pregi e virtù nutrizionali, da usare con misura, in alimentazione equilibrata e varia, con tante verdure, frutta, legumi e cereali, uova, pesce e carne di qualità.

Buona bruschetta a tutti! E che l’olio sia extra vergine.