In molti sport di endurance — corsa, ciclismo, trail running e triathlon — sono frequenti problemi gastrointestinali che possono danneggiare in misura rilevante la prestazione dell’atleta. Un interessante studio valuta gli effetti di una dieta FODMAP  nel ridurre o nell’eliminare questi fastidi in un gruppo di podisti dilettanti.

La dieta FODMAP mira a diminuire i sintomi caratteristici della Sindrome del Colon Irritabile, gonfiore e dolore addominale, alterazioni del transito intestinale, flatulenza etc, grazie alla riduzione dell’apporto di alcune particolari sostanze presenti in un gran numero di alimenti. La dieta è stata proposta una quindicina di anni fa da Peter Gibson e Susan Sheperd della Monash University di Melbourne e la sua efficacia è stata evidenziata da un gran numero di lavori, con un netto miglioramento delle condizioni dei pazienti nel 75% dei casi.

Il termine FODMAP è un acronimo e indica Oligosaccaridi, Disaccaridi, Monosaccaridi e Polioli Fermentabili (Fermentable Oligosaccharides, Disaccharides, Monosaccharaides and Polyols). Si tratta di piccole molecole di carboidrati che hanno in comune alcune caratteristiche: sono scarsamente assorbite nell’intestino; sono osmoticamente attive, ossia richiamano acqua nell’intestino dai tessuti circostanti; sono fermentate dai batteri che costituiscono il microbiota intestinale con produzione di gas, soprattutto idrogeno, anidride carbonica e metano.

I FODMAP sono presenti in molti cibi di origine vegetale: alcuni tipi di frutta, certe verdure, tutti i legumi e alcuni cereali possono contenerne quantità notevoli. L’unico alimento di origine animale che contiene FODMAP è il latte: nei soggetti con attività della lattasi ridotta o assente —  individui intolleranti al lattosio — è proprio il malassorbimento di questo zucchero, con i successivi processi fermentativi di cui è substrato, a creare problemi.

Il monosaccaride problematico è invece il fruttosio, presente in frutta e verdura, assorbito nell’intestino grazie a due proteine trasportatrici dedicate, GLUT 2, in comune con il glucosio, e GLUT 5: quando quest’ultima proteina è presente in quantità ridotta, come accade in alcuni soggetti, o quando il fruttosio è in eccesso rispetto al glucosio, se ne ha malassorbimento. Il problema presente in circa un terzo della popolazione senza che si producano sintomi apprezzabili, ma nei soggetti che soffrono di colon irritabile è molto più diffuso, arrivando a circa il 50%.

Anche oligosaccaridi come i fruttani —presenti in grano, farro orzo e segale — e i galattoligosaccaridi — presenti nei legumi — sono assorbiti con difficoltà, con quantità anche notevoli che rimangono nel lume intestinale e qui fermentate dal microbiota presente, con forte produzione di gas.

I polioli sono degli zuccheri presenti in diversi frutti,sono anche ampiamente utilizzati nell’industria alimentare come dolcificanti o additivi — sorbitolo, xylitolo, maltitolo etc — e quando presenti in quantità elevata favoriscono la ritenzione di acqua dell’intestino e, l’avrete già indovinato, finiscono per essere fermentati dai batteri presenti

In soggetti sensibili, un elevato consumo di queste sostanze provoca quindi distensione del lume intestinale, con problemi importanti soprattutto a livello della parte terminale dell’intestino tenue e nella porzione ascendente del colon. La distensione è causata da solidi — la massa di fibre ingerite — liquidi — la cui quantità è legata a fenomeni osmotici e di assorbimento — e gas —prodotti dai batteri intestinali attraverso processi fermentativi.  I sintomi sono gonfiore e dolori addominali, nausea, diarrea o stitichezza ostinata, spesso accompagnati dalla sensazione di dover defecare o di non essersi completamente liberati.

Sintomi simili possono comparire in atleti impegnati in sport di endurance, specialmente quando notevole intensità e lunga durata del lavoro svolto contribuiscono a ridurre la velocità di svuotamento dello stomaco e possono causare lesioni della mucosa intestinale, con aumento transitorio della permeabilità locale. Si calcola che tra il 30 e il 50% degli atleti indichi proprio in questi fastidi gastrointestinali la causa principale di una prestazione scadente.

Per ovviare al problema sono state proposte diverse strategie, tra cui l’eliminazione di interi gruppi di alimenti, tra cui quelli contenenti glutine, con alterne fortune. Nel caso del glutine non si è mai registrato un miglioramento significativo in atleti non-celiaci e, secondo alcuni autori tra cui lo stesso Gibson, la presenza dei fruttani negli stessi cereali che contengono glutine sarebbe all’origine della confusione che regna nel campo. Il modesto miglioramento dei sintomi che è riportato da soggetti non celiaci  eliminando il glutine nella maggior parte dei casi potrebbe essere imputabile al diminuito consumo dei FODMAP presenti in questi cereali.

Nell’ultimo periodo ci si è quindi concentrati in misura maggiore sull’effetto di diete a ridotto contenuto di FODMAP sulla prestazione sportiva, con alcuni interessanti lavori che hanno indagato l’effetto di questo regime alimentare in atleti impegnati in sport di endurance, attività durante le quali i problemi gastrointestinali si presentano con maggior frequenza.[1, 2]

Dieta FODMAP e sport, i benefici per chi pratica gli sport di endurance

Alcuni alimenti consumati con notevole frequenza da chi pratica sport di endurance hanno un elevato contenuto di FODMAP. In questa foto ce ne sono diversi, dalla pasta all’aglio.

Sport di endurance e dieta FODMAP: lo studio

Gli studi in campo nutrizionale sono molto complessi e costosi e spesso sono limitati per durata, numero dei soggetti studiati e per le particolari modalità di esecuzione. Tuttavia sono comunque importanti per fornire indicazioni preziose e linee di indagine che possono poi essere approfondite con maggiori mezzi.

Lo studio che ci interessa è un lavoro che ha coinvolto un numero limitato di soggetti — sedici, per la precisione — che sono stati assegnati in maniera casuale a due gruppi, uno che ha seguito una dieta a ridotto contenuto di FODMAP, apporto totale giornaliero inferiore ai 16 grammi, e uno che ha invece seguito una normale dieta bilanciata, con un elevato contenuto di FODMAP, circa 40 grammi al giorno.

Ognuno dei gruppi ha seguito la dieta per sette giorni, allenandosi regolarmente. Dopo la prima settimana entrambe i gruppi sono stati sottoposti ad un periodo di washout di 7 giorni, con dieta libera, quindi i gruppi sono stati nuovamente sottoposti a dieta controllata, stavolta invertendone l’associazione, per altri 7 giorni.

Si tratta di uno studio clinico randomizzato con crossover, una modalità che permette di ridurre in maniera rilevante le possibili distorsioni dovute all’assegnazione casuale dei soggetti ad una dieta piuttosto che all’altra, visto che entrambe i gruppi sono sottoposti ai due differenti regimi alimentari.

I soggetti selezionati, podisti con almeno tre mesi di esperienza e un minimo di tre allenamenti settimanali, non presentavano problemi gastrointestinali non associati all’esercizio, non assumevano farmaci e non seguivano altri tipi di dieta. Agli atleti sono state fornite indicazioni specifiche su cibi e porzioni da consumare in entrambe i casi, senza però dare indicazioni sul contenuto in FODMAP o sullo scopo dello studio, per evitare un effetto placebo, sempre possibile in questi casi.

Gli atleti sono stati sottoposti a test dedicati per valutare intensità e severità dei sintomi riportati durante l’attività fisica. In condizioni normali, prima dello studio, i soggetti dei due gruppi non presentavano differenze significative nella comparsa di sintomi grastrointestinali durante l’allenamento.

Altri test richiedevano invece di valutare la prestazione in base a intensità, durata e frequenza, comparando i risultati ottenuti durante i periodi di dieta con quelli usuali di ogni singolo soggetto.

Per tutti i soggetti è stata valutata più volte la concentrazione plasmatica di I-FABP (Intestinal- fatty acid binding protein, Proteina legante degli acidi grassi) una proteina la cui concentrazione aumenta quando si verifichino lesioni della mucosa intestinale.

Le diete indicate agli atleti garantivano il medesimo apporto calorico e di nutrienti , fatta eccezione per il consumo di carboidrati che è risultato leggermente inferiore durante la dieta FODMAP.

Lo studio ha mostrato che durante il periodo di dieta a basso contenuto di FODMAP i partecipanti riferivano una riduzione dei sintomi, particolarmente gonfiore e dolore addominale, eruttazione e flatulenza, sintomi che al contrario presentavano un leggero aumento durante la dieta ad alto contenuto di FODMAP.

Lo studio ha evidenziato anche un miglioramento per frequenza e intensità dell’esercizio grazie alla dieta low FODMAP, senza alcun effetto apparente sulla durata.

A livello plasmatico, durante la dieta FODMAP non si sono invece registrate differenze significative dei livelli diI-FABP.

La durata dello studio è davvero minima e anche il numero dei soggetti studiati è esiguo, tuttavia i dati dimostrano che il 69% dei partecipanti ha mostrato un significativo miglioramento dei sintomi grastrointestinali grazie alla dieta FODMAP; l’effetto è marcato per gonfiori e dolori, probabile evidenza di una riduzione del volume di liquidi e gas presenti nell’intestino, un effetto a breve termine ma importante visto che è risultato collegato alla percezione di un miglioramento di intensità e durata dell’esercizio.

Gli autori, ovviamente, invitano a non farsi prendere dall’entusiasmo ma sottolineano come i dati siano a favore dell’utilizzo di questo approccio dietetico. Ovviamente studi di maggior durata e con un campione decisamente più numeroso sono necessari per chiarire se i miglioramenti riportati siano effettivamente da ascrivere alla dieta. [3, 4 , 5, 6]

I benefici della dieta di FODMAP per chi pratica sport di endurance

I disturbi gastrointestinali sono tra i primi fattori che possono causare un peggioramento della prestazione in sport di endurance. Una dieta a ridotto contenuto di FODMAP può essere d’aiuto in alcuni casi.

Dieta FODMAP ed esercizio fisico: alcune considerazioni

L’esercizio fisico, specie ad alta intensità, ha un impatto importante sul benessere dell’intestino che ovviamente si trova in una condizione difficile, con un ridotto afflusso di sangue e ossigeno che può determinare aumento della permeabilità della barriera intestinale e quindi manifestazioni dolorose che, specie in atleti professionisti o dilettanti evoluti, possono interferire sia con la fase di allenamento che con quella competitiva.

Nei soggetti che lamentano problemi di questo tipo, la dieta FODMAP può essere uno strumento da utilizzare per la riduzione dei fastidi riportati: è necessario sottolineare che una dieta di questo tipo, come tutte le diete di esclusione, deve sempre  essere utilizzata con la massima attenzione.

In primo luogo è necessario capire se i problemi riportati dall’atleta non siano dovuti a patologie importanti come la celiachia e altre malattie infiammatorie dell’intestino, valutazione che ovviamente spetta al medico.

Esclusa questa eventualità è importante capire come e quando si manifestano i sintomi, per individuare la modalità di utilizzo della dieta che comunque NON deve mai diventare uno stile di vita ma va somministrata nei modi e soprattutto nei tempi strettamente necessari ad ottenere l’effetto desiderato..

Nella sua formulazione originale la dieta FODMAP è una dieta che prevede due fasi:

  • una fase di eliminazione in cui va evitato il consumo degli alimenti ricchi di queste sostanze, con una durata che può andare da due a quattro-otto settimane;
  • una fase di reintroduzione che permette di stabilire quali sono — se effettivamente ci sono — i FODMAP che creano maggiori problemi e individuare la quantità e frequenza di consumo di quei cibi che continuano quindi a creare fastidi apprezzabili.

Nel caso di atleti la modalità con cui questa dieta va applicata va invece stabilita caso per caso, soprattutto se il soggetto soffre di questi disturbi esclusivamente quando pratica sport.

Nella pratica, con l’utilizzo di questa dieta per un periodo di circa trenta-sessanta giorni ho potuto effettivamente verificare un netto miglioramento della prestazione in dilettanti di alto livello. Si tratta di un intervallo di tempo sufficiente per una riduzione apprezzabile dei fastidi riportati e per un miglioramento oggettivo della prestazione complessiva.

Nel valutare la lunghezza del periodo durante il quale utilizzare la dieta va tenuto in considerazione che, in virtù del suo ridotto apporto di fibre, la dieta FODMAP nel lungo periodo potrebbe portare ad alterazioni del microbiota intestinale e determinare carenza di alcuni micronutrienti, tra cui ferro e calcio, fattori da non trascurare poiché potenzialmente problematici per la performance sportiva.

Va sottolineato che negli atleti è assolutamente necessario garantire un adeguato apporto calorico, valutando con attenzione le porzioni consumate in funzione dell’intensità e della frequenza del lavoro: a causa del numero e del tipo di alimenti esclusi non si tratta di una cosa semplice.

Particolare attenzione va posta ad un adeguato apporto di carboidrati che potrebbero risultare purtroppo insufficienti, viste le limitazioni al consumo di alcuni tipi di cereali, legumi, frutta e verdura.

Con tutte le precauzioni del caso, e con il supporto di un professionista preparato, la dieta FODMAP può quindi essere una possibile soluzione ai problemi gastrointestinali che colpiscono atleti impegnati in sport di endurance. [7, 8, 9, 10, 11, 12]