Ci sono dei frutti che sono strettamente associati ad una stagione: le giuggiole sono tra questi, giungono infatti a maturazione all’inizio dell’autunno, per fare una rapida ma gustosa comparsa sulle nostre tavole. Inizialmente verdi e croccanti come una mela, diventano rosse, morbide e dolci come un dattero quando le temperature iniziano a calare e le giornate si fanno più brevi, talmente buone da essere diventate sinonimo per qualcosa di davvero delizioso.

Le giuggiole sono il frutto dello Ziziphus jujuba, un albero della famiglia della Rhamnaceae, secondo alcuni originario del bacino del Mediterraneo, per altri originario delle zone tropicali dell’Asia, diffuso in India, in Cina e in tutto l’estremo oriente, zone nei quali è estremamente popolare.

Furono i romani i prima a portarlo in Italia, elevando l’albero a simbolo del silenzio, utilizzato per adornare i tempi dedicati alla dea Prudenza, senza disdegnare però di utilizzarlo per produrre vini e liquori. Il giuggiolo conobbe una nuova fama grazie ai veneziani, che lo importarono ancora una volta dal lontano Oriente, con coltivazioni limitate ad aree circoscritte del nostro paese, in Veneto, Toscana e Campania.

Pare che già durante il rinascimento le giuggiole fossero apprezzate nelle ricche corti dell’Italia del Nord, particolarmente dai Gonzaga di Mantova, squisiti padroni di casa che amavano deliziare i loro ospiti con un liquore ricavato da questi frutti, chiamato appunto brodo di giuggiole,  servito a fine pasto per accompagnare torte e biscotti o come digestivo.

E il liquore dei Gonzaga deve essere stato davvero buono, tanto da venir immortalato nell’espressione “andare in brodo di giuggiole“, riportata dall’Accademia della Crusca fin dal 1612, con il significato di “godere di molto di chichessia”, chiara testimonianza del gusto di questi frutti.

Chi volesse assaggiare l’antico liquore può farsi una bella gita nella zona dei colli Euganei, in particolar modo nel bel borgo di Arquà Petrarca. In questa zona il giuggiolo è ancora coltivato e i suoi frutti sono utilizzati per produrre la versione moderna del brodo di giuggiole, dal colore rosso ambrato e dall’intenso gusto fruttato. [1]

Giuggiole, proprietà nutritive, valori nutrizionali, coltivazione e uso in cucina

Noi siamo abituati a varietà del frutto piccolo, ma in Oriente sono utilizzate cultivar i cui frutti possono raggiungere le dimensioni di una mela

Coltivare giuggiole per divertimento e profitto

Il giuggiolo può avere portamento di pianta o di arbusto, può raggiungere i 7 metri di altezza e ha rami dal caratteristico aspetto contorto. Le radici sono molto profonde, permettendogli di resistere anche in climi aridi, il tronco giovane ha una corteccia grigio chiara che tende a creparsi con la crescita, i rami sono spinosi, le foglie alterne, piccole, arrotondate, di un bel colore verde chiaro.

I fiori sono piccoli, biancastri, ermafroditi; la fioritura avviene in giugno-agosto, mentre i frutti maturano all’inizio dell’autunno, tra settembre e ottobre.

Le giuggiole sono delle drupe, con dimensioni simili a quelle di un’oliva. Il pericarpo, la buccia, è inizialmente verde brillante ma maturando assume un bel colore marrone-rossastro; il mesocarpo, la polpa, è biancastra, dapprima coccrante quindi di consistenza sempre più farinosa. Al centro l’endocarpo, il seme, è legnoso e contiene due piccoli semi.

Il giuggiolo resiste bene alle basse temperature, ama i terreni sabbiosi e sassosi, rifugge i terreni umidi o acidi, e predilige posizioni assolate.

Oltre che per i frutti il giuggiolo è utilizzato anche per creare siepi realmente impenetrabili e, a seconda della destinazione d’uso, può essere potato per dargli l’aspetto di un cespuglio o di un alberello. La pianta cresce molto lentamente ma è estremamente longeva; purtroppo esemplari imponenti si trovano ormai di rado, magari in qualche vecchio appezzamento di terreno o al cantone di qualche antica casa colonica.

La propagazione può avvenire per seme, per talea o per innesto. L’innaffiatura è importanti nei primi anni di vita della pianta, poi è spesso sufficiente una buona pacciamatura. La concimazione si fa di solito con concimi azotati, con l’aggiunta di fosforo e potassio per ottenere raccolti più ricchi.

Grazie alla fioritura e alla fruttificazione tardiva il giuggiolo non è particolarmente esposto a parassiti, anche se negli ultimi anni parte del raccolto è andato perduto a causa delle larve di alcune specie di falena che attaccano i frutti durante la maturazione.

Le proprietà nutritive delle giuggiole

Cento grammi di giuggiole danno un apporto di circa 80 kcal. I carboidrati sono una ventina di grammi, i grassi sono quasi assenti mentre le proteine si fermano ad un grammo. Molto abbondante il contenuto di vitamina C — superiore al fabbisogno giornaliero — significativa la presenza di vitamine del gruppo B, elevato il contenuto di potassio, presenti in quantità apprezzabili ferro, calcio e fosforo.

Le giuggiole sono ricche di fitocomposti — derivati del kempferolo, della  quercetina e vari tipi di catechine — tutte sostanze che in studi in vitro e in vivo hanno mostrato un’interesante azione antinfiammatoria e neuroprotettiva.

In studi in vitro, estratti del frutto hanno favorito l’espressione di  fattori responsabili dello sviluppo e del benessere delle cellule del sistema nervoso e hanno mostrato una spiccata attività contro vari tipi di cellule tumorali.

Diversi studi mostrano una efficace azione di protezione del fegato e dell’intestino, mentre i polisaccaridi presenti nella polpa del frutto, in lavori su animali, sono in grado di stimolare la formazione di alcuni tipi di cellule del sistema immunitario.

Risultati niente male per un frutto che dalle nostre parti è poco più di una curiosità ma che in Oriente è ampiamente utilizzato non solo come cibo ma anche come un vero e proprio farmaco per il trattamento dello stress e della fatica, di infiammazioni e infezioni batteriche e anche come sedativo. [2, 3, 4, 5, 6, 7]

Proprietà nutrizionali e valori nutritivi delle giuggiole

Le giuggiole sono buonissime quando la buccia è tesa, lucida e sta cambiando colore, dal verde brillante al marrone rossastro: il gusto è simile a quello di una mela, ma più intenso e vivo

Le giuggiole parrebbero quindi dei frutti davvero speciali, ma chi ha problemi con i FODMAP divrebbe consumarle con un poco di attenzione visto che buona parte degli zuccheri presenti sono in forma di fruttosio.

Le giuggiole in tavola

A mio modestissimo parere le giuggiole vanno mangiate fresche, quando sono ancora belle sode e croccanti, dalla buccia tesa e lucida. Il sapore è dolce, con una leggera punta acida, simile a quello di una mela ma decisamente più gustoso. A completa maturazione la buccia diventa rugosa e la polpa diviene morbida, farinosa e dolcissima, con una sapore che ricorda molto quello del dattero: non a caso in molti paesi le giuggiole sono chiamate datteri cinesi.

Purtroppo le giuggiole deperiscono molto rapidamente e non è facilissimo trovarle in vendita fresche. Le giuggiole possono essere essiccate o candite epossono anche essere conservate sotto spirito: in questa forma si prestano ad accompagnare carne o formaggi stagionati. Dalle giuggiole si possono ricavare confetture, composte e sciroppi, mentre i frutti,  freschi o passiti,  possono essere utilizzati al posto di mele o uvetta per preparare strudel, crostate e biscotti.

In Cina, dove sono estremamente popolari, le giuggiole vengono consumate fresche, essiccate, affumicate, in salamoia e candite. Per preparare le giuggiole candite i frutti sono bolliti in uno sciroppo e lasciati essicare per due giorni, processo che viene ripetuto due o tre volte, fino ad ottenere degli squisiti bon-bon.

In molti paesi orientali le giuggiole, fresche, essiccate o variamente preparate , sono consumate come spuntini, sono utilizzate per preparare dolci o addiruttura, come un tempo facevano i beduini, per preparare una specie di pane.

In definitiva un frutto umile ma dalle proprietà e dal gusto davvero interessanti: provatelo anche voi e magari scoprirete il reale significato di un’espressione metaforica.