Non passa un giorno senza che nei media non appaiano i risultati di qualche studio scientifico che  ci dice che un certo alimento può curare questa malattia mentre  un altro alimento può causare quella. Questa massa di dati, spesso controversi, può generare confusione. Come è possibile orientarsi in questa giungla intricata di informazioni?

Nel campo della nutrizione, e non soltanto, gli studi scientifici sono spesso branditi come armi per supportare le tesi più diverse: l’alimento X cura il cancro, evitate l’alimento Y perché invece il cancro lo crea, non fate colazione perché ingrassate, fate colazione perché altrimenti ingrassate e così via, di semplificazione in semplificazione, travisando spesso in maniera grossolana e fraudolenta lavori che hanno uno scopo ed un valore del tutto diversi. Uno studio che supporti una tesi — anche idiota, soprattutto idiota — cercando abbastanza a lungo nella letteratura scientifica sul tema, prima o poi lo si trova, tutto sta a vedere il valore dello studio e l’applicabilità dei risultati alla situazione  in esame.

Non tutti gli studi hanno lo stesso valore e non tutti i risultati possono essere automaticamente utilizzati per risolvere un determinato problema. Nel corso degli anni 90 del secolo scorso in campo medico si è venuto affermando il concetto di Evidence Based Medicine, la medicina in cui le decisioni cliniche sono basate su un processo di ricerca e valutazione critica delle evidenze, ovvero i risultati di studi e lavori scientifici, nell’area di interesse sprecifico. Senza entrare in campo medico, che non è di mia competenza, gli strumenti e i criteri alla base della EBM possono essere utilizzati con efficacia nel valutare la bontà degli studi che ci troviamo ad esaminare.

La piramide delle evidenze scientifiche per la valutazione degli studi nel campo della nutrizione e dell'alimentazione

La piramide delle evidenze scientifiche: man mano che si sale verso l’alto aumenta l’affidabilità dei dati riportati, sottoposti ad uno scrutinio e ad una revisione che garantiscono della solidità dei risultati attraverso una valutazione critica ed attenta dei dati disponibili.

Valutare gli studi: la piramide delle evidenze

Nella EBM quando si valutano gli studi scientifici si parla di una Piramide delle Evidenze, un semplice diagramma che ordina i differenti tipi di studi analisi per gradi di accuratezza, affidabilità, ridotti margini di errore e  minima vulnerabilità a bias, o distorsioni, derivanti da fattori confondenti che potrebbero aver in qualche modo alterato i risultati. Vediamo più da vicino i gradini che costituiscono questa piramide.

Studi di laboratorio e studi su modelli animali

Alla base della piramide troviamo gli studi preliminari, gli studi di laboratorio eseguiti su tipi cellulari o tessuti, oppure su modelli animali, in genere topi, ma non soltanto. Si tratta di ricerca di base, assolutamente necessaria per individuare nuove aree di indagine, interessanti e potenzialmente produttive.

In campo nutrizionale questi studi, che stando alla base evidentemente devono essere considerati semplicemente delle indicazioni di ricerca, vengono invece spesso utilizzati come definitiva prova della bontà di un alimento, magari perché contiene la sostanza X che in vitro ha mostrato di inibire la crescita di cellule cancerose. Niente di definitivo, invece: qui siamo soltanto alla fase preliminare e l’applicabilità e le possibilità di trasferire quanto individuato nella pratica sono ancora tutti da dimostrare. Non che lavori di questo tipo vadano snobbati, ma debbono essere messi nella giusta prospettiva: punti di partenza, tutti da verificare negli esseri umani.

Informazioni, opinioni, esperienze di esperti

Per molti questa è la vera base della piramide, il primo vero gradino.  Si tratta proprio delle opinioni e delle considerazione degli esperti di un determinato settore, non sempre supportate da adeguata ricerca di base. Si tratta ovviamente di pareri ed esperienze importanti ma potenzialmente influenzate da fattori personali: convincimenti, opinioni, fino ad arrivare a posizioni filosofiche e politiche.

Spesso ci capita di vedere il parere del celebre medico X o dello scienziato Y tirati in ballo a supporto del consumo o meno di un alimento o a sostegno di diete specifiche e particolari. Si devono sempre considerare queste posizioni con molta attenzione, valutandole alla fine per quello che sono: opinioni informate di un soggetto o di un gruppo di soggetti, importante materiale di riflessione  da approfondire alla ricerca di evidenze più solide.

Studi caso-controllo

Si tratta di studi osservazionali nei quali un gruppo di soggetti che soffre di una certa patologia viene posto a confronto con un gruppo di soggetti simili ma non affetti andando a valutare se ci sono state esposizioni a specifici fattori che possano aver causato la malattia.  Studi di questo tipo sono quelli che tentano di stabilire l’esistenza di un legame tra il consumo di certi alimenti, grassi saturi ad esempio, e specifiche malattie come patologie cardiovascolari o alcune forme di cancro.

Sono studi poco costosi e di facile esecuzione ma i risultati devono essere maneggiati con attenzione, perché si tratta di lavori soggetti a possibili fattori confondenti e i cui dati in genere provengono dal passato comportamento dei gruppi studiati e sono quindi soggetti a errori anche rilevanti (ricordate con precisione cosa avete mangiato la settimana scorsa?).

In genere attraverso questi studi si mostra una correlazione tra un determinato fattore e una patologia, ma bisogna sempre considerare che la correlazione non necessariamente implica causalità. Diciamo che anche questi lavori devono essere considerati interessanti punti di partenza per ricerche più approfondite.

Studi di coorte

Sono studi che seguono grandi gruppi di persone per lunghi periodi, raccogliendo una grande massa di informazioni relative a variabili di interesse come consumo di certi alimenti, stili di vita e così via.  Dopo un determinato lasso di tempo alcune caratteristiche delle coorti sono comparate a gruppi di controllo, spesso la popolazione nel suo intero, al fine di testare specifiche ipotesi. L’obbiettivo è di identificare quelli che sono i potenziali fattori di rischio nella popolazione studiata.

In questi studi sono cruciali sia la selezione dei soggetti che costituiscono la coorte esaminata, sia l’indagine accurata di abitudini, esperienze ed esposizione a specifici fattori. Molti lavori di questo tipo sono utilizzati nel campo della nutrizione sia in maniera indiretta, sfruttando i dati raccolti in studi più generali come il Framingham Heart Study e il Nurse’s Health Study, sia direttamente con studi mirati come il Seven Country Study, lo studio prospettico nato dai lavori di Ancel Keys alla base della fama, meritata, della Dieta Mediterranea come stile di vita in grado di ridurre l’incidenza di patologie cardiovascolari.

Si tratta di studi complessi da realizzare e relativamente costosi, in grado tuttavia di generare una grande quantità di dati quando lo studio sia protratto nel tempo: alcuni lavori di questo tipo possono addirittura andare avanti per diversi decenni. Seguendo da vicino i soggetti sono meno vulnerabili a distorsioni e fattori confondenti, tuttavia si tratta ancora di studi che portano soprattutto a stabilire correlazioni non diretta causalità e sono comunque vulnerabili alla variazione nel tempo delle coorti studiate e all’effetto di dati confondenti.

Studi clinici randomizzati

In questi studi i soggetti vengono assegnati in maniera casuale ( il termine inglese random significa proprio questo: casuale) a due gruppi, uno dei quali viene sottoposto ad un determinato intervento mentre l’altro è utilizzato come gruppo di controllo. L’assegnazione casuale ai due gruppi riduce la possibilità di distorsioni e aumenta la probabilità che le differenze siano effettivamente dovute al trattamento utilizzato.

Sono studi molto interessanti quando si tratta di testare il legame che esite tra il consumo di una certa sostanza, ad esempio una vitamina, e l’insorgere di patologie come il cancro: da una semplice correlazione si può arrivare a stabilire un nesso di causalità quando lo studio sia ben progettato e condotto. In questo particolare contesto sono molto interessanti gli studi randomizzati in doppio cieco, in cui nè i soggetti dei due gruppi nè gli sperimentatori sanno effettivamente chi stia ricevendo il trattamento e chi un semplice placebo: facile da fare con uno specifico nutriente o una particolare sostanza ad azione antiossidante o di altro tipo che può essere somministrata in forma di pillola. Il doppio cieco, assieme alla randomizzazione dei pazienti, riduce al minimo ogni distorsione e minimizza anche il possibile effetto placebo — il convincimento ottimistico di pazienti e sperimentatori che il trattamento in esame possa produrre risultati positivi — dando risultati di notevole valore scientifico.

I risultati sono più deboli quando si vada a studiare l’efficacia di una dieta nel modificare specifici parametri o nel determinare particolari esiti: i fattori confondenti in gioco sono molti e spesso i partecipanti hanno difficoltà nel seguire correttamente la dieta indicata per periodi di tempo prolungati. I dati ricavati in questo caso vanno interpretati con attenzione, hanno comunque un valore importante ma, ovviamente, non definitivo.

Revisioni sistematiche e meta-analisi

In una revisione sistematica la letteratura scientifica disponibile su di un determinato tema viene raccolta ed esaminata andando a individuare tutti quegli studi che soddisfano specifici criteri: i risultati degli studi giudicati idonei vengono quindi riportati facendo riferimento ad un metodo esplicito e riproducibile.

Nella meta-analisi si fa un passo ancora più avanti e i risultati degli studi che superano i rigorosi criteri di selezione e giudizio vengono rielaborati e combinati come fossero un singolo studio. In pratica si tratta di una analisi di analisi  che utilizza sofisticati metodi statistici al fine di integrare i risultati dei lavori in esame, in modo da dare ordine e rigore alla massa sempre crescente di studi disponibili.

Qui siamo al livello più alto della piramide. Le revisioni e le meta-analisi sono le evidenze più importanti che possiamo trovare nella letteratura scientifiche, quelle che vengono utilizzate nello stilare linee guida e position statement di organismi governativi e associazioni professionali.

Ovviamente anche a questo livello non siamo certo immuni da potenziali problemi: la qualità degli studi di partenza, la loro eterogeneità, la difficoltà di discriminare tra popolazioni specifiche, errori nella metodologia di estrazione dei dati e nella loro elaborazione e infine il cosiddetto “publication bias“, il fatto cioè che in genere gli studi pubblicati sono soprattutto quelli con risultati positivi, mentre quelli con risultati negativi sono molto rari o inesistenti, una situazione che rende il quadro complessivo derivante da questi lavori potenzialmente suscettibili a distorsioni in senso positivo. [1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9]

Valutare gli studi: alcuni punti da considerare

Quando leggete che uno studio ha dimostrato questo o quello, in genere mirabolanti metodi di cura per le malattie più diverse, cercate di capire in primo luogo di che tipo di studio si sta parlando: se a supporto della tesi si portano studi su cellule o animali diciamo che quei dati hanno valore come spunti di ricerca, ma la loro applicabilità pratica è tutta da dimostrare.

Più affidabili sono gli studi su gruppi di soggetti, in particolar modo interventi randomizzati, magari in doppio cieco, dove si tenta di ridurre al minimo l’influenza di fattori distorsivi. Ovvio che i livelli più alti di evidenza si hanno quando i risultati vengono filtrati e rielaborati come avviene nelle revisioni e nelle meta-analisi.

Ricordate infine che le linee guida, come quelle del CREA Alimenti e Nutrizione, sono elaborate da gruppi di esperti sulla base delle evidenze raccolte in studi, revisioni e meta-analisi.

Chiedetevi chi sono gli autori degli studi, a quali Università o Organizzazioni appartengono, valutate se gli autori hanno o meno interessi in gioco — interessi e conflitti di interesse dovrebbero essere dichiarati in calce agli studi — cercate di stabilire se lo studio è stato sponsorizzato da aziende che hanno specifici interessi nel settore e infine valutate la rivista su cui lil lavoro è stato pubblicato: uno studio proveniente da un’oscuro foglio a ridottissima circolazione non è certo stato sottoposto all’attento esame  di lavori che compaiono in riviste scientifiche con un impact factor — una specie di summa del prestigio della rivista e del numero di citazioni che gli studi pubblicati si guadagnano — molto elevato.

Come vedete la scienza è molto cauta e prima di gridare al miracolo tende a vagliare con molta attenzione i dati disponibili. E altrettanto cauti dovreste essere voi nel valutare le diverse informazioni che costantemente vi sono proposte nel campo della nutrizione. E ricordate che la scienza fa del dubbio sistematico il suo punto di riferimento, rimettendo costantemente in gioco quanto acquisito alla luce di nuove e più stringenti evidenze man mano che queste diventano disponibili.

Pensate che in campo scientifico ogni lavoro è sottoposto ad un costante lavoro di verifica dei dati, di revisione e di analisi al fine di scartare ipotesi non supportate dai dati e che questo è un lavoro collaborativo in cui sono costantemente coinvolti tutti gli addetti ai lavori.

Pensateci bene e poi chiedetevi di che cosa ci si può fidare di più: di questo continuo lavoro di approfondimento, ricerca, verifica e revisione o della maree di idiozie che trovate in rete, magari spacciate come frutto di “ricercatori indipendenti” — in genere sinonimo di cialtroni — nascoste dai poteri forti, estremamente efficaci nella cura di un qualche mitico “cuggino” o “amico di un mio amico”.

Siate critici nei confronti di ogni frammento di informazione che vi arriva, tanto più quanto riguarda la vostra salute.

PS: Allora perché citi spesso studi su animali o in laboratorio?

Chi segue il mio lavoro sa che parlando delle proprietà nutritive dei vari alimenti spesso cito lavori eseguiti in laboratorio o su modelli animali che indicano come certe sostanze presenti possano avere effetti postivi di qualche tipo. Perché lo faccio, visto che siamo ancora alla base della piramide? Non faccio parte anche io di quelli che creano speranze e illudono gli sciocchi decantando le virtù salvifiche dei cibi?

A prima vista potebbe sembrare così. Vi prego però di leggere meglio certi articoli: da nessuna parte scriverò mai che con il succo di melograna potete curare una specifica patologia. E in genere, quando tutto quello che posso riportare sono dati relativi alla ricerca di base mi preme anche segnalare come sia necessario smorzare gli entusiasmi e procedere con studi più approfonditi, magari passando a lavori sperimentali su umani — se tecnicamente possibile e eticamente corretto — possibilmente con studi clinici randomizzati e in doppio cieco.

Lo scopo, nel citare questi lavori, è quello di mostrarvi come sia necessario variare il più possibile la nostra dieta per avere un apporto costante della miriade di sostanze biologicamente attive presenti nei diversi alimenti, sostanze le cui azioni ed interazioni nel nostro organismo cominciamo soltanto adesso a comprendere e studiare. D’altra parte revisioni sistematiche e meta-analisi, i gradi più elevati di evidenza, sono chiari: un’alimentazione variata, ricca di nutrienti e non di calorie, con un elevato consumo di verdura e frutta, è essenziale per mantenersi in salute.

Io non ho certezze. In compenso ho molto dubbi, cerco e mi informo, raccolgo dati e cerco di lavorare seguendo quanto i dati, l’esperienza e il rapporto con il paziente mi suggeriscono. Sempre pronto a confrontarmi con nuovi dati e informazioni, man mano che diventano disponibili.

Diffidate delle certezze, quelle sono il dominio di altre sfere dell’esperienza umana, la scienza è fatta di dubbi e prove, un grande cammino fatto di piccoli passi, un immane sforzo collaborativo dell’umanità tutta per capire meglio noi stessi e l’universo che ci circonda.