L’adiponectina è uno degli ormoni prodotti dal tessuto adiposo e presenta una caratteristica molto particolare: il suo livello nel siero è elevato in soggetti magri e si riduce progressivamente in soggetti obesi. Pare quindi che questa proteina abbia un ruolo importante nel controllo della massa grassa, accanto ad altri importanti ruoli positivi, tanto che qualche ricercatore prono a impeti poetici l’ha addirittura indicata come “angelo custode” della nostra salute.

Il tessuto adiposo è stato a lungo considerato come un semplice magazzino in cui conservare l’energia in eccesso sotto forma di trigliceridi: ingombrante, dalla capienza praticamente infinita ma, sostanzialmente, inerte. A partire dagli anni 90 dello scorso secolo, una copiosa massa di studi ha evidenziato che in realtà il tessuto adiposo è tutto fuorché inerte e produce un gran numero di molecole biologicamente attive e di ormoni, implicati in molteplici processi fisiologici. Tra queste sostanze, accanto alla superstar leptina, c’è la adiponectina, altrettanto importante ma decisamente meno famosa, forse perché non ha immediatamente suscitato speranze di poter controllare il peso corporeo grazie ad una pillola, come è invece capitato alla più popolare collega.

L’adiponectina è stata identificata nel 1995 da Scherer et al. [1], dapprima in adipociti isolati, quindi nei topi e successivamente nell’uomo, dove è risultata essere la sostanza prodotta in maggior quantità dal tessuto adiposo. Piccole quantità dell’ormone sono prodotte dal tessuto osseo, dal fegato, dal tessuto muscolare e dalla placenta.

Il gene che codifica per la proteina si trova sul cromosoma 3 e la biosintesi e la secrezione della molecola sono processi complessi modulati e controllati da diverse proteine: in circolo l’adiponectina si trova in forma di trimeri, tre catene unite tra loro, esameri, sei catene unite tra loro, e sotto forma di complessi formati da un gran numero di catene, definiti multimeri a elevato peso molecolare (HMW High molecular weight).

Le diverse forme probabilmente svolgono funzioni diverse: la singola catena parrebbe stimolare l’utilizzo di acidi grassi nel tessuto muscolare, mentre le forme ad elevato peso molecolare sono implicate nell’aumento della sensibilità all’insulina.

L’adiponectina esercita la sua azione legandosi a due recettori AdipoR1, presente in tutte le cellule ma particolarmente abbondante nel muscolo e nel fegato, e AdipoR2, presente soprattutto nel fegato. Un terzo recettore—recentemente identificato—è T-caderina, che media l’azione dell’ormone sulla parete dei vasi, sulla muscolatura liscia e sul muscolo cardiaco.

L’adiponectina ha una semivita di circa 45-75 minuti e l’eliminazione avviene soprattutto a livello del fegato. Il livello plasmatico diminuisce all’aumentare della quantità di grasso viscerale: la concentrazione in soggetti in buone condizioni fisiche è di circa 2-17 mg/dl, valori che calano nettamente in soggetti obesi. Le donne hanno in genere livelli più elevati di adiponectina—indipendentemente dalla composizione corporea—con una diversa distribuzione delle varie forme dell’ormone: un dato che suggerisce una qualche influenza su sintesi e rilascio di questa sostanza da parte degli ormoni sessuali.

E proprio questa caratteristica particolare—un ormone prodotto dagli adipociti la cui concentrazione cala quando aumenta la quantità di grasso presente—ha suscitato la curiosità dei ricercatori, che hanno indagato a fondo la natura e le funzioni dell’adiponectina, con risultati sorprendenti. [2, 3, 4]

Adiponectina: tessuto adiposo, benefici per la salute, dimagrimento e sensibilità all'insulina

L’adiponectina  è un “ormone della carestia” è prodotto quando le scorte calano e spinge l’organismo a una utilizzazione più efficiente dei nutrienti consumati e delle scorte presenti. La restrizione calorica, in parole povere una dieta a ridotto apporto di calorie, è tra i fattori che possono stimolarne la produzione.

Le funzioni dell’adiponectina

L’adiponectina è un ormone chiave nel controllo di processi metabolici e funzioni cellulari di grande importanza, una molecola segnale la cui azione è determinante su numerosi tessuti bersaglio, compreso lo stesso tessuto adiposo.

Un ruolo centrale lo svolge nella regolazione della sensibilità all’insulina da parte del tessuto muscolare—un fattore importante per una buona condizione di salute—stimolando anche la produzione di insulina da parte del pancreas. Nel fegato l’ormone riduce i processi di produzione del glucosio a partire da altre molecole, gluconeogenesi, aumenta la sensibilità all’insulina e favorisce il trasporto del glucosio all’interno delle cellule epatiche, e, infine, stimola l’ossidazione degli acidi grassi.

L’adiponectina agisce anche sul tessuto adiposo che la produce, anche qui aumentando la sensibilità all’insulina e la captazione del glucosio. L’insieme di questi effetti rende l’adiponectina un ormone cardine nei processi che regolano l’utilizzo dei nutrienti, in particolar modo del glucosio e dei trigliceridi, da parte dell’organismo.

L’adiponectina ha un ruolo importante nel controllo di processi infiammatori, soprattutto a livello del sistema immunitario, della parete dei vasi sanguigni e del tessuto muscolare. I dati disponibili suggeriscono che l’ormone possa ridurre la formazione di radicali liberi, la secrezione di proteina C-reattiva e l’azione del TNF-α, sostanza coinvolta nella genesi di processi infiammatori e patologie.

L’adiponectina ha un’azione di controllo su crescita cellulare e apoptosi, la morte cellulare programmata, processi essenziali nel controllo della formazione di tumori: l’effetto protettivo è risultato rilevante nei confronti di tumori del colon, del polmone e del pancreas, anche se in questo caso i dati sono ancora contraddittori e necessitano di ulteriore approfondimento.

L’adiponectina ha un ruolo centrale nella salute del sistema riproduttivo della donna, dove partecipa ai processi di regolazione del ciclo mestruale, all’impianto dell’ovocita fecondato e allo sviluppo fetale. Durante la gravidanza l’adiponectina oltre che dal tessuto adiposo è prodotta anche dall’epidermide, dal tessuto muscolare liscio e da altri organi e tessuti, un dato che ne suggerisce un ruolo complesso e cruciale: bassi livelli di adiponectina sono associati a complicanze durante la gravidanza, in particolar modo al diabete gestazionale. La concentrazione plasmatica di adiponectina è ridotta anche in soggetti affetti da Sindrome dell’ovaio policistico, una condizione in cui tipicamente si osservano resistenza all’insulina e ipertensione.

L’adiponectina stimola l’attività di enzimi noti come ceramidasi che convertono alcuni lipidi presenti sulle membrane cellulari—le ceramidi, appunto—in sfingosine. Un eccesso di ceramidi è associato a resistenza all’insulina, morte cellulare, infiammazione e aterosclerosi, quindi l’azione dell’ormone è importante nel regolarne il contenuto a livello di membrana, un meccanismo che sembra essere cruciale per la salute metabolica della cellula.

La maggior parte delle azioni dell’adiponectina sono mediate da AMPK e PPAR-α, un enzima e un recettore nucleare che sono coinvolti nell’utilizzo di glucosio e acidi grassi per la produzione di energia in quelle situazione in cui la disponibilità di substrati sia ridotta, digiuno, o il fabbisogno energetico sia elevato, esercizio fisico. Questo meccanismo d’azione pone l’adiponectina in una posizione di rilievo tra i molti fattori che controllano i processi energetici dell’organismo, in particolar modo come segnalatore di uno stato di ridotta disponibilità dei substrati, un vero e proprio “starvation hormone“, come alcuni autori l’hanno definita. [5, 6, 7, 8]

Adiponectina e salute

Variazioni nel livello dell’adiponectina sono associate a disordini endocrini e metabolici e pare che possano avere un ruolo nella genesi di alcune importanti patologie.

L’adiponectina è importante nel mantenimento di una buona sensibilità all’insulina, fattore chiave nella prevenzione del diabete. Ridotti livelli dell’ormone sono associati a diabete di tipo II, obesità e lipodistrofia, una distribuzione anomala del tessuto adiposo, accompagnata da infiammazione e degenerazione degli adipociti. Modulando l’infiammazione, l’adiponectina presenta azione protettiva anche nei confronti della sindrome metabolica, una condizione caratterizzata da sovrappeso, ipertensione e un basso ma significativo livello di infiammazione sistemica.

Bassi livelli di adiponectina sono associati a infarto e aterosclerosi: l’ormone è infatti in grado di rallentare i processi infiammatori che portano alla formazione della placca e partecipa alla regolazione della pressione sanguigna, mentre una sua carenza accelera i processi di ipertrofia cardiaca.

L’adiponectina è essenziale per il benessere del muscolo, dove partecipa ai processi di regolazione della contrazione, della rigenerazione del muscolo dopo lo sforzo e probabilmente è anche implicata negli adattamenti determinati dall’esercizio. Tra questi ultimi, stimolo dei processi di formazione dei mitocondri, quindi del loro numero complessivo, e miglioramento dei processi di produzione dell’energia che hanno luogo proprio in questi industriosi organelli.  [9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18]

Adiponectina e sensibilità all'insulina, dimagrimento e salute, aumento della concentrazione con l'attività fisica

Aumentare i livellli di adiponectina? Si può, con una dieta adeguata e con l’attività fisica, un uno-due che porta alla riduzione del tessuto adiposo e all’aumento della concentrazione plasmatica del prezioso ormone.

Come mantenere buoni livelli di adiponectina

I dati disponibili sembrano indicare che davvero l’adiponectina è una specie di “angelo custode”, un ormone prodotto dal tessuto adiposo che migliora la sensibilità all’insulina, rende più difficile accumulare altro grasso, favorisce il dimagrimento, riduce i processi infiammatori e stimola sviluppo e mantenimento di una buona massa muscolare.

Non stupisce quindi che negli ultimi anni si siano moltiplicati gli sforzi per individuare un metodo che possa aiutare a mantenere elevati i livelli del prezioso ormone, livelli che, ricordiamolo, calano drammaticamente in soggetti obesi e diabetici.

A livello farmacologico è stato sperimentato l’utilizzo dei tiazolidindioni (Rosiglitazone, Pioglitazone) che si sono dimostrati in grado di favorire l’aumento del livello plasmatico di adiponectina e della sensibilità all’insulina: purtroppo, alcuni di questi prodotti hanno mostrato severi effetti collaterali e il loro uso è quindi decisamente limitato. Sono in corso ricerche anche su ACE inibitori e su statine, con risultati, al momento, contraddittori.

Diversi fitonutrienti hanno mostrato di poter contribuire ad un aumento dell’adiponectina circolante. Tra questi l’astragaloside II ottenuto dall’Astragalus propinquus, estratti di aglio, complessi ad elevata biodisponibilità di curcumina, tutti utilizzati in concentrazioni più elevate e in forme più facilemte assorbite di quelle presenti nei comuni alimenti. Anche vitamina E, resveratrolo, omega 3, tè verde e noci hanno mostrato un modesto ruolo positivo.

Parrebbe quindi che, almeno al momento, l’intervento con farmaci o con fitocomposti non possa essere considerato risolutivo. E mi permetto di dire che si tratta di un dato positivo, perché ci costringe a concentrarci sui due fattori più importanti che possono portare ad  aumento della concentrazione plasmatica di adiponectina: esercizio fisico e restrizione calorica.

Esercizio fisico di intensità media o elevata può determinare aumento dell’adiponectina in circolo. L’entità dell’aumento pare essere maggiore in soggetti sovrappeso e obesi, mentre in soggetti allenati le variazioni sono più modeste, talvolta si registra addirittura una leggera diminuzione. Tuttavia, anche in quest’ultimo caso, si ha un aumento della forma ad alto peso molecolare (HMW), quella più efficace nell’aumentare la sensibilità all’insulina.

Studi di popolazione hanno mostrato chiaramente che, indipendentemente dalla percentuale di grasso corporeo, i soggetti con livelli più elevati di attività fisica presentano maggiore concentrazione plasmatica dell’ormone che tuttavia potrebbe non essere il solo fattore positivo all’opera. L’attività fisica potrebbe anche aumentare l’espressione dei recettori dell’ormone a livello del muscolo, contribuendo ad aumentarne l’effetto anche senza rilevanti variazioni della concentrazione.

L’effetto dell’esercizio è amplificato dalla restrizione calorica, in parole povera da una dieta. In effetti, l’azione combinata di questi due interventi porta ad una riduzione più o meno rilevante del tessuto adiposo che è accompagnata da un aumento della produzione di adiponectina. La qualità della dieta non e importante, funzionano sia diete low-carb che low-fat, quindi il fattore determinante sembra essere la quantità di calorie consumate piuttosto che la natura dei nutrienti da cui quelle calorie provengono.

L’adiponectina pare quindi essere davvero un “ormone del digiuno“, la cui funzione è quella di migliorare l’efficienza energetica dell’organismo quando le scorte disponibili si vanno assottigliando. Proprio questa sua caratteristica sottolinea l’importanza di una adeguata attività fisica e di una dieta attenta, ritagliata sulle nostre esigenze energetiche e mai in eccesso, due fattori che mantengono le nostre scorte al minimo, costringendo l’organismo—anche con l’intervento dell’adiponectina—a lavorare con la massima efficienza possibile e a ridurre quei processi infiammatori che sono alla base di molte patologie.

L’adiponectina sarà anche un “angelo custode” del dimagrimento ma sta a noi, con uno stile di vita sano e attento, favorirne l’azione positiva, senza attendere la pillola o l’integratore miracoloso. Gli strumenti a nostra disposizione sono i soliti, quelli con cui ci siamo evoluti dalle profondità del tempo: attività fisica e dieta. Sono praticamente gratuiti e dipendono in larga misura da noi: l’unico ingrediente che dobbiamo aggiungere  è un po’ di volontà. Direi che la posta in gioco vale lo sforzo. [19, 20]