Il pomodoro è una presenza costante sulle nostre tavole, un gusto che è alla base della cucina italiana. Eppure questo immancabile ingrediente dei nostri piatti più amati è un frutto—sì, proprio un frutto—accolto con grande diffidenza al suo arrivo dalle lontane Americhe. Un vegetale dalle interessanti proprietà nutritive, ricco di sostanze preziose per la nostra salute, prima tra tutte il licopene

Il pomodoro, Solanum lycopersicum, è il frutto di uno pianta originaria del centro America, coltivato e consumato dagli Aztechi che lo chiamavano tomatl, da cui derivano il francese tomate e l’inglese tomato. Il nome pomodoro fu invece coniato nel 1544 da un botanico italiano, Pietro Andrea Mattiolo, che per il colore giallo dorato delle bacche che precede la maturazione lo definì “pomo d’oro”, termine che evidentemente colpì l’immaginazione dei suoi contemporanei, che tuttavia esitarono a lungo prima di metterlo in tavola, preferendo considerarlo una pianta ornamentale al pari di altre solanacee come la patata, la melanzana e il peperone.

Soltanto verso la fine del ‘600 sono documentate le prime ricette per l’utilizzo del pomodoro in cucina, come ingrediente per salse e condimenti. Da quel momento in poi le fortune del pomodoro sono andate crescendo, particolarmente nel nostro paese, dove accanto alla coltivazione si andò affermando anche l’industria della trasformazione, con il concentrato appannaggio della provincia di Parma,  affiancata poi da Piacenza, e i pelati prodotti soprattutto nel mezzogiorno.

Attualmente la produzione mondiale di pomodori si aggira intorno a 180 milioni di tonnellate: oltre un terzo provengono dalla Cina, seguita da India, USA, Turchia, Egitto, Iran e Italia. Nel nostro paese ogni anno se ne producono quasi sei milioni di tonnellate, con una estensione complessiva di 128.000 ettari e una resa media di circa 54 tonnellate per ettaro. Di questa imponente produzione soltanto il 15% è destinato al consumo fresco, mentre l’85% è materia prima dell’industria conserviera, per la preparazione di  concentrati, pelati, passate e così via.

Non male per quella che un tempo era ritenuta soltanto una elegante pianta ornamentale.

Due parole sulla classificazione del pomodoro

Carlo Linneo, creatore della nomenclatura binomiale, individuò le somiglianze tra alcuni ortaggi  come pomodori, melanzane, patate, peperoni, e piante come il tabacco, la belladonna e lo stramonio, che raccolse nella famiglia delle Solanacee. Il nome che attribuì al pomodoro, Solanum Lycopersicum, dove Solanum è il genere e lycopersicum la specie, termine che in greco significa significa pesca dei lupi.

Qualche anno dopo Philip Miller, botanico scozzese, propose di assegnare il pomodoro a un nuovo genere, visto le differenze rilevanti con patata e melanzana, il genere Lycopersicum, con il nome Lycopersicon esculentum. Per arcani motivi legati alla complessa nomenclatura delle specie vegetali, il nome fu successivamente modificato in Lycopersicum lycopersicum, poi ulteriormente corretto in Lycopersicon lycopersicum. Soltanto nel 1983 si stabilì che il nome da utilizzare, secondo le disposizioni del Codice Internazionale di Nomenclatura di Alghe, Funghi e Piante, fosse Lycopersicon esculentum.

Nel frattempo, mentre queste sottili distinzioni andavano avanti e impegnavano stuoli di addetti ai lavori in risse selvaggie, che spesso trasformavano i congressi di botanica in antri ben più pericolosi dei peggiori bar di Caracas, il progresso della  tecnologia e nuove indagini genetiche hanno permesso di stabilire che in realtà il pomodoro è a tutti gli effetti un parente stretto di patate, melanzane e peperoni e appartiene quindi al genere Solanum, come Linneo aveva intuito nel lontano 1753, grazie al suo invidiabile occhio.

