Tutti conoscono i quattro gusti fondamentali, dolce, salato, amaro e aspro, ma pochi saprebbero davvero dire cosa sia l’umami, il quinto sapore, identificato dapprima in Giappone ma presente anche nei cibi della nostra tradizione, un elemento essenziale per la riuscita di molti piatti. E con un impatto importante su appetito e sazietà.

Il venerabile Professore Ikeda Kikunae, titolare della cattedra di Chimica all’Università Imperiale di Tokio, era incuriosito: da tempo aveva notato che la sua zuppa dashi era decisamente più gustosa se preparata con un’abbondante quantità di alga kombu, un’ingrediente tipico della cucina giapponese. Partendo da 12 kg di kombu il buon Ikeda riuscì ad isolare dei cristalli di acido glutammico, una sostanza di per sé è amara e poco gradevole ma che aggiunta in piccole quantità ad alcuni cibi sotto forma di sale sodico, Monosodio Glutammato, ne esaltava il gusto, la piacevolezza e la palatabilità. Ikeda chiamò quel sapore umami, dal termine giapponese umai, saporito. Era il 1908, nasceva il quinto gusto, ma la strada per l’accettazione mondiale era ancora lunga.

La scoperta di Ikeda non ebbe grande eco al di fuori del Giappone e tutto il successivo lavoro di ricerca venne  condotto da ricercatori di quel paese: nel mondo occidentale a lungo ci si limitò a considerare il glutammato come un semplice esaltatore di gusto, senza un proprio sapore. Soltanto dopo decenni di ricerche e la creazione di un’organizzazione mondiale dedicata (Umami Research Organization) i dati raccolti hanno confermato quanto Ikeda aveva intuito: l’umami è un vero e proprio gusto, non è dato dalla combinazione dei gusti esistenti, è rilevato da recettori specifici ed è presente in molti cibi diversi. Nel 1997, durante  l’ISOT (International Symposium on Olfaction and Taste) a San Diego, l’annuncio ufficiale che portò all’attenzione del mondo occidentale il nuovo gusto. [1, 2]

Cosa è l’umami

I cinque gusti hanno un ruolo fisiologico ed evolutivo importante. Amaro ed acido segnalano la potenziale presenza di sostanze tossiche, il salato indica la presenza di minerali e il gusto dolce è caratteristico di cibi ricchi di zuccheri, ottima fonte di energia. L’umami è un gusto più sfumato, meno intenso degli altri e segnala la presenza di derivati delle proteine, nutrienti essenziali per il benessere.

Il gusto umami è dovuto alla presenza nel cibo di glutammato e di due nucleotidi, guanosina monofosfato (GMP) e inosina monofosfato (IMP). Il glutammato è un derivato dell’acido glutammico. L’acido glutammico è uno degli aminoacidi che costituiscono le proteine, sia vegetali, sia animali. Si tratta di un amino acido non essenziale, una sostanza che il nostro corpo è in grado di produrre in maniera autonoma.

L’acido glutammico è uno dei più abbondanti costituenti di molte proteine presenti nei cibi consumati abitualmente: la caseina del latte, il glutine dei cereali, la miosina della carne ne contengono in quantità pari al 20-30% del peso della molecola. In alcuni alimenti, particolarmente in quelli sottoposti a fermentazione, l’acido glutammico può anche presentarsi libero: è questa piccola quantità ad essere responsabile del sapore umami.

Carne, pesce, formaggi e mais sono ricchi di acido glutammico legato, mentre parmigiano, piselli, pomodori, mais e patate sono gli alimenti in cui l’acido glutammico si presenta libero.

Il glutammato non è altro che la forma ionizzata dell’acido glutammico. In soluzione acquosa, al pH fisiologico — compreso tra 7,35 e 7,45 — lo troviamo appunto in forma di anione glutammato, in grado di legare ioni positivi a formare sali che possono essere ottenuti in forma solida e cristallina. Il glutammato monosodico è appunto il sale sodico dell’acido glutammico. Il glutammato libero è una sostanza stabile, resistente al calore e alla cottura.

La guanosina monofosfato (GMP) è prodotta per decomposizione enzimatica del RNA, reazione che avviene in maniera rilevante nelle cellule morte, dove la rottura delle membrane cellulari permette agli enzimi di degradare l’acido ribonucleico. È abbondante soprattutto in funghi essicati e la cottura a 60-70 °C ne aumenta ulteriormente il contenuto.

L’inosina monofosfato è prodotta per decomposizione dell’AMP (adenosin monofosfato) a sua volta derivato da ATP, sostanza chiave dei processi energetici cellulari, ed è abbondante in alcuni tipi di tonno, nelle sardine e nelle acciughe. Inizia a formarsi alla morte dell’animale e raggiunge la massima concentrazione dopo circa dieci ore, momento il cui la carne del pesce ha maggior sapore.

