Tutte le culture sulla faccia del pianeta hanno messo a punto la loro bevanda alcolica preferita. Un bicchiere può rilassarci e renderci più allegri, addirittura può diminuire il rischio di certe patologie, ma quando esageriamo gli effetti negativi non tardano a farsi sentire e il rischio di contrarre alcune malattie aumenta sensibilmente. Cerchiamo di capire cosa succede quando beviamo.
Tutte le bevande alcoliche contengono alcol etilico, etanolo per i più istruiti, un composto con formula CH3CH2OH. Si tratta di una sostanza che il nostro organismo converte dapprima in acetaldeide, un composto tossico responsabile di tutti gli sgradevoli effetti immediati legati al consumo esagerato, e quindi in acetato, un composto da utilizzare nei vari processi energetici. L’alcol è quindi, a tutti gli effetti, un nutriente: un grammo di alcol apporta infatti ben 7 calorie, quasi il doppio delle 4 calorie di zuccheri e proteine, un poco sotto le nove calorie di un grammo di grassi: un bicchiere di vino rosso da 150ml ha circa 120kcal,  mentre una birra media può arrivare a oltre 220 kcal.  Quello che differenzia l’alcol dagli altri nutrienti è il fatto che si tratta, a differenza di questi, di una sostanza estranea all’organismo, che la assorbe rapidamente ma che ne elimina soltanto piccole quantità a livello di reni e polmoni. La maggior parte dell’alcol viene eliminato a livello del fegato attraverso processi ossidativi e questo pone un forte carico sull’organo che è il primo a accusare gli effetti deleteri di un eccessivo gusto per le bevande alcoliche.

Ascolta la versione audio di questo articolo su Spreaker!

 

Alcol e bevande alcoliche

A giudicare dai ritrovamenti archeologici parrebbe che una delle prime preoccupazioni di ogni civiltà sia stata quella di prodursi bevande alcoliche ricavandole dalle fonti più diverse, succhi di frutta, miele , patate o cereali; materie prime contenenti zuccheri che possono essere fermentati da specifici lieviti con produzione di alcol etilico. Ovviamente l’alcol non è l’unica sostanza presente ma è accompagnata da tutta una serie di altri composti, aldeidi, acidi, esteri, tannini, minerali, sostanze aromatiche, che conferiscono alle diverse bevande il loro caratteristico gusto, accompagnato da aromi e colori attorno ai quali sono stati costruiti immensi castelli culturali e commerciali; pensiamo all’importanza che vino e birra hanno nel mondo.

Gli astuti umani si accorsero anche che distillando diverse bevande alcoliche era possibile ottenere bevande con un contenuto alcolico ancora maggiore,  le cosiddette bevande spiritose -e in effetti se esagerate vi faranno ridere parecchio; prima, dopo si soffre- che a seconda del materiale di partenza contengono ancora piccole quantità di altre sostanze volatili che danno loro il tipico gusto: grappa e brandy si ricavano dal vino, il whisky si ottiene da orzo fermentato, il rum dalla melassa, il bourbon da mais fermentato e la vodka da grano o patate fermentati.

In pratica tutto pur di godere degli effetti disinibenti e euforizzanti dell’alcol. Con gli inevitabili postumi del mattino dopo.

Alcol e metabolismo

La commovente fantasia degli esseri umani nel ricavare bevande alcoliche praticamente da tutto.

Che succede quando beviamo: il metabolismo dell’alcol

Piccole quantità di alcol sono presenti nel nostro organismo, ad esempio quelle prodotte dai batteri intestinali, ma non hanno alcun ruolo metabolico. L’alcol è assorbito molto rapidamente, particolarmente se consumato a stomaco vuoto. Altri fattori che influenzano la velocità di assorbimento sono:

  • il tipo di bevanda alcolica, l’alcol nella birra viene assorbito più lentamente di quello del vino;
  •  la gradazione, assorbimento più rapido con contenuto alcolico intorno al 20%, più lento con valori superiori;
  • la presenza di CO2; la presenza di anidride carbonica nelle bevande gassate rallenta la velocità di assorbimento dell’alcol.

Soltanto il 10% dell’alcol consumato è eliminato attraverso la respirazione,  il sudore o le urine mentre il restante 90% raggiunge il fegato, unico organo in grado di ossidarlo.  La capacità del fegato di processare l’alcol è limitata, gli enzimi che si occupano di questi processi possono detossificare non più di una decina di grammi di alcol all’ora. Le sostanze tossiche in eccesso se ne vanno quindi a spasso per il corpo determinando effetti più o meno rilevanti a seconda della quantità di alcol consumata.

L’alcol in circolo determina tutta una serie di particolari effetti: a livello del sistema nervoso ha azione depressiva, interferendo con l’attività di numerosi sistemi di neurotramissione, rallentandone l’attività e la velocità di lavoro; dapprima si diventa euforici, rilassati e felici ma man mano che l’alcol si accumula e la velocità di trasmissione dell’impulso nervoso si riduce, subentrano difficoltà nel movimento, scadimento dei tempi di reazione, difficoltà di articolazione del discorso, confusione mentale e così via, fino ad arrivare al coma etilico. L’alcol agisce anche sugli organi dell’equilibrio con perdita progressiva dello stesso; il passo diviene incerto e barcollante, come ben sa chiunque abbia visto un ubriaco intento a camminare in linea retta. L’alcol aumenta anche la frequenza del battito cardiaco e la pressione arteriosa. L’alcol infine è un potente diuretico, riduce infatti la secrezione della vasopressina, un ormone che a livello dei reni stimola il riassorbimento di acqua, e determina quindi la perdita di una grande quantità di acqua attraverso le urine, tanto che parte dei postumi di un’ubriacatura possono essere imputati allo stato di disidratazione che l’accompagna.

Nel fegato l’alcol è metabolizzato da tre diversi sistemi enzimatici:

  1. il sistema dell’alcol deidrogenasi è attivo nel citoplasma delle cellule epatiche -e in misura minore in altri tipi cellulari- e catalizza il trasferimento di uno ione idrogeno dall’alcol al cofattore NAD+ con formazione di acetaldeide, una sostanza tossica responsabile di molti degli effetti deleteri dell’alcol.
  2. una parte dell’alcol che arriva al fegato è processata dal sistema microsomiale di ossidazione dell’alcol (MEOS), localizzato nel reticolo endoplasmatico, sistema che coinvolge anche il citocromo P450, enzima coinvolto nella detossificazione di numerose sostanze tra cui molti farmaci. Anche in questo caso viene prodotta acetaldeide che deve successivamente essere ossidata. Si pensa che il contributo all’ossidazione dell’alcol sia intorno al 20%.
  3. infine vi è una terza via catalizzata dall’enzima catalasi nei perossisomi, organelli che funzionano un poco come discariche e della cellula, ancora con formazione di acetaldeide. È attivato con l’assunzione di massive quantità di alcol.

L’acetaldeide prodotta in questi processi è trasportata nel mitocondrio dove , ancora una volta con l’ausilio di NAD+, viene ossidata ad acido acetico per azione dell’enzima aldeide deidrogenasi. Un sistema ingegnoso che permette di trasformare sostanze non desiderabili in un composto, l’acido acetico, che assieme al NAD ridotto può entrare nei cicli metabolici cellulari con produzione di eneregia. In realtà parte dell’acetaldeide prodotta lascia il fegato, se ne va a spasso per il corpo e determina i fastidiosi effetti legati ad un eccessivo consumo di alcol, in particolare nausea e vasodilatazione superficiale, accompagnata spesso da imponenti mal di testa. Secondo alcuni autori l’acetaldeide è implicata anche nei meccanismi di dipendenza, probabilmente per interazione con il metabolismo delle MAO -monoamminoossidasi-
Da rilevare che nelle popolazioni orientali -cinese e giapponese soprattutto- la presenza dell’enzima che ossida l’acetaldeide è notevolmente ridotta e quindi la nausea e l’arrossamento legati al consumo di alcol sono notevolmente amplificati. Uno dei farmaci utilizzati per trattare soggetti alcolizzati, il disulfiram, agisce in effetti rallentando l’azione dell’aldeide deidrogenasi, con conseguente accumulo di acetaldeide e induzioni di severi malesseri che dovrebbero scoraggiare il consumo di alcolici.

Il sistema microsomiale di ossidazione dell’alcol è inducibile: in pratica, più alcol si consuma maggiore è la capacità dell’organismo di processarlo, in particolar modo da parte del sistema che coinvolge il citocromo P450. Poichè il citocromo partecipa anche a processi di detossificazione di molte altre sostanze, tra cui numerosi farmaci, un abuso di alcol può alterarne in modo severo la funzionalità. Un alcolizzato sobrio ad esempi inattiverà certi farmaci molto rapidamente, tanto che questi non potranno esercitare la loro azione, mentre nell’alcolizzato ubriaco l’etanolo andrà in competizione con i farmaci a livello del citocromo, con il risultato di una ridotta inattivazione del farmaco che potrebbe esercitare la propria azione più a lungo e con maggior efficacia, tanto da poter determinare conseguenze gravi se non letali: è il caso dei barbiturici assunti assieme a sostanze alcoliche, barbiturici la cui azione è amplificata dalla contemporanea presenza di alcol con conseguenze anche fatali.
Se il consumo di alcol è elevato l’acetaldeide in eccesso che si forma può essere utilizzati in altri processi ossidativi portando alla formazione di quantità rilevanti di radicali liberi in grado di causare rilevanti danni agli epatociti, danni che si accumulano nel tempo e che possono portare alla morte degli epatociti con aumento progressivo del danno che può portare a epatite alcolica e cirrosi.

La capacità complessiva dei sistemi enzimatici impegnati nell’ossidazione dell’alcol è relativamente modesta e si attesta intorno ai 150-180 grammi di alcol al giorno.

Gli uomini possono tollerare quantità maggiori di alcol rispetto alle donne. In primo luogo gli uomini hanno massa fisica maggiore delle donne e soprattutto un maggior comparto acquoso. L’alcol si disperde in fase acquosa e quindi nei maschi può essere diluito in un volume decisamente maggiore con netta riduzione degli effetti legati al consumo. Inoltre gli uomini hanno anche a disposizione una maggior quantità di una particolare forma di alcol deidrogenasi attiva a livello gastrico e quindi una minor quantità di alcol entra in circolo per la maggior attività di questo enzima. In pratica in una donna, a parità di effetti,  è sufficiente il consumo di due terzi della quantità di alcol che può essere consumata da un uomo.

Come abbiamo visto l’ossidazione di alcol e acetaldeide determina una variazione nell’equilibrio di cofattori come il NAD, variazione che interferisce con l’attività del fegato che vede una riduzione della sua capacità di produrre glucosio, gluconeogenesi, con la possibilità di sviluppare una severa ipoglicemia in seguito  eccessivo consumo di alcol. Inoltre si assiste anche ad un’aumentata sintesi dei grassi che si depositano a livello degli epatociti determinando un progressivo accumulo – steatosi epatica – che può sfociare in gravi condizioni patologiche, come la cirrosi epatica.

Alcol e metabolismo: cosa succede quando beviamo

Bere è un’occasione sociale, ma è importante ricordare che impone al nostro organismo un lavoro importante. Ancora maggiore per le signore.

Alcol e salute

È evidente che l’attrazione nei confronti dell’alcol è fortissima in tutta la storia umana e che soltanto in tempi recenti si è cominciato a indagare con maggiore attenzione sugli effetti a breve e lungo termine determinati dal consumo di alcol. Già le osservazioni anatomiche di Vesalio avevano rilevato i danni al fegato in soggetti con forte consumo di alcolici, ma tali danni, fino a tempi molto recenti -si parla della seconda metà del secolo scorso- erano attribuiti soprattutto alla malnutrizione associata  all’abitudine di bere in quantità esagerata.

Charles Best, uno dei grandi fisiologi del 900, affermava nel 1949 che “non si hanno prove di un effetto tossico dell’alcol sulle cellule epatiche più di quante se ne abbiano per lo zucchero”: la posizione di Best era comune in quel periodo e probabilmente rifletteva l’apprezzamento e il consumo diffuso di alcolici nella società di cui era parte. Furono importantissimi in questo senso gli studi di Charles Lieber che, contro il consenso comune del periodo, a partire dagli anni 50 approfondì gli studi sul metabolismo dell’alcol e sulle patologie correlate all’abuso di alcolici.

Oggi sappiamo che un consumo eccessivo di alcol è direttamente correlato a danni rilevanti a fegato e pancreas, con estensione dei danni anche al cervello in almeno il 10% degli alcolisti. Assolutamente devastanti i potenziali danni a carico del nascituro derivanti dal consumo di alcolici durante la gravidanze.

Numerosi studi hanno rilevato che il consumo di alcol determina un aumento del rischio di sviluppare tumori, in particolar modo delle vie aeree superiori, dell’esofago e del fegato. Sono state segnalate anche correlazioni con cancro colonrettale e tumori della mammella, profonde alterazioni del microbiota intestinale e interazioni con diversi farmaci. L’effetto risulta amplificato quando il soggetto che consuma alcol è anche un fumatore. Purtroppo nessun studio è stato in grado di stabilire un valore soglia di consumo al di sotto del quale il rischio si azzeri. Esiste di sicuro un rapporto tra quantità e incremento del rischio, che rimane comunque presente anche con un consumo moderato. [1, 2, 3, 4]

Particolare è il caso degli effetti dell’alcol sul sistema cardiovascolare. Un consumo elevato è infatti fattore di rischio per malattie come cardiomiopatie, aritmie, ipertensione e ictus. Un consumo moderato, dell’ordine di una ventina di grammi da alcol al giorno -all’incirca due bicchieri di vino rosso- appare invece essere protettivo nei confronti di malattie cardiache. Si osserva infatti un aumento del colesterolo HDL, il colesterolo “buono”,  e una possibile riduzione del processo infiammatorio che coinvolge i grassi che si accumulano sulle pareti dei vasi: alcuni autori imputano questo effetto agli antiossidanti presenti nel vino rosso, come il tanto decantato resveratrolo, antiossidanti presenti però in quantità insufficienti a determinare tali effetti, che si rilevano anche per alcolici che il resveratrolo non lo contengono. Un ultimo dato positivo legato a un consumo modesto di alcolici è legato all’effetto antitrombotico dell’alcol. [5, 6, 7]

Alcol e salute

È vero, nel vino nero c’è il resveratrolo, ma per accumularne la quantità necessaria per avere un qualche effetto positivo
dovreste berne diversi litri.
Direi che non è il caso.

Alla fine, come avrete letto, consumare alcol pone un notevole carico sul fegato: un consumo moderato ha sicuramente i suoi lati positivi, a livello sociale e anche per la salute cardiovascolare, ma il rischio per una pletora di altre patologie esiste sempre e aumenta man mano che aumenta il consumo.  Quindi se siete astemi non  mettetevi a bere per prevenire l’infarto, e se bevete fatelo in maniera intelligente, godendo degli aspetti positivi  e cercando di evitare quelli negativi, che diventano molto importanti quando si esagera.

Dimenticavo: per consumo moderato si intendono due bicchieri di vino rosso al giorno per un uomo, un bicchiere e mezzo per una donna. Per gli amanti della birra si tratta di una birra media al giorno. Occhio, che si fa presto ad esagerare.

Bibliografia

J.G. Salway. Metabolism at a Glance. Blackwell Publishing Oxford 2008.

John Emsley, Peter Fell. Was it something you ate? Oxford University Press 1999.

Charles. S. Lieber. Effetti dell’alcol sull’organismo. Le Scienze 95, luglio 1976.

Giancarlo Vannozzi, Gioacchino Leandro. Lineamenti di Dietoterapia e nutrizione clinica. Il Pensiero Scientifico Editore 2009.