Il nome scientifico corretto è quindi Solanum lycopersicum, e dopo più di duecento anni la disputa sul tema si può considerare risolta (In questo articolo una ricostruzione dell’intricata vicenda).

Le proprietà nutritive e i valori nutrizionali del pomodoro, la presenza di licopene, i benefici per la salute

Il vivace e acuto occhi di Linneo, ideatore della nomenclatura binomiale ancor oggi utilizzata, così acuto da accorgersi che patata, melanzana, peperone e pomodoro sono parenti stretti tra loro. E anche la genetica gli ha dato ragione!

Coltivare pomodori per divertimento e profitto

Il pomodoro è una pianta erbacea annuale che può raggiungere i due metri di altezza se adeguatamente supportata, visto che tende a prostarsi sotto il peso dei frutti. Stelo e foglie, ricoperte di peluria, emettono un odore caratteristico se manipolate, l’apparato radicale è denso e si sviluppa attorno ad un fittone,  che perde predominanza per piante trapiantate.

Lo foglie sono grandi e formate in realtà da più foglioline, anche se alcune varietà presentano foglie semplici che ricordano molto da vicino quelle dalla patata. Il fusto presenta la capacità di formare nuove foglie e infiorescenze all’apice: se questo viene rimosso i nuovi germogli si formano alla base delle foglie già presenti e la pianta assume un aspetto cespuglioso.

I fiori sono piccoli, gialli, formano un’infiorescenza che ne raccoglie da 4 a 12, sono bisessuati e possono fecondarsi tra loro.

Il frutto, il pomodoro, è una bacca con forma e dimensioni che possono variare moltissimo nelle oltre 3000 varietà coltivate. Probabilmente le bacche del pomodoro ancestrale, che cresceva ai margini dei deserti costieri dell’America centrale, erano piccole, acide e amare. L’attuale esplosione di forme e colori, il gusto e l’aroma del pomodoro che ci è familiare sono ancora una volta testimonianza dell’enorme lavoro di selezione e miglioramento fatto attraverso i secoli, con mezzi via via più sofisticati, da generazioni di agricoltori e agronomi capaci e attenti.

Il frutto è circondato da una buccia sottile, un mesocarpo carnoso, ricco di zuccheri e aminoacidi, un endocarpo suddiviso in logge nelle quali si raccoglie un succo denso e gelatinoso ricco di acidi nel quale sono dispersi i semi, piccoli  e biancastri. Il peduncolo che sostiene il frutto a maturazione tende a subire un processo di suberificazione che ne rende molto facile il distacco, anche se esistono varietà in cui questo fenomeno si verifica, e i frutti tendono quindi a rimanere attaccati alla pianta.

Il pomodoro ama i climi caldi, teme il gelo e alle nostre latitudini viene coltivato nel periodo estivo oppure in serra.  Le temperature ottimali di maturazione sono di 24-26 °C per il giorno e 15 °C per la notte, mentre temperature stabilmente superiori ai 30 °C possono causare difetti nei frutti. Le piante temono umidità e ristagni che favoriscono le malattie, amano quindi terreni ben drenati con un pH di 5,5-8.

La pianta va seminata su terreno ben preparato oppure può essere trapiantata dopo sviluppo in semenzaio, operazioni che si fanno in periodi diversi a seconda del tipo di coltivazione — serra o campo — e della varietà utilizzata.

La pianta è esigente e richiede una attenta concimazione—anche in relazione alle caratteristiche del terreno—per quanto riguarda azoto, fosforo e potassio, sia durante la preparazione del terreno, sia al momento di semina o trapianto.

Il pomodoro richiede attente cure colturali: sarchiature per eliminare le infestanti, pacciamatura con plastica che permette particolari pratiche di irrigazione, utilizzo di sostegni per alcune varietà a crescita indefinita, eliminazione di gemme e germogli per regolare portamento e produzione della pianta, e irrigazione, che deve essere leggera e frequente per le varietà destinate al consumo diretto, meno frequente e più abbondante per quelle destinate all’industria.

La raccolta dei pomodori da tavola si fa in genere a mano, quando il frutto comincia ad assumere una colorazione rosata, scalare, man mano che questi arrivano al giusto grado di maturazione, e a intervalli brevi. I frutti sono assortiti per calibro e possono essere conservati fino a 3-4 settimane a temperature di 5-6 °C. I pomodori destinati a produzioni industriali sono invece raccolti a macchina e la loro maturazione può essere regolata con appositi trattamenti per renderla uniforme e permettere quindi una singola passata del mezzo utilizzato, che può essere così sofisticato da presentare dispositivi ottici in grado di scartare frutti verdi e corpi estranei di ogni tipo.

I pomodori che maturano sul ramo sono più ricchi di zuccheri, acidi e composti aromatici e hanno un sapore più ricco di quelli che, per motivi legati alla conservazione e alla distribuzione, sono raccolti ancora verdi e sono poi fatti maturare utilizzando etilene: in questo caso molti dei composti essenziali per gusto e aroma della bacca non si sviluppano e il frutto commercializzato  ha un sapore blando e privo del carattere esuberante che associamo al pomodoro maturo, pur avendone l’aspetto.

La pianta è soggetta a marciume per eccesso di umidità, a malattie che colpiscono al parte aerea come peronospora, alternariosi e antracnosi, può essere attaccata da funghi, da virus e da parassiti animali come afidi, cimici e il temibile ragnetto rosso. La coltivazione del pomodoro su scala industriale non sarebbe quindi possibile senza adeguati prodotti di difesa, fitofarmaci che vanno usati in maniera mirata e con le adeguate modalità.

Esistono migliaia di varietà e cultivar di pomodoro, con dimensioni che vanno da 2-3 cm di diametro dei ciliegini fino ai 10 e più cm del cuore di bue. Anche la forma è variabile e può essere tondeggiante, allungata, a pera o costoluta.

I pomodori da mensa, o insalatari, devono avere forma regolare, liscia o costoluta, buccia sottile, polpa soda e pochi semi: molto apprezzate sono il Cuore di bue, il Marmande, il Marglobe, il Sunrise, il Costoluto fiorentino, il Pantano romanesco e varietà particolari come il Nero di Crimea, dalla bacca con striature nerastre dovute al forte accumulo di licopene, e il Green Zebra, verde con striature rossastre.

I pomodori ciliegini hanno frutti piccoli e rotondi, ottimi in tavola, freschi o come ingredienti in numerose ricetti. Varietà famose sono i datterini, i pomodorini di Pachino, il ciliegino nero e il Principe Borghese.

I pomodori destinati alla produzione industriale devono presentare una buccia che si stacca molto facilmente, due sole logge nel frutto, pochi semi e forma allungata se utilizzati per la preparazione di pelati. Il colore deve essere rosso vivo, il sapore marcato, elevati il residuo secco, il contenuto di zuccheri e la presenza di licopene. Varietà celebri sono il San Marzano, il Pomodoro Roma, l’Heinz, il Genovese, il Pannocchia e il Red Top.

Le proprietà nutritive del pomodoro

Partiamo da un pomodoro medio da insalata, protagonista delle nostre tavole estive. L’apporto calorico è decisamente modesto, appena 19 kcal per 100 grammi. I carboidrati sono pochissimi, appena 3 g, i grassi quasi completamente assenti, o,2 g, e le proteine poco più di 1 g. Modesto anche il contenuto di fibra, circa 1 g, di cui un quarto solubile, il restante insolubile. Praticamente, gran parte della massa del pomodoro è acqua, intorno ai 94 grammi, e questo probabilmente spiega la grande soddisfazione che dà mangiarsi un’insalata di pomodori in un caldo giorno d’estate.

Buono il contenuto di potassio, discreto quello di magnesio e fosforo. Abbondante la vitamina C, buono il contenuto di vitamina A e K, discreto l’apporto di vitamine del gruppo B e di folati, con l’eccezione della vitamina B12, del tutto assente. Nella porzione liquido-gelatinosa che racchiude i semi abbondano numerosi acidi organici, determinanti nel conferire gusto al pomodoro: i più abbondanti sono citrico, malico e ossalico, seguiti da fumarico e piruvico.

Ovviamente quelli indicati sono dei valori medi, che possono cambiare in misura più o meno rilevante a seconda della varietà, del terreno di coltivazione e delle modalità di raccolta, conservazione e distribuzione.

Anche la lavorazione determina variazioni, più o meno importanti. La tradizionale passata ha un contenuto d’acqua minore, un apporto calorico leggermente aumentato, si arriva alla stratosferica cifra di 21 kcal per 100 grammi, e in generale un apporto un poco più elevato di sali minerali e vitamine.

Il contenuto d’acqua si riduce ulteriormente per la conserva, il cui apporto calorico è di circa 100 kcal per 100 grammi, con i carboidrati che arrivano a 20 g, le proteine intorno ai 4 g, mentre la fibra non supera i 2 g. Anche qui aumenta leggermente l’apporto di vitamine e sali per singola porzione.

I pomodori maturi presentano un elevato contenuto di acido glutammico, da cui deriva il glutammato, il composto responsabile del sapore umami — un gusto pieno e rotondo, che esalta quello degli altri alimenti che accompagna —  probabilmente diretto  responsabile del buon risultato che si ha abbinando il pomodoro alla carne e ad altri alimenti ricchi di proteine.

Come tutte le solanacee i pomodori contengono diverse sostanze tossiche, alcaloidi che nella pianta hanno un’azione di difesa nei confronti di predatori e parassiti. Il più noto è la solanina, sostanza presente in quantità maggiori nelle bacche acerbe, il cui contenuto cala progressivamente man mano che il frutto matura. Il contenuto di solanina dei pomodori, grazie a secoli di selezione, è decisamente basso ed esistono anche molte varietà da mangiare ancora verdi, il cui consumo è assolutamente sicuro.

Altro alcaloide presente è la tomatina, accumulato anche in foglie e steli, oltre che nei frutti, in realtà una miscela di due composti diversi, deidrotomatina e α-tomatina. Non ci sono dati relativi alla dose senza effetto osservato (NOEL) nell’uomo, mentre nel modello animale i sintomi da intossicazione sono molto simili a quelli causati dalla solanina: vomito, diarrea e dolori addominali. Anche il contenuto di questo composto diminuisce con la maturazione, tuttavia esistono alcune particolari varietà di ciliegini originari del Perù estremamente ricchi di tomatina, fino a 5000 mg per kg di peso secco, pomodorini che sono consumati senza alcun apparente effetto negativo. In vitro e nel modello animale, accanto a effetti tossici in concentrazioni non raggiungibili con il consumo di pomodori, la tomatina ha mostrato anche importanti effetti antimicrobici e antinfiammatori, è in grado di stimolare il rilascio di citochine da parte di cellule del sistema immunitario, e soprattutto è in grado di legare in maniera selettiva il colesterolo, con riduzione soprattutto della frazione LDL. In effetti la maggior parte delle tomatina presente nel pomodoro si lega agli steroli presenti nel cibo, favorendone l’escrezione, un doppio colpo fortunato che potrebbe spiegare alcuni degli aspetti positivi legati al consumo di pomodoro e derivati. Una testimonianza diretta della complessità della ricerca in campo nutrizionale  e del fatto che è molto, molto difficile stabilire se una determinata sostanza, sulla carta tossica, in vivo sia realmente tale o addirittura non possa avere un ruolo positivo.

Il pomodoro presenta anche numerosi allergeni, proteine associate a buccia, polpa e semi, che si sono mostrate resistenti anche a conservazione e cottura.L’allergia al pomodoro può anche essere estremamente grave e sono presenti fenomeni di reattività crociata con lattice e patate.[1, 2, 3, 4, 5, 6, 7]

Le proprietà nutiritive del pomodoro, i benefici per la salute del licopene

Cotto o crudo, lavorato per produrre passata o conserva, il pomodoro è protagonista della cucina mediterranea. Non male per una bacca che solo 500 anni fa cresceva ai bordi dei deserti messicani, del tutto ignara del futuro radioso che l’attendeva.

Pomodoro, licopene e salute

Quella dei carotenoidi è una famiglia enorme: si conoscono oltre settecento composti, ampiamente diffusi nel mondo vegetale, che conferiscono alle verdure e ai frutti in cui si trovano un colore brillante che va dall’arancio della zucca al rosso vivo del pomodoro.

Alcuni carotenoidi, come il β-carotene,  quello che—non è difficile indovinarlo—conferisce colore arancio alla carota, possono essere convertiti in vitamina A, ma non è il caso del licopene che nel nostro organismo subisce soltanto processi di isomerizzazione, dovuti alla presenza di ben 13 doppi legami nella molecola, costituita esclusivamente da carbonio e ossigeno (formula bruta C40H56).

Il licopene è un antiossidante molto potente, in grado di inattivare i famigerati radicali liberi, molecole irrequiete che posseggono un singolo elettrone in un orbitale atomico, estremamente reattive e in grado di causare danni estesi e gravi a molecole di importanza fondamentale per la funzionalità cellulare, come proteine, lipidi e addirittura DNA. Il licopene è dieci volte più potente della vitamina E, tende a concentrarsi nelle lipoproteine a bassa e bassissima densità (LDL e VLDL)  e in alcuni organi come surreni, testicoli, fegato e soprattutto prostata.

Un gran numero di studi ha messo in evidenza un effetto protettivo del licopene nei confronti di alcune forme di cancro, soprattutto prostata, polmone e stomaco, e di patologie cardiovascolari. La maggior parte dei dati provengono da studi epidemiologici, che hanno permesso di osservare una stretta correlazione tra consumo di alimenti ricchi di licopene, pomodoro e derivati in primis, e ridotta incidenza di queste temibili malattie.

Molte di queste osservazioni sono state confermate da successivi studi clinici d’intervento, in cui manipolazioni più o meno marcate della dieta, con assunzione di quantità più o meno rilevanti di licopene, hanno permesso di confermare la diminuzione del rischio e il miglioramento di certi marcatori che era stato evidenziato nei lavori osservazionali.

Due sono i meccanismi ipotizzati per spiegare gli effetti positivi sulla salute del licopene. Il primo prevede che sia l’azione antiossidante del licopene a determinare questi effetti, con un’attiva e efficace protezione di molecole di notevole importanza biologica—lipidi, lipoproteine e DNA—vulnerabili all’azione di radicali liberi che sono neutralizzati dalla potente azione del composto. Il problema è che la concentrazione di licopene nei tessuti è molto bassa, probabilmente troppo bassa per giustificare gli effetti osservati, anche se il consumo costante di alimenti che ne sono ricchi può contribuire ad elevare le modeste concentrazioni della molecola nel siero e in alcuni tessuti, fino a valori significativi.

Accanto all’azione antiossidante si ipotizza quindi un’azione diretta del licopene sui meccanismi che regolano la divisione delle cellule tumorali, su enzimi epatici come il citocromo P450 2E1, che protegge il fegato da lesioni precancerose, sull’azione di importanti fattori di crescita—IGF1—che favoriscono la proliferazione di cellule cancerose; di rilievo sarebbe anche l’azione di immunomodulazione, che potrebbe contribuire alla soppressione di cellule cancerose da parte del sistema immunitario.

Si ritiene che la riduzione del colesterolo, specie di quello LDL, associata al consumo di licopene, possa essere dovuta all’inibizione di HMG-CoA, l’enzima responsabile di uno dei passaggi chiave della sintesi del colesterolo, lo stesso che è bersaglio dell’azione di alcuni tra i farmaci di più ampio utilizzo nella prevenzione delle patologie cardiovascolari.

Il licopene si trova in un gran numero di vegetali, tutti quelli che hanno colore arancio o rosso, ma è particolarmente abbondante proprio nel pomodoro e in particolar modo in alcuni suoi derivati.  La lavorazione dei pomodori, sminuzzamento e triturazione, favorisce il rilascio del licopene della matrice dell’alimento; la cottura causa la formazione di isomeri assorbiti con maggior facilità; la biodisponibilità di questi composti viene favorita dalla contemporanea presenza di grassi. Pare quindi che un bel sugo di pomodoro sia il metodo migliore per fare il carico di questo prezioso composto.

Va sottolineato che, come sempre, i risultati degli studi devono essere interpretati con cautela. I dati più interessanti si sono costantemente registrati in studi in cui si è indagato il consumo di alimenti ricchi di licopene piuttosto che in lavori in cui si è valutato l’effetto del composto isolato. E quando si parla di alimenti la situazione diviene immediatamente molto complessa da decifrare, vista la presenza di molti altri composti—vitamina A, vitamina C, fibre, flavonoidi, la stessa tomatina—che probabilmente contribuiscono in maniera più o meno rilevante agli effetti indagati.

Inoltre, quando si parla di dieta nel suo complesso, bisogna sottolineare che un maggior consumo di certi alimenti, verdure in particolare, è indice di uno stile di vita più attento, con riduzione del consumo degli alimenti più ricchi di grassi e zuccheri tipici della dieta occidentale, dato che di per sé può già spiegare molti degli effetti positivi osservati.

In definitiva, anche per il licopene,  sono necessari studi più approfonditi, soprattutto studi clinici d’intervento,  che permettano di capire come il composto è metabolizzato, assorbito e distribuito nell’organismo e, in particolar modo, quali meccanismi possano spiegarne gli effetti positivi.

I valori nutrizionali del pomodoro, la presenza di licopene e i benefici per la salute

Il licopene è un pigmento che contribuisce alla vivace colorazione del pomodoro. La sua disponibilità è aumenta da lavorazione, cottura e presenza di grassi, una scusa non male per consumare un buon sugo e degli ottimi spaghetti.

Nel frattempo, consumate pomodori, crudi e sopratutto sminuzzati e cotti, magari con un filo di olio extravergine di oliva: questo vi permetterà di fare il pieno di licopene e, nel contempo, di godere del gusto intenso e pieno di queste prodigiose bacche. [8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20]

Il pomodoro in tavola

Sembra superfluo dare consigli su come acquistare, cucinare e conservare pomodori. Giusto qualche breve nota per ricordare come maneggiare al meglio dei prodotti con i quali, da queste parti, siamo in tale rapporto di familiarità da darli assolutamente per scontati, parte del panorama della vita di ogni giorno, quando invece, fino a poco più di tre secoli fa, queste meravigliose bacche erano poco più di una curiosità ornamentale nei giardini e sulle tavole della nobiltà europea.

Al momento dell’acquisto, scegliete con attenzione pomodori intatti, dalla pelle liscia, priva di ammaccature e macchie, ben sodi ma leggermente cedevoli alla pressione, scartando quelli molli o non ben maturi.

Se avete comprato dei pomodori  ancora verdastri potete lasciarli maturare a temperatura ambiente, al riparo dalla luce solare diretta. Pomodori maturi possono essere conservati in queste condizioni per una settimana circa, ma se sono molto maturi è meglio conservarli in frigorifero, dove se ne può prolungare la conservazione per ancora 2-3 giorni. La conservazione a temperature inferiori ai 12 °C inibisce l’azione di alcuni enzimi necessari al pieno sviluppo di gusto e aroma dei pomodori, quindi è meglio toglierli dal frigo con largo anticipo—c’è chi suggerisce almeno 24 ore—prima di consumarli

Dalle mie parti, verso la fine di agosto, si prepara la conserva di pomodoro in casa. Si tratta di un’operazione che per molti è quasi un rito, dalla scelta dei pomodori, alla preparazione dei contenitori, a tutta quella serie di operazioni di cottura e sterilizzazione che sono importanti per garantire la sicurezza del prodotto. L’igiene è fondamentale perché preparazioni di questo tipo, per quanto curate con attenzione, non sono prive di rischi. In questo opuscolo trovate alcune indicazioni del Ministero della Salute per una corretta preparazione delle conserve alimentari in ambito domestico. Seguitele scrupolosamente, per evitare problemi, anche se per vostra nonna il metodo tradizionale ha sempre funzionato senza intoppi.

Il gusto del pomodoro dipende dall’equilibrio tra le parti più solide, buccia e parete del frutto, ricche di zucchero e aminoacidi, e quelle liquide/gelatinose interne, dove abbondano soprattutto gli acidi. Rimuovere la buccia e la parte gelatinosa interna rende il pomodoro più sodo e dolce, ma ne altera l’aroma: il buon Harold McGee—sommo conoscitore di tutti i cibi e degli innumerevoli modi di prepararli—consiglia di recuperare, buccia, liquidi gelatina, riscaldarli fino a far evaporare il liquido, e incorporare quanto si ottiene alla polpa, per salvare gli acidi che non sono volatili, e ripristinare in pieno l’aroma del pomodoro.

La cottura del pomodoro produce alcuni aromi dovuti alla degradazione dei carotenoidi ma riduce le note erbacee dovute ad acidi grassi e composti solforati. Aggiungere una o due foglie di pomodoro a fine cottura permette di restituire al piatto questo gusto erbaceo, senza causare problemi relativi al minimo contenuto di alcaloidi, del tutto trascurabili. Per i meno temerari, c’è sempre la possibilità di ricorrere al basilico, inneggiando all’assoluta mediterraneità della preparazione.

I pomodori sono decisamente acidi, quindi sarebbe meglio evitare di cuocerli in pentole di alluminio o acciaio, per evitare che prendano note sgradevoli note metalliche e impedire che corrodano l’utensile e portino in soluzione alcuni materiali presenti, ad esempio il nichel.

Non voglio offendere nessuno suggerendo come portare in tavola il pomodoro, crudo o cotto. Sospetto che ormai la preparazione e l’uso in cucina del pomodoro e dei suoi derivati sia trasmesso per via genetica, almeno in Italia (non ne ho però le prove certe). Basti dire che il pomodoro è buono sia crudo che cotto, che si sposa benissimo a carne, pesce e formaggi, che accompagna splendidamente i suo cugini del genere Solanum—patata, melanzana e peperone—e che  si esalta con tutte le spezie.

Ricordate che il licopene, il fitonutriente più importante del pomodoro, è reso più disponibile grazie alla cottura e può essere meglio assorbito in presenza di grassi, quest’ultimi utilizzati senza esagerare, altrimenti si rischia di trasformare un alimento virtuoso in un problema, un po’ come avviene in preparati come il ketchup, dove la quantità di zuccheri utilizzati è davvero fuori misura.

Insomma, cotto, crudo o secco che sia,  in forma di passata, come sugo o condimento, da comprimario o protagonista, il pomodoro portatelo in tavola: questo frutto in incognito, ormai verdura di successo planetario, ha molti pregi, sia per quanto riguarda il palato sia per la salute. Sarebbe un peccato non approfittarne.