La sindrome del colon irritabile è un a condizione che interessa oltre il 10% della popolazione, con una serie di manifestazioni che riducono in maniera significativa la qualità della vita. Recenti studi mostrano che una dieta FODMAP può contribuire ad alleviare i sintomi associati alla sindrome.

La sindrome del colon irritabile (IBS Irritable Bowel Syndrome) è una condizione associata a gonfiore e dolori addominali, alterazione del transito intestinale con diarrea o costipazione, flatulenza. Si tratta di problemi che non possono essere imputati ad una causa precisa, per i quali non esistono dei marcatori specifici e quindi decisamente difficili da diagnosticare, visto che essenzialmente ci si deve basare su quanto riportato dai pazienti e su criteri che variano nel tempo, man mano che nuovi dati e studi sul tema diventano disponibili.

Esitono differenti ipotesi sulla genesi della condizione, con ruoli importanti attribuiti ad infezioni dell’intestino, anomalie della motilità intestinale, stress e altri fattori. In pratica non esistono nè criteri diagnostici ben definiti nè protocolli relativi al trattamento che, dal punto di vista medico, spesso consiste nell’utilizzo di antispasmodici o antidepressivi, con risultati relativamente modesti e effetti collaterali non trascurabili.

Negli ultimi anni molti studi si sono concentrati nel valutare l’efficacia di interventi dietetici nel ridurre i sintomi della sindrome del colon irritabile: in particolar modo l’attenzione si è concentrata sulla dieta FODMAP. L’acronimo FODMAP indica oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli fermentabili, degli zuccheri che non vengono digeriti e assorbiti nel tenue e quindi, una volta passati nel colon, vengono fermentati dai batteri presenti in questa parte dell’intestino. I batteri del colon digeriscono questi zuccheri formando vari gas tra cui idrogeno e metano. Si tratta di un processo del tutto normale e che nella maggior parte dei soggetti non produce alcun fastidio: in alcuni pazienti con sindrome del colon irritabile il fenomeno pare essere eccessivo e quindi in grado di determinare i fastidi riportati. Ridurre l’apporto di alimenti ricchi di FODMAP, con una dieta a ridotto contenuto di questi zuccheri, potrebbe essere un valido aiuto nel trattamento dei sintomi associati alla sindrome.

Dieta FODMAP e sindrome del colon irritabile: una recente meta-analisi

I primi lavori sulla dieta a basso contenuto di FODMAP risalgono al 2005, ad opera di Gibson e Sheperd [1]. L’ipotesi che molti dei sintomi legati a patologie intestinale potesse essere dovuta al ridotto assorbimento e alla degradazione batterica di alcuni carboidrati ha suscitato notevole interesse e numerosi studi sono seguiti, volti ad appurare il potenziale di questo tipo di intervento nel trattamento di svariate patologie.

A questi studi sono seguite diverse rassegne sistematiche e meta-analisi, ossia dei lavori in cui i risultati di diversi studi vengono esaminati, analizzati ed elaborati al fine di ridurre eventuali distorsioni presenti nei lavori di partenza  e combinare i risultati come fossero derivanti da un singolo studio. In pratica si tratta di una analisi di analisi  che utilizza sofisticati metodi statistici al fine di integrare i risultati dei lavori in esame, in modo da dare ordine e rigore alla massa sempre crescente di dati disponibili.

Il lavoro più recente sul tema è una rigorosa meta-analisi pubblicata qualche mese fa nll’European Journal of Clinical Nutrition: Does a diet low in FODMAPs reduce symptoms associated with functional gastrointestinal disorders? A comprehensive systematic review and meta‐analysis

La meta-analisi ha preso in considerazione sei studi randomizzati e sedici studi non randomizzati [di tipo e valore degli studi scientifici ho parlato in questo articolo]. Obiettivo comune degli studi era valutare l’efficacia di una dieta a basso contenuto di FODMAP nel ridurre i sintomi legati alla sindrome del colon irritabile. L’efficacia di una dieta FODMAP era valutata in rapporto a diete di controllo che, nella maggior parte dei casi, si rifacevano alla dieta standard utilizzata per il trattamento clinico della sindrome.

La durata degli studi randomizzati variava tra le due e le sei settimane, mentre quella dei lavori non randomizzati andava dai due giorni ai 35 mesi. Molto variabile numero ed età dei partecipanti, con netta predominanza del sesso femminile. Nei vari lavori venivano valutati il numero di soggetti che riferivano miglioramenti grazie alla dieta, il punteggio IBS-SSS (IBS Severity Scoring System) e IBS-QOL (IBS Quality Of Life) prima e dopo la dieta: questi ultimi due indici sono punteggi ottenuti attraverso questionari che servono a valutare la severità dei sintomi riportati e la qualità della vita percepita da soggetti affetti dalla sindrome del colon irritabile.

Ovviamente visto che la meta-analisi include studi che possono presentare notevoli differenze di metodo, quella che viene definita una rilevante eterogeneità, è necessario utilizzare sofisticati stumenti statistici per ridurre al minimo possibili distorsioni e incongruenze tra i lavori.

L’analisi dei risultati ha mostrato che negli gli studi randomizzati grazie alla dieta FODMAP si osserva una significativa riduzione di gonfiori e dolori addominali rispetto alla dieta di controllo, mentre negli studi non randomizzati il sintomo che mostra un più rilevante miglioramento è il dolore addominale, seguito da flatulenza, diarrea e costipazione. In realtà in quasi tutti gli studi si registravano miglioramenti sia con la dieta FODMAP che quella di controllo, tuttavia il miglioramento risultava maggiormente apprezzabile con la dieta FODMAP. Di seguito la conclusione della meta-analisi:

In questa analisi gli autori hanno elaborato i risultati di altri studi e hanno evidenziato come seguire una dieta a basso contenuto di FODMAP comporti delle variazioni clinicamente significative nei punteggi IBS-SSS e porti ad una riduzione del gonfiore e del dolore addominale. Anche seguire una dieta di controllo permette di migliorare i sintomi, tuttavia la dieta FODMAP si è dimostrata più efficace nel ridurre i sintomi legati alla sindrome del colon irritabile.

Il risultato della meta-analisi è interessante perché per la prima volta un lavoro di questo tipo mostra l’efficacia di una dieta low FODMAP nel trattare i sintomi dell’IBS, efficacia che risulta decisamente superiore a quella di una dieta di controllo. In ogni caso pare evidente come un intervento nutrizionale possa portare ad un miglioramento dei sintomi associati alla sindrome. Ovvio che ancora rimane molto lavoro da fare: la qualità degli studi inclusi non era omogenea e la durata degli interventi, specie quelli randomizzati, troppo breve e suscettibile quindi di creare una possibile alterazione dei risultati ottenuti, considerato che siamo di fronte ad una condizione con decorso cronico. Esiste anche una notevole eterogeneità tra le diete di controllo utilizzate, tutte comunque ispirate al trattamento tipico dell’IBS, mentre il protocollo FODMAP appare ben definito, come suggerito dai lavori di Gibson e Sheperd della Monash University.

Alla fine anche la meta-analisi in esame non riesce a quantificare con precisione l’efficacia di una dieta FODMAP nel trattare i sintomi della sindrome del colon irritabile, tuttavia le prove raccolte, le evidenze, vanno a sostegno di quanto sostengono numerosi ricercatori che indicano come la dieta low FODMAP possa essere considerata come prima linea nel trattamento dei sintomi della IBS.

Una dieta a basso contenuto di carboidrati fermentabili può essere un valido aiuto per quei soggetti che soffrono di fastidiosi sintomi gastrointestinali. Una dieta di questo tipo riduce la disponibilità di substrati per i batteri fermentatori e quindi la produzione di gas e altri prodotti del metabolismo batterico che possono contribuire in maniera significativa a causare dolori addominali, gonfiore e alterazione del transito intestinale. Una applicazione particolare della dieta la troviamo negli sport di endurance, caratterizzati da una frequenza piuttosto elevata di disturbi gastrointestinali che possono danneggiare la prestazione sportiva, sintomi che possono essere ridotti grazie a questo particolare approccio dietetico.

Un’indicazione di questo tipo va anche a supportare l’ipotesi che la dieta possa influenzare in maniera significativa la composizione del microbiota, l’insieme dei microrganismi che si trovano nel tubo digerente, anche se mancano studi di ampio respiro che indichino l’impatto della dieta FODMAP sulla compagine microbica intestinale.

Un dato interessante che scaturisce dalla meta-analisi è che mentre la FODMAP appare essere in grado di ridurre gonfiori, dolori e diarrea, non sembra essere altrettanto efficace nel risolvere la costipazione che in alcuni soggetti si accompagna all’IBS. In effetti la dieta FODMAP è una dieta relativamente povera di fibre e svariate rassegne e meta-analisi hanno mostrato una relazione, non rilevantissima, tra aumento del consumo di fibre e miglioramento del transito intestinale. Anche questo un ambito di studio da approfondire.

In conclusione, se pensate di essere affetti da sindrome del colon irritabile parlatene con il vostro medico, in modo da verificare se esistono le condizioni per la diagnosi di questa condizione. Una volta avvenuta la diagnosi tra le opzioni possibili per il trattamento della sindrome c’è anche una dieta a basso contenuto di FODMAP. Si tratta di un protocollo rigido e ben delineato, non di una dieta fai da te, fatevi quindi seguire da un professionista preparato, medico, biologo o dietista, che sappia darvi indicazioni ben precise sulle modalità con cui implementare questo particolare regime alimentare. Ricordate che si tratta di un regime da seguire per periodi di tempo limitati e che ancora la ricerca è al lavoro per definire efficacia, modalità e impatto di questo trattamento nel tempo. [2, 3, 4, 5]