Il problema del cibo, cosa mangiare e quanto, ha assunto ormai proporzioni enormi, e a ragione: il numero di individui obesi o affetti da diabete, sindrome metabolica e altre malattie riconducibili ad una cattiva alimentazione è in costante crescita nel mondo occidentale e in molti paesi in via di sviluppo. Tutto questo nonostante la massa di informazioni da cui siamo quotidianamente inondati.

Aldilà di una maggior disponibilità di cibo è evidente l’esistenza di fattori che hanno contribuito a distorcere il nostro rapporto con gli alimenti che consumiamo. Gli esseri umani sono onnivori, mangiano di tutto, e a questo dobbiamo il nostro successo evolutivo: ma capire cosa mangiare nel nostro caso è un poco più difficile che per una mucca, beata tra le sue erbette. Inoltre, e fortunatamente, per noi il mangiare non è soltanto un puro fatto biologico ma anche e soprattutto un fatto culturale, un modo di stare insieme, di comunicare e condividere.

Purtroppo questo gesto così importante e così semplice è stato reso incredibilmente complesso in quest’ultimo secolo. Eppure i nostri antenati se la sono cavata discretamente bene fin da quando sono scesi dagli alberi e hanno cominciato ad assaggiare un po’ di tutto quello che gli capitava a tiro. Forse la differenza sta nel fatto che piuttosto che parlare di nutrienti, macrominerali, antiossidanti e così via, un tempo si parlava di cibo. E il cibo deve tornare al centro dell’alimentazione: non è nè possibile nè corretto ridurre un pasto alle sue componenti biochimiche, ai nutrienti che contiene.

La triste verità, purtroppo, è che quello che molti di noi mettono in tavola ogni giorno spesse volte non è cibo, ma qualcosa che gli somiglia per forma, colore, tessitura, ben diverso però da quello che consumavano i nostri nonni.
La dieta occidentale è divenuta il trionfo della forma sulla sostanza, della quantità sulla qualità, di alimenti raffinati e ipercalorici che hanno appiattito ogni varietà riempiendo i piatti di un tripudio di cibi industriali, ricchi di grassi, sale, zucchero. Sulle nostre tavole si trova di tutto tranne che frutta, verdure, cibi integrali e carne e pesce di buona qualità. In un interessante libro del 2008 il giornalista americano Michael Pollan affronta il problema di una corretta alimentazione e trova una risposta che a mio parere è pressoché perfetta:”Mangia del cibo, non tantissimo, soprattutto vegetali”.

Parlare oggi di cibo, quando tutti citano le virtù magiche dell’epigallo-catechin-gallato o i pericoli connessi all’eccesso di acidi grassi omega6, è sicuramente controcorrente ma assolutamente necessario. E Pollan non trascura di definire cosa intenda per cibo affermando: «Non mangiare nulla che tua bisnonna non saprebbe riconoscere come cibo» il che esclude gran parte dei misteriosi prodotti che assomigliano al cibo ma i cui ingredienti sono purtroppo ben diversi: biscotti con una lista di 25 ingredienti, i cui nomi metterebbero in difficoltà anche un Nobel per la chimica, o creme di formaggio che di formaggio hanno poco più dell’aroma e così via.

Mangiare cibo, vero. È un piccolo passo, sicuramente impegnativo, ma che può regalarci un grande giovamento per la nostra salute e anche, perché no, per il nostro aspetto.