Il gusto umami del glutammato è abbastanza debole e ancor più debole è quello dei due nucleotidi. Quando le sostanze sono presenti contemporaneamente invece la forza del gusto umami risulta amplificata. Esiste quindi una sinergia importante tra i tre composti, sinergia che già era stata intuita dai cuochi giapponesi quando aggiungevano l’alga kombu, ricca di glutammato, a una zuppa preparata con tonno essiccato, ricco di inosina monofosfato, per preparare il kombu dashi che tanto affascinava il professor Ikeda: una zuppa che è in pratica umami in purezza.

Un alimento molto ricco di glutammato e inosina monofosfato è il latte materno, il nostro primo alimento caratterizzato oltre che da un gusto dolce anche da uno spiccato gusto umami, magari un vero e proprio imprinting alimentare.

La cucina di tutto il mondo ha sfruttato la sinergia tra glutammato e nucleotidi: in Cina il pollo, ricco di inosina monofosfato, è cotto con cipolle e zenzero, ricchi di glutammato, mentre in Europa è il manzo a fornire inosina monofosfato, accompagnato da cipolle, carote, sedano e pomodori, ottime fonti di glutammato.

La presenza dei composti umami dona un gusto piacevole ad alimenti ricchi di alcuni amino acidi (glicina, alanina e arginina) come la polpa di granchio, un gusto che è ulteriormente esaltato dalla presenza di cloruro di sodio, il comune sale da cucina, in piccole quantità.

Il glutammato assorbito nell’intestino è metabolizzato molto rapidamente per produrre energia, altri aminoacidi non essenziali e glutatione. Raramente entra nel circolo portale, anche quando il consumo è notevolmente elevato.

Il glutammato è un importante neurotrasmettitore, il più abbondante nel sistema nervoso dei vertebrati, dove svolge funzione eccitatoria ed è coinvolto nei processi di apprendimento e memoria. Inoltre è anche precursore dell’acido γ-aminobutirrico (GABA), il principale neurotrasmettitore con funzione inibitoria. Il glutammato non è in grado di attraversare liberamente la barriera emato-encefalica: esiste un  trasporto attivo ad elevata affinità che permette un controllo  fine della concentrazione di glutammato nei fluidi cerebrali, mantenuta su livelli costanti indipendentemente dalla quantità di cibi umami consumati. [3, 4, 5]

Umami, il quinto gusto e i cibi dove si trova

Un carico di umami, l’abbinamento tra pomodori e parmigiano, tipico condimento dei nostri primi. Un gusto che tutto sommato non è così esotico come si pensa.

Gli alimenti ricchi di umami

Le sostanze ricche di umami derivano in gran parte dalla degradazione delle proteine, dell’RNA e dell’ATP presenti negli alimenti che consumiamo. Molti cibi ne sono ricchi e possono contribuire in maniera significativa all’apporto giornaliero di queste sostanze.

Alimento Glutammato mg/100g
Alga Kombu 3400
Parmigiano 1680
Salsa di soia 1260
Tè verde 600
Prosciutto stagionato 340
Pomodoro 250
Aglio 110
Patata 100
Carote 80
Cipolla 50
Pollo 20
Manzo 10

L’inosina monofosfato è presente soprattutto in vari tipi di carne e pesce:

Alimento Inosina monofosfato mg/100g
Tonno essiccato 800
Sardine essiccate 800
Tonno pinna gialla 470
Sardine fresche 420
Orata 400
Tonno fresco 360
Pollo 230
Maiale 230
Manzo 80

La guanosina monofosfato è presente invecein alimenti di origine vegetale, in particolar modo alcuni tipi di funghi:

Alimento Guanosina monofosfato mg/100g
Shiitake essiccati 150
Enokitake essiccati 50
Spugnole essiccate 40
Porcini essiccati 10

Consumando un piatto di pasta al pomodoro arricchito da un’abbondante spruzzata di parmigiano facciamo il pieno di umami e probabilmente anche a questo si deve il successo dei nostri primi piatti. Per quanto il termine umami ci possa apparire esotico la sapidità e la pienezza di questo gusto ci sono ben noti, pensate al gusto pieno e ricco del parmigiano,  e spesso sono alla base dei piatti più celebri della nostra cucina.

I recettori dell’umami: appetito e sazietà

Il gusto umami è dovuto alla stimolazione di recettori presenti sulla lingua e in altre parti dell’organismo. Sono stati identificato dei recettori specifici per il glutammato, mGluR1 e mGluR4, e dei recettori che sono probabilmente responsabile dell’effetto sinergico tra glutammato e nucleotidi, T1r1 e T1r3.

Questi recettori sono presenti anche nello stomaco e nell’epitelio dell’intestino e la loro stimolazione, da parte degli oltre 20 g di glutammato prodotto dalla digestione delle proteine presenti nei cibi, attiva fibre vagali che a loro volta inviano informazioni a tre aree cerebrali, l’area preottica, il nucleo dorsomediale dell’ipotalamo e il nucleo abenulare: la stimolazione di queste aree sembra in grado di influenzare molte funzioni fisiologiche, tra cui termoregolazione e omeostasi energetica.

Alcuni recenti studi hanno evidenziato che il consumo di alimenti ricchi di glutammato e IMP può influenzare appetito e sensazione di sazietà.

In uno di questi lavori i partecipanti consumavano una zuppa seguita, a distanza di un’ora, da un piatto a base di pasta condita con pomodoro. I soggetti erano assegnati a quattro gruppi diversi che consumavano quattro diversi tipi di zuppa prima del pranzo: una zuppa a basso contenuto calorico, la stessa zuppa addizionata di glutamato e IMP, una zuppa ad elevato contenuto calorico e la stessa zuppa addizionata di glutammato e IMP.

I soggetti che consumavano la zuppa con glutammato e IMP, sia a basso che a elevato contenuto calorico, mostravano una maggior capacità di compensazione dell’apporto calorico, in pratica consumavano una minor quantità di cibo durante il pranzo, andando a bilanciare in maniera del tutto spontanea le calorie assunte con la zuppa.

Gli stessi soggetti riferivano un transitorio aumento dell’appetito mentre mangiavano la zuppa, aumento che tendeva a scomparire quando tutta la zuppa era stata consumata, e soprattutto indicavano una fame minore e una maggior sensazione di sazietà al momento del pranzo con pasta al pomodoro.

In definitiva consumare uno spuntino ricco delle  sostanze umami pare stimolare l’appetito nell’immediato ma contribuisce ad aumentare la sensazione di sazietà, e quindi a ridurre l’appetito, nel lungo periodo. Poiché il gusto umami è associato alla presenza di proteine, questi dati parrebbero confermare il maggior potere saziante dei cibi che ne sono ricchi, particolarmente quelli in cui si riscontra una combinazione di glutammato e IMP. [6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14]

Umami, glutammato e salute

Le sostanze responsabili del gusto umami sono ampiamente utilizzate nell’industria alimentare per esaltare il gusto di vari alimenti. In genere si tratta dei sali di sodio di queste sostanze, il cui uso deve essere indicato in etichetta utilizzando le sigle E621 (glutammato monosodico o MSG), E631 (inosilato di sodio), E627 (guanilato di sodio).

Il glutammato monosodico ha una cattiva fama, nata negli anni 60 quando si ipotizzò l’esistenza di una sindrome da ristorante cinese, una serie di disturbi accusati da alcuni consumatori dei piatti tipici di questa cucina, spesso molto ricchi di MSG. La ricerca ha da lungo tempo dimostrato che questa sindrome non esiste ma in certi ambienti legati alla pseudoscienza e alle medicine alternative il glutammato monosodico continua a essere considerato un ingrediente pericoloso, potenziale causa di una miriade di patologie.

Alla base di questi problemi, secondo i detrattori, ci sarebbe l’azione eccitotossica del glutammato che in certe condizioni può accumularsi a livello delle sinapsi provocando severi danni o addirittura la morte del neurone: fenomeni di questo tipo si osservano in patologie gravi come ictus, autismo, scerosi laterale amiotrofica, latirismo e malattia di Alzheimer. Il glutammato ingerito non ha però niente a che fare con quello presente a livello del sistema nervoso visto che la barriera emato-encefalica non lo lascia passare: l’ingresso è possibile soltanto grazie  a trasportatori la cui attività è strettamente regolata, in modo da mantenere costante la concentrazione della sostanza nel cervello. Variazioni apprezzabili di tale concentrazione sono possibili soltanto per consumi superiori ai  superiori ai 10 grammi per pasto in un adulto, una quantità decisamente poco realistica.

Va anche sottolineato che gli studi su animali, spesso citati da chi considera l’MSG un pericolo, prevedono iniezione diretta del glutammato a livello dei centri cerebrali, in dosi molto elevate, e non ingestione tramite alimenti: una situazione quindi molto diversa da quella cui ci esponiamo consumando cibi in cui questa sostanza è presente.

È possibile che per alcuni soggetti particolarmente sensibili un elevato consumo dl glutammato possa causare dei fastidi — mal di testa, nausea —  dando luogo ad una “Sindrome da MSG” della cui esistenza ancora si discute. Tuttavia FAO, WHO e FDA concordano nell’escludere che il consumo di glutammato possa causare danni neuronali o alterazioni endocrine e ritengono infondata l’ipotesi che il glutammato monosodico aggiunto come additivo possa differire in qualche maniera da quello “naturalmente” presente negli alimenti.

Il problema più importante legato all’uso del glutammato nell’industria alimentare è che spesso è utilizzato in abbondanza per dare gusto a prodotti di scarsa qualità, dalle patatine fritte ai piatti pronti da infilare al volo nel microonde. Ecco un problema reale: un elevato consumo di MSG è spesso associato al consumo di grandi quantità di cibo spazzatura ed è qui che dovremmo fare attenzione, cercando di ridurre questi consumi potenzialmente problematici, non per gli effetti nocivi del glutammato, ancora da provare, ma per l’eccesso calorico e il ridotto apporto di nutrienti presenti in questi alimenti. [15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22]