Mangiar bene non basta: bisogna mangiare certi cibi, evitarne altri, depurarsi, detossificarsi, scartare alimenti acidi, glutine, carne, olio di palma, latte, pesticidi, coloranti, alimenti industriali, cotture sbagliate, cibi privati delle loro energie vitali e via  di questo passo, in un tripudio di mode alimentari che inducono a seguire diete sempre più restrittive e paranoiche. A rischio di ritrovarsi vittime di un disturbo del comportamento alimentare: l’ortoressia nervosa.

Prima di parlare di ortoressia voglio raccontarvi una storia. La protagonista è una giovane americana, diventata celebre in rete come La Vegana Bionda. La nostra Jordan curava un blog di successo dove proponeva con convinzione quella che sosteneva fosse “la più sana tra le diete sane“. Una dieta che escludeva zuccheri, glutine, grassi, cereali e legumi: cibi ritenuti dannosi, veri e propri veleni. In tavola andavano soltanto alimenti biologici selezionatissimi, preferibilmente crudi, per evitare la perdita di preziosi principi vitali. Jordan aveva anche un canale Instagram, con oltre 70.000 followers, dove pubblicava foto dei suoi manicaretti crudisti e sanissimi e — senza avere alcun titolo di studio — vendeva una sua dieta detox, cinque giorni a base di vegetali e succhi per eliminare i veleni della modernità, alla modica cifra di 25 dollari. E ne aveva venduti tanti, oltre 40.000.

Ma un tristo mattino la bionda Jordan si accorse che i suoi capelli cadevano a ciocche; qualche tempo dopo sparirono anche le mestruazioni e la pelle cominciò ad assumere una forte sfumatura arancione, a causa dell’enorme consumo di carote e patate dolci. Jordan capì di aver esagerato: la sua ricerca della perfezione l’aveva portata a scelte estreme che stavano compromettendo la sua salute. Con l’aiuto di uno psicologo cominciò, faticosamente, ad allargare i propri orizzonti alimentari e ricominciò a consumare cibi cotti e anche un poco di pesce. Jordan parlò delle difficoltà che aveva incontrato ai suoi seguaci in un ‘accorato post sul suo blog, cercando di spiegare i motivi che l’avevano portata ad abbandonare la sua “sanissima” dieta. Nel giro di poche ore l’ex-vegana si trovò coperta di insulti, sbeffeggiata come immonda grassona, incapace di disciplina, traditrice del verbo alimentare, indegna di un’alimentazione davvero sana e pulita. E poi, naturalmente, arrivarono anche le minacce di morte. [1]

La storia di Jordan è esemplare: una giovane intraprendente, forte della lettura di alcune delle tante pagine web dedicate a diete improbabili e rimedi miracolosi, ispirata dal successo mediatico di celebrità che arrotondano il conto in banca spacciando cure detox e digiuni rigenerativi, decide di cambiare vita e lo fa abbracciando soluzioni estreme. Le sirene del salutismo senza compromessi, del mangiare sano e pulito, sono troppo forti per resistere: le ammanta un alone eroico di sfida al sistema, di mistico ritorno alle radici perdute, di rifiuto di un mondo corrotto dominato da multinazionali e oscuri interessi di gruppi di potere.

Anche il successo mediatico della bionda è esemplare. Pagine web ricche di ricette, consigli, fotografie, slogan appassionanti che decantano gli infiniti pregi di cibi esotici e prodigiosi, pieni di energie vitali, in grado di curare tutto: dal cancro al gomito della lavandaia. Un misto perfetto per catturare l’attenzione di quel vasto pubblico alla ricerca di miracolose soluzioni in grado di garantire una condizione perfetta e un corpo sano e, possibilmente, bello. Un pubblico impaurito e confuso, stretto tra le indicazioni,  talvolta contraddittorie e confuse, che vengono dalla ricerca scientifica e un mondo dei media che ha fatto del sensazionalismo e dell’allarme continuo la sua modalità di comunicazione permanente. Ben vengano allora le ricette vegane a base di esotici germogli e frutti tropicali, sanissimi, non lavorati, ricchi di fluidi vitali, detossifcanti e deacidificanti.

Peccato che la dieta proposta dalla signorina, come tante altre soluzioni simili che circolano sui media riscuotendo plausi, consensi e entusiastiche adesioni, si sia rivelata per quello che davvero è: una nevrotica esclusione di alimenti basata su paure esagerate, su una messianica fiducia verso le supposte virtù di alimenti ritenuti puliti, ovviamente in opposizione ai prodotti sporchi e corrotti, pieni di pesticidi e altri veleni, che imperano sulle tavole dei non illuminati.

E alla fine la determinata blogger si è dovuta arrendere alla realtà, quando il suo corpo detossificato, purissimo e scevro di ogni acidità ha cominciato a tradirla, dandole plastica evidenza dell’inadeguatezza della dieta che stava seguendo. Soltanto l’aiuto di uno psicologo, che ha riconosciuto la situazione per quello che era realmente, un disturbo del comportamento alimentare, ortoressia nervosa, ha consentito a Jordan di recuperare la salute.

Non preoccupatevi comunque per la nostra amica. Ha semplicemente cambiato ragione sociale: adesso si fa chiamare La Bionda Equilibrata.  E continua a spacciare diete e consigli sul web, senza uno straccio di qualifica ma con tanta simpatia e allegria. Che ne dite di un pasticcio di alghe e avocado?

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La bionda Jordan non si è persa d’animo. Adesso si consola con un tè matcha e collagene. Notare la profonda e filosofica verità che l’immagine ci trasmette: “Nulla vi è di più sexy della mia verità autentica”.

Cosa è l’ortoressia nervosa

Il termine ortoressia nervosa è stato coniato da un medico americano, Richard Brautman, per descrivere il comportamento di quei soggetti che sono ossessionati dalla scelta e dal consumo di alimenti sani, puliti. Un’ossessione che li porta  seguire diete restrittive con l’eliminazione un gran numero di cibi ritenuti dannosi, “impuri”,  e un’attenzione ossessiva alla cottura e alla preparazione di ogni piatto: il tutto con lo scopo di raggiungere un perfetto stato di salute e benessere. Obbiettivo purtroppo disatteso nella realtà: il risultato di questa maniacale attenzione può essere disastroso, con potenziali carenze alimentari, malnutrizione, ansia e isolamento sociale.

Si tratta di un comportamento che è ampiamente descritto nella letteratura scientifica ma che non è ancora ufficialmente riconosciuto come un disordine del comportamento alimentare. Non esiste una voce specifica nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM5) — il testo utilizzato da medici, psichiatri e psicologi  come riferimento per classificazione e diagnosi dei disturbi mentali — tuttavia sempre più studi sono dedicati al tema, con l’obiettivo di valutarne la diffusione, di stabilire dei criteri diagnostici e mettere a punto dei protocolli per il trattamento di chi ne sia vittima.

Il termine ortoressia deriva dal greco e significa corretto appetito, mentre l’aggettivo nervosa fa riferimento all’aspetto patologico della condizione. Si tratta di una fissazione patologica per il cibo ritenuto sano, definita come “una malattia travestita da virtù”. Quello che all’inizio può apparire come un lodevole tentativo di curare la propria salute attraverso l’alimentazione può alla fine causare malnutrizione, problemi di relazione e una complessiva perdita della qualità della vita.

I soggetti ortoressici sono costantemente preoccupati dalla qualità del loro cibo e spendono una grande quantità di tempo a valutarne provenienza e qualità: le verdure sono fresche? Si tratta di prodotti biologici? Questi grani sono abbastanza antichi? Quali pesticidi sono stati utilizzati? Gli animali sono stati allevati al pascolo? Con mangimi contenenti OGM? Sono stati utilizzati ormoni o antibiotici?

Altre fonti di ansie e timori sono lavorazione e cottura degli alimenti: si sono persi nutrienti con la cottura? Si sono formati composti cancerogeni? Ci sono coloranti o conservanti aggiunti? Queste etichette riportano davvero tutti gli ingredienti? I materiali utilizzati per queste stoviglie sono davvero sicuri?

Si parte dal desiderio legittimo di proteggere la propria salute per arrivare a una specie di credo religioso, spesso scandito da complessi rituali: si mangia soltanto in orari precisi, combinando soltanto certi alimenti, evitando altre combinazioni che — a sentir loro — creerebbero catastrofici problemi digestivi, con massima attenzione, quando sia ammessa, alle modalità di cottura.

Il soggetto ortoressico trascorre gran parte del suo tempo a informarsi sulle supposte virtù di alcuni cibi, sui pericoli legati al consumo di altri, sui rischi rappresentati da questo o quel composto, immancabilmente “chimico”,  sulla bontà dei prodotti selezionati secondo criteri pseudoscientifici — meglio sarebbe dire magici —prodotti che devono essere naturali, infusi di vitali irradiazioni cosmiche pregne di forze vitali, vibrazioni immancabilmente carenti nei prodotti di quarta gamma spacciati dall’industria.

In genere c’è adesione a regimi alimentari particolari, limitanti, caratterizzati dall’esclusione di una grande quantità di alimenti che non soddisfano quei canoni di salubrità e purezza cui si è entusiasticamente aderito. Il vegano rimuove carne e latticini, l’entusiasta della paleo schifa cereali, legumi e latticini, il crudista evita tutto quanto è cotto (e i latticini, ovviamente), il fruttariano mangia soltanto frutti caduti dagli alberi e così via, in un vortice di eliminazioni arbitrarie e non necessarie.

Magari, nei primi giorni, il soggetto si sente anche meglio, e testimonia questo ritrovato senso di benessere per ogni dove, soprattutto sul web — come la nostra amica bionda — coinvolgendo parenti, amici e anche semplici passanti. I problemi nascono nel medio-lungo periodo, quando le restrizioni auto-imposte finiscono per provocare una sequela di problemi fisici e psicologici. Perdita della massa ossea,  anemia, acidosi metabolica — madre di ogni sventura, nei loro testi sacri — carenza degli ormoni sessuali e bradicardia sono caratteristici e sono accompagnati da frustrazione e ansia quando non siano disponibili i cibi perfetti tanto vagheggiati, senso di colpa e rimorso per ogni minima trasgressione, preoccupazioni costanti e assillanti per l’effetto del cibo consumato sul proprio stato di salute; si passa quindi a diete sempre più restrittive che spesso portano anche all’isolamento sociale, nella convinzione che soltanto in solitudine si possa avere perfetto controllo della propria alimentazione.  Il tutto accompagnato spesso da un profondo senso di superiorità per la supposta virtù della propria dieta, una superiorità morale che li porta a evitare il contatto di chi non condivida le loro scelte.

In alcuni soggetti l’ossessione per il cibo sano si sposa a quella per una costante e intensa attività fisica, arrivando a monopolizzare ogni istante disponibile della giornata, risucchiando ogni energia del malcapitato, dirottata verso la conquista di una condizione fisica in realtà irraggiungibile,  a discapito di qualunque altra attività.

Gli esperti di disturbi del comportamento alimentare utilizzano dei test mirati per individuare soggetti a rischio. Uno dei metodi più utilizzati è l’ORTO15, messo a punto da un team di ricerca italiano e basato su un questionario di 15 domande che permettono di valutare atteggiamenti, credenze e comportamenti nei confronti del cibo. La prevalenza nella popolazione, misurata con test di questo tipo, varia in misura rilevante: si va dal 6% dello studi di Donini [2] al 57% dei lavori di Ramacciotti, in questo caso con netta prevalenza tra le donne [3]. Una finestra davvero troppo ampia che evidenzia come siano necessari criteri meglio definiti per la diagnosi e strumenti di valutazione più accurati, affidabili e standardizzati.

Tratto comune dei soggetti ortoressici pare essere una rigidità di fondo che li porta a abbracciare insiemi di regole rigide e definite, unita ad una estrema, maniacale attenzione verso sé stessi a scapito della capacità di mettersi in relazione con gli altri e di valutare le conseguenze del proprio comportamento in ambito sociale.

Non esistono dei protocolli specifici per la cura degli ortoressici: è suggerito un approccio multidisciplinare che prevede l’intervento di medico, psicoterapeuta e nutrizionista. Si tratta di un cammino lungo e complesso che accanto al recupero fisico richiede anche un lavoro sulle distorsioni cognitive  e un’opera di rieducazione alimentare: operazioni che devono comunque tener conto del profondo carico emotivo ed emozionale legato alle scelte del soggetto, un insieme di credenze così profonde e radicate da poter essere considerate delle vere e proprie ideologie, colonne portanti attorno alle quali si organizza la personalità dell’ortoressico. [4, 5, 6, 7, 8, 9, 10]

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Chiediamocelo: questi grani saranno antichi abbastanza o il loro glutine adesivo rovinerà irreparabilmente il nostro intestino?

Mode alimentari e ortoressia: un rischio reale

Di mestiere faccio il nutrizionista e non voglio certo giocare al piccolo psicologo, ma per lavoro mi interesso delle scelte alimentari delle persone, mi tengo aggiornato sulle novità scientifiche e, mio malgrado, anche sulle mode e sulle tendenze che riguardano i temi della nutrizione, degli alimenti, delle diete e del benessere. Non posso quindi fare a meno di notare che molto spesso si trovano sui vari media vere e proprie istigazioni a forme più o meno gravi di ortoressia, spesso spacciate da soggetti privi di ogni preparazione sul tema, come la bionda Jordan, da celebrità in disarmo ma anche, e duole molto dirlo, da uomini di scienza che sposano teorie più o meno estreme: voglio sperare che lo facciano in buona fede — tutti possono sbagliare – ma ho il forte sospetto che le motivazioni di certe prese di posizione siano di natura soprattutto economica.

Paura e disgusto dominano il campo: intere categorie di alimenti sono bollate come pericolose, le farine bianche sono veleno, le arance contengono poliammine, le pesche sono piene di pesticidi, la carne fa venire il cancro, il pesce ha così tanto mercurio che ti ci puoi misurare la febbre e via dicendo, una litania di orrori, il puro terrore in tavola ( fanno eccezione il vino e altri alcolici, che dai, su, non fanno mica così male, con tutto quel resveratrolo).

E allo stesso tempo assistiamo alla santificazione e alla medicalizzazione di cibi e nutrienti: nelle mele c’è la quercetina, zenzero e curcumina curano tutto, ma proprio tutto, il limone nell’acqua la mattina, così ricco di citrati, la cannella, il sale rosa che abbassa la pressione, le energie vitali dei legumi germogliati e amenità varie, magari appoggiati ai risultati di un bello studio in laboratorio, ma uno, e non di più. Se va bene: sennò si fa riferimento alla saggezza degli antichi.

Poi arrivano quelli che fanno un bel pacchetto di tutte queste paure e di tutte queste catene di miracoli e ti vendono la dieta: ovviamente ancestrale, ritagliata sul tuo gruppo sanguigno, o colore dei capelli, depurante, rinfrescante anche. Basta soltanto cibarsi di quei dodici cibi che l’evoluzione/Dio/Shiva hanno plasmato come alimento perfetto per il tuo corpo. Tipo, le mele stark: e solo quelle, per alcuni.

Parlando di cibo e nutrizione sarebbe necessario un bel po’ di senso critico, merce rara di questi tempi. Certo, con la mole di informazione disponibile sui media, è facile andare in confusione e, di solito, sono quelli che strillano più forte, pigiando il pedale del sensazionalismo, dell’allarme e della paura, a catturare più facilmente l’attenzione di chi magari è soltanto interessato a star meglio.

Cercare di mangiar bene, curare la propria salute e il proprio aspetto, sono desideri legittimi e anche virtuosi: il problema è quando si oltrepassa una linea sottile, spesso difficile da percepire, e si comincia a essere dominati dalle proprie scelte alimentari che si trasformano da strumenti di benessere in dominatori implacabili di ogni istante della nostra giornata.

L’ortoressia non è ancora stata ufficialmente designata come una malattia, ma di sicuro ci sono molte persone che vivono un disagio vero di fronte al cibo, cibo che da fonte di vita e sostentamento si va trasformando in feticcio per sublimare paure e nevrosi.

Se vi capita in maniera costante di bloccarvi di fronte ad un piatto di pasta perché i grani utilizzati — non abbastanza antichi, perbacco! — sono pieni di glutine cattivo, se temete la frutta perché piena di pericolosi zuccheri, se vi sentite tranquilli soltanto dopo esservi consumato un succo estratto a freddo di bacche tropicali, sedano biologico e zenzero di Ceylon, se la lista degli alimenti che evitate è decisamente più lunga di quelli che potete mangiare, allora fermatevi un momento a riflettere e cercate di capire se davvero sia utile e sano un comportamento del genere.

La vecchia Jordan ha dovuto star male, prima di realizzare che stava esagerando. ma ha avuto l’intelligenza di cercare aiuto. Fatelo anche voi, se necessario.

Meglio ancora: mangiate tranquilli, mediterraneo sul serio, mantenete un buon peso corporeo e siate attivi. Già questo sarebbe molto.


Due articoli che approfondiscono un poco il tema dell’alimentazione senza e l’approccio al benessere in generale: