L’istamina è una sostanza molto importante per il nostro organismo ma se ne consumiamo in eccesso con il cibo può provocare problemi anche seri, particolarmente in soggetti che presentano intolleranza a questa sostanza. Alcuni pesci non ben conservati a vari cibi possono presentare un contenuto di istamina molto elevato che dà luogo a una serie di sintomi molto spiacevoli: si parla di Sindrome Sgombroide.

L’istamina è una sostanza che il nostro corpo produce naturalmente e utilizza per un gran numero di funzioni diverse, è infatti coinvolta nella risposta immunitaria, partecipa e regola numerose funzioni fisiologiche e a livello del sistema nervoso centrale agisce da neurotrasmettitore. Gli effetti dell’istamina sul nostro organismo sono profondi ed importanti, quindi sia produzione che degradazione sono strettamente regolate per impedire che si verifichino problemi.

L’istamina è anche presente in molti dei cibi che consumiamo, la presenza del composto non è facilmente avvertibile e le quantità consumate possono essere tali da provocare fastidi più o meno rilevanti, con sintomi generali che somigliano molto a quelli di una reazione allergica. Tra gli alimenti particolarmente ricchi di istamina ci sono alcuni pesci quando non siano stati ben conservati, tonno e sgombro in particolare: è infatti definita sindrome sgombroide una forma di intossicazione da istamina dovuta la consumo di questi pesci, sindrome che è la più diffusa forma di intossicazione legata al consumo di prodotti ittici.

Negli ultimi anni si è parlato molto anche della possibile esistenza di una intolleranza all’istamina, dovuta ad un disequilibrio tra i processi di sintesi e quelli di degradazione del composto, una situazione che potrebbe essere esacerbata dal consumo di alimenti ricchi di questa sostanza.

Cosa è e a cosa serve l’istamina

L’istamina è una delle tante ammine endogene, una serie di sostanze contenenti azoto che il nostro organismo produce a partire da alcuni aminoacidi, tutte destinate a svolgere un gran numero di funzioni diverse.

L’istamina è prodotta a partire dall’aminoacido istidina per azione di un enzima, la istidina decarbossilasi, che utilizza la vitamina B6 (piridossalfosfato) come cofattore. La sintesi avviene nei mastociti e nei granulociti basofili — cellule del sistema immunitario coinvolte nelle risposte allergiche — nelle piastrine, nei neuroni istaminergici e nelle cellule enterocromaffini. In tutte queste cellule l’istamina prodotta è raccolta in granuli ammassati all’interno di vescicole, per essere rilasciata dopo una opportuna stimolazione.

L’istamina è un mediatore molto potente coinvolto in un gran numero di reazioni e esercita il proprio effetto legandosi a quattro diversi tipi di recettori —H1R, H2R, H3R, H4R — presenti su cellule bersaglio di vari tessuti. Gli effetti dell’azione sono molti e diversi: contrazione della muscolatura liscia, vasodilatazione e calo della pressione, aumento della permeabilità dei vasi, stimolo della produzione e secrezione di muco, stimolazione della secrezione di acidi gastrici e stimolazione delle fibre nervose responsabili della sensazione di dolore. Inoltre è coinvolta nella modulazione della risposta immunitaria, nella neurotrasmissione, nella regolazione del ciclo sonno-veglia e nell’ematopoiesi. Una molecola piccola, appena 17 atomi, ma che si dà davvero molto da fare.

Il rilascio dell’istamina avviene per degranulazione del materiale ammassato nelle vescicole in cui la sostanza è conservata all’interno delle cellule che la producono. L’istamina rilasciata viene rapidamente metabolizzata da due diversi enzimi, la diaminossidasi (DAO), attiva soprattutto sull’istamina rilasciata all’esterno della cellula, e la istamina-N-metiltransferasi, attiva in particolar modo sull’istamina presente all’interno della cellula. La DAO è prodotta soprattuto nell’intestino e nei reni, mentre la istamina-N-metiltransferasi è presente in tutti i tessuti.

Il livello basale di istamina nel plasma va da 0.3 a 1.0 ng/mL;  quando questi valori aumentano l’azione dll’istamina porta alla manifestazione di sintomi che sono dipendenti dall’entità della dose. Per dosi molto elevate si possono avere manifestazioni severe con ipotensione, broncospasmo o addirittura shock anafilattico.

Purtroppo in alcuni alimenti possono essere presenti concentrazioni molto elevate di istamina, tali da produrre sintomi rilevanti. Esistono anche soggetti con una ridotta attività della DAO, per i quali anche dosi relativamente ridotte di istamina possono risultare fastidiosi: per questi soggetti si parla di intolleranza all’istamina.

Istamina e sindrome sgombroide

La sindrome sgombroide ha una lunga storia: in letteratura se ne parla per la prima volta nel 1799 in Inghilterra, protagonisti sei marinai che avevano consumato del tonno. In tempi moderni i primi casi sono riportati degli anni 50 del secolo scorso, con diversi focolai in Giappone. Da allora le segnalazioni si sono moltiplicate, in ambienti e situazioni differenti, con un unico denominatore comune: tutti i soggetti colpiti avevano consumato del pesce mal conservato, rimasto in genere per diverso tempo a temperature superiori ai 16°C.

La sindrome sgombroide è di solito caratterizzata da manifestazioni non particolarmente gravi, brevi e che tendono a risolvere spontaneamente. I sintomi sono dovuti al consumo di quantità eccessive di istamina e sono quindi molto simili a quelli di una reazione allergica, con la quale sono può essere facilmente confusa.

I primi segni arrivano rapidamente, entro una trentina di minuti: arrossamento della pelle, dolore addominale, diarrea, mal di testa e palpitazioni. Possono essere presenti anche nausea, vomito, orticaria, secchezza della bocca e molto raramente dispnea e ipotensione. Alcuni pazienti affermano di sentire anche un sapore amaro, metallico o speziato. In genere il tutto si risolve nel giro di 6-8 ore, anche se la sensazione di malessere può continuare per qualche giorno. In pochi casi si possono registrare manifestazioni più severe: ipotensione, broncospasmo e problemi respiratori, infarto miocardico e disfunzioni cardiache.

Il legame tra il consumo di pesce malconservato e i sintomi manifestati da alcuni soggetti era già stato evidenziato negli anni ’40, ma solo alcuni lavori dei primi anni ’90 hanno confermato oltre ogni dubbio il ruolo dell’istamina presente in questi cibi come fattore scatenante delle manifestazioni osservate.

I pesci nei quali di solito si trova istamina appartengono soporattutto alle famiglie di Scombroidae e Scomberesocidae — sgombro, tonno, bonito —  Clupeidae — sardine, aringhe, cheppie — e Engraulidae — acciughe — molto più raramente la si trova altri pesci come il salmone.

La formazione di istamina nel pesce è dovuta all’azione di batteri presenti nelle branchie e negli intestini. I batteri appartengono a molti generi diversi Proteus, Enterobacter, Serratia, Citrobacter, Escherichia, Clostridium, Vibrio, Cinetobacter, Pseudomonas e Photobacterium. Tratto comune di questi batteri è la produzione di istamina decarbossilasi che converte l’istidina in istamina. L’esatta natura e composizione della compagine batterica responsabile di questi processi varia tra le varie specie di pesce e dipende da habitat, stagione, temperatura e qualità dell’acqua, tecniche di pesca e storaggio, e  dalla pulizia degli ambienti di pesca e  di lavorazione. L’azione dell’enzima a sua volta dipende da temperatura, pH e concentrazione di sodio.

L’istamina che si forma per azione dell’enzima è molto resistente a cottura, affumicatura, surgelamento o conservazione in scatola, quindi l’unico modo per eliminare il rischio di sindrome sgombroide è di impedire la formazione di istamina conservando il pesce a temperature inferiori agli 0°C. Se il pesce è conservato a temperature più elevate è possibile che si formino quantità rilevanti di istamina nel giro di poche ore.

In alcuni casi di sindrome sgombroide si è rilevato come il livello di istamina nel pesce consumato fosse ridotto. In questi casi si ritiene che altre proteine presenti, putrescina e cadaverina, possano agire come potenziatori degli effetti dell’istamina presente oppure che esista una intolleranza all’istamina nei soggetti colpiti, intolleranza che comporta manifestazioni rilevanti anche con livelli ridotti della sostanza.

Nel caso si manifestino sintomi dopo il consumo di pesce è necessario riportare ai sanitari tipo e quantità di pesce mangiato. Sarebbe molto utile, per discriminare da un possibile caso di allergia da pesce, disporre di un campione del pesce consumato in modo da poterlo analizzare per rilevare la presenza di istamina: il pesce fresco continene quantità molto basse di istamina, meno di 0,1 mg per kg, mentre concentrazioni superiori ai 10o mg/kg possono dar luogo a sintomi rilevanti. In Europa i controlli vengono effettuati utilizzando nove campioni prelevati da una partita di pesce fresco: in due campioni sono tollerabili valori superiori ai 100 mg/kg, in nessun campione si devono avere valori superiori a 200 mg/kg e in ogni caso il valore medio tra i nove campioni deve essere inferiore ai 100 mg/kg. [1, 2, 3, 4, 5, 6]

Intolleranza all’istamina

L’intolleranza all’istamina può essere causata da un disequilibrio tra l’istamina accumulata nell’organismo, per sintesi o ingestione, e la capacità dei processi di degradazione. In genere è l’azione della diaminossidasi (DAO) a risultare carente: possono così manifestarsi numerosi sintomi che, ancora una volta, somigliano molto da vicino ad una reazione allergica.

Il consumo di cibi ricchi di istamina, di alcol, di farmaci  che provocano il rilascio di istamina o interferiscono con l’azione della DAO, possono causare quindi diarrea, mal di testa, congestione nasale, asma, prurito, arrossamenti, ipotensione e aritmia. Si ritiene che circa l’1% della popolazione possa soffrire di intolleranza all’istamina e la maggior parte di questi soggetti è tipicamente di mezza età.

Si ritiene che l’intolleranza all’istamina possa essere una condizione acquisita tramite una riduzione della produzione di DAO provocata da alcune malattie gastrointestinali o dal consumo di sostanze che ne inibiscono l’azione. Si ritiene che esista una predisposizione genetica, perlomeno in un sottogruppo dei soggetti che mostrano intolleranza.

Concentrazioni seriche di istamina molto elevate accompagnate da una ridotta attività della DAO possono far pensare ad una intolleranza all’istamina. Lo standard per la diagnosi è comunque rappresentato da un test di provocazione dopo una dieta priva di istamina della durata di 4 settimane. È superfluo sottolineare che si tratta di test che vanno eseguiti in strutture specializzate con la supervisione di professionisti preparati.

Ovviamente in soggetti con questa particolare condizione può essere di aiuto controllare il consumo di alimenti ricchi di istamina, di alimenti che possono provocarne il rilascio o di farmaci che possono interferire con i meccanismi di rilascio/degradazione. [7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19]

L’istamina in tavola

Abbiamo visto che l’intolleranza all’istamina è relativamente rara mentre la sindrome sgombroide dipende dal consumo di pesce mal conservato. È comunque importante rilevare che un quantitativo elevato di istamina non si trova soltanto nel pesce, ma anche in altei cibi comunemente consumati. Ecco una lista di alimenti ricchi di istamina:

  • Pesce come sgombro, tonno, aringhe
  • Formaggi come Emmenthal, Cheddar, Camembert e Parmigiano
  • Carni conservate come salame e salsiccie
  • Vegetali come pomodori, melanzane e crauti
  • Vini, bianco, rosso e champagne

Esistono anche dei cibi che possono favorire il rilascio di istamina, con aumento della concentrazione serica e manifestazioni in soggetti sensibili. Di seguito una lista:

  • Agrumi
  • Papaia
  • Fragole
  • Ananas
  • Noci e noccioline
  • Pomodori
  • Spinaci
  • Cioccolata
  • Pesci e crostacei
  • Maiale
  • Albume d’uovo
  • Liquirizia
  • Spezie
  • Additivi

Ci sono infine anche farmaci che possono provocare il rilascio di istamina o inibire l’azione della DAO. Trovate qui una lista dei farmaci problematici.

Ovvio che precauzioni con questi alimenti, e una loro possibile eliminazione, devono esser prese soltanto quando ce ne sia un’effettiva necessità da valutare con professionisti preparati.

Per quel che riguarda il pesce fate semplicemente attenzione alla qualità di quello che acquistate: pesce che sia davvero fresco oppure che sia stato surgelato direttamente sul luogo di pesca, facendo particolarmente attenzione a quelle specie più soggette alla presenza di batteri che portano alla formazione di istamina. Qui trovate un interessante opuscolo del Ministero della Salute che vi guida nell’acquisto e alla conservazione del pesce.