Il pesce è uno dei cibi alla base della dieta mediterranea, un cibo sano e ricco di nutrienti, in primo luogo i preziosi acidi grassi omega 3, e poi calcio, iodio, selenio e proteine di alto valore biologico: un alimento che non dovrebbe mancare mai sulla tavola dei più attenti alla salute. Eppure spesso si sentono voci allarmistiche sul contenuto di mercurio e altri inquinanti del pesce, voci che addirittura arrivano a sconsigliarne il consumo. Quanto c’è di vero?

Il pesce è un alimento importante per mantenere cuore e vasi in buona salute garantendosi allo stesso tempo un importante apporto di nutrienti nobili: gli studi sono concordi nel rilevare che un consumo di due o più porzioni di pesce a settimana abbassa il rischio di malattie cardiovascolari, ictus, e probabilmente anche patologie come Alzheimer e depressione. Gli omega 3 presenti nel pesce sono importanti per lo sviluppo e la crescita di cervello e sistema nervoso durante gravidanza e allattamento e il pesce dovrebbe far parte della dieta di una donna soprattutto durante questi  periodi; c’è tuttavia una legittima preoccupazione sulla possibile presenza di mercurio e altri contaminanti in questi cibi che a volte induce a ridurne o eliminarne il consumo. Una maniera sicura di eliminare i pericoli legati all’ingestione di questi veleni che tuttavia elimina anche i sicuri benefici legati ad un adeguato consumo.

Ricordiamo che il consumo di pesce nel nostro paese è modesto: nel 2012 si è attestato intorno a 20 kg procapite, molto al disotto di quello riportato per Portogallo (60kg), Spagna (49kg) o Francia (33kg). Le regioni del sud Italia fanno registrare comunque un consumo doppio rispetto a quelle del nord, dove si cala anche al di sotto dei 10 kg annui, una quantità decisamente modesta. [1, 2]

Il problema con il mercurio

Nel 1952 in Giappone, tra la popolazione della baia di Minamoto, si ebbero oltre 500 morti causate dal consumo di pesce inquinato da mercurio. L’episodio fu il campanello d’allarme che fece scattare un gran numero di studi e ricerche sul problema del mercurio nei cibi, nel pesce in particolare. Il mercurio, unico metallo liquido a temperatura ambiente, è molto volatile: la forma liquida ha tossicità molto ridotta poichè viene assorbita al di sotto dello 0,01%, mentre molto tossici sono i vapori che provengono in primo luogo dalla crostra terrestre e quindi da attività industriali e dall’uso di combustili fossili; va detto che negli ultimi anni l’inquinamento da mercurio dovuto a fonti industriali è stato, per fortuna, notevolmente ridotto.  Il mercurio metallico presente nell’atmosfera è ossidato e quindi metilato o legato da altri composti organici. La metilazione avviene soprattutto ad opera di batteri in ambienti acquatici o ad opera della flora batterica presente nell’intestino di molte specie animali, in specie pesci. Il metilmercurio tende quindi ad accumularsi nei pesci, in specie nei predatori più grandi e longevi, all’apice della catena alimentare, legandosi alle proteine muscolari e resistendo anche ai più energici tipi di cottura.

Il metilmercurio è la forma più tossica del mercurio: infatti diffonde attraverso la membrana alveolare andandosi ad accumulare nei globuli rossi e nel sistema nervoso dove, vista la sua affinità nei confronti dello zolfo tende a legarsi a numerosi enzimi provocando perdita della loro attività. Il metilmercurio è neurotossico per l’adulto ma lo è ancora di più per il feto nel quale può provocare gravi anomalie nello sviluppo del cervello e del sistema nervoso. L’intossicazione cronica da mercurio determina sintomi molto simili a quelli della sclerosi multipla. Si tratta quindi di un inquinante estremamente pericoloso, assolutamente da evitare.

L’assunzione settimanale tollerabile -TWI- secondo l’EFSA dovrebbe essere al di sotto degli 1,6 µg per kg di peso corporeo per il metilmercurio e di 4µg per kg di peso corporeo per il mercurio: il contenuto limite per i prodotti della pesca è fissato a 0,5mg/kg per tutti i pesci con l’eccezione di squalo, pesce spada, tonno, rana pescatrice, storione e altre specie per le quali il limite massimo è fissato a 1,0 mg/kg. [3]

Pesce e mercurio i rischi del tonno

Una bella tagliata di tonno: un ottimo piatto, per tutti eccetto che per donne in attesa. Il rischio di un contenuto eccessivo di mercurio esiste, specie per alcune varietà che non sono comunque quelle presenti nei nostri mari.

Diossine e PCB

Meno noto ma altrettanto studiato è il problema relativo al contenuto di diossine e PCB -policlorobifenili-  del pesce. Le diossine si formano come sottoprodotti di combustione di sostanze organiche o processi industriali, sono neurotossiche e cancerogene, si accumulano nell’ambiente concentrandosi man mano che si risale la catena alimentare, concentrandosi soprattutto nel tessuto adiposo. I PCB sono una classe di composti ampiamente utilizzati in passato in decine di prodotti diversi: il loro uso si è ridotto moltissimo negli ultimi trent’anni, ma trattandosi di composti molto stabili e persistenti, diffusi soprattutto in sistemi acquosi, rimane una significativa presenza in certe specie di pesci. L’accumulo dei PCB avviene ancora a livello del tessuto adiposo. Il loro effetto è simile a quello delle diossine ma è legato soprattutto ad un’assunzione elevata e cronica nel tempo. Per questo motivo più che l’assunzione durante la gravidanza è importante monitorare il consumo negli anni precedenti, visto che una volta accumulatesi quest sostanze vengono eliminate con difficoltà.

Diossine e PCB si trovano quindi soprattutto in pesci ricchi di grasso come aringa e salmone con livelli che sono estremamente variabili e dipendono sopratutto dalle zone di pesca e di allevamento. Il salmone e l’aringa provenienti dal Mar Baltico hanno livelli molte volte superiori rispetto a quelli registrati in esemplari pescati in altre acque, un fenomeno che si pensa sia dovuto all’intensa attività industriale nelle terre che circondano tale mare e nel lento ricambio delle acque del bacino che favorisce la concentrazione di inquinanti e sostanze tossiche. [4]

Pesce, mercurio, diossine: acciughe, sardine e sgombri pesci sicuri

Acciughe, sardine e sgombri, a torto ritenuti pesci poveri, sono invece ricchi di nutrienti e presentano livelli molto bassi di contaminanti: una scelta vincente in tavola.

Mangio ‘sto salmone  o passo? Questo è il dilemma

Il pesce è un alimento nobile ricco di preziosi nutrienti, molti dei quali con azione preventiva nei confronti di malattie purtroppo assai diffuse. Eppure, tra tutti gli alimenti, il pesce è uno dei pochi che contiene la forma tossica del mercurio, il metilmercurio, e una potenziale fonte di altri inquinanti ambientali come diossine e PCB. Escluderlo dalla dieta nel timore di consumare un eccesso di queste sostanze è una mossa che può causare molti più problemi di quanti non paia risolverne. Quello che serve è equilibrio nei consumi e una corretta informazione, senza i toni sensazionalistici che accompagnano le “indagini” di certi siti, trasmissioni o giornali, che hanno fatto dell’urlare al lupo, in genere in assenza di lupo, la loro bandiera.

Per quanto riguarda diossine e PCB , i livelli registrati nel pesce non sono significativamente più elevati di quelli registrati in in altri cibi quali carne, formaggi e uova, fonti molto più importanti di questi contaminanti. In uno studio pubblicato sul JAMA -Journal of American Medical Association- si calcola che consumando due porzioni di salmone a settimana in 70 anni, su 1000.000 soggetti si registrerebbero 24 decessi per cancro in più rispetto a quelli attesi statisticamente. Eliminando però il consumo di pesce si avrebbero oltre 7.000 morti extra per malattie cardiovascolari rispetto a quelle attese. È evidente che la bilancia è spostata decisamente in favore del consumo di pesce, soprattutto considerando che il consumo di salmone e aringa, le specie potenzialmente più problematiche, non è particolarmente diffuso dalle nostre parti. Da rilevare che non ci sono differenze significative tra pesce selvaggio e pesce allevato e che le maggiori differenze dipendono dalla zona di pesca. Salmone e aringa del mar Baltico hanno un contenuto di diossine e PCB molto elevato e quindi il loro consumo  dovrebbe essere limitato. Si tratta di prodotti che non sono particolarmente diffusi in Italia, ma è bene, prima di acquistare queste specie, accertarne la provenienza. [5]

Anche per quello che riguarda il mercurio i livelli misurati sono in genere decisamente al disotto dei valori soglia: in Spagna, paese che ha un consumo procapite settimanale doppio del nostro, l’assunzione settimanale è pari alla metà del valore massimo consentito. Anche in questo caso i possibili rischi legati al consumo sono superati dai benefici legati ad un utilizzo attento.

Per evitare problemi è importante prendere alcune semplici precauzioni:

  1. evitare di consumare frequentemente e in quantità elevate grandi predatori dal lungo ciclo vitale —che favorisce l’accumulo di inquinanti— come squali, pesce spada, luccio e tonno;
  2. preferire il consumo di pesce erbivoro e/o di piccola taglia: alice, sardine, sgombro, palamita, occhiata;
  3. limitare a 2 porzioni settimanali il consumo di pesci ricchi di grassi come salmone e aringa, facendo attenzione alla provenienza;
  4. non ci sono grandissimi differenze e tra pesci selvaggi e pesci d’allevamento. È vero che questi ultimi vengono nutriti soprattutto con farine di pesce, ma si tratta di farine ottenute da sardine e alici, quindi con contenuto di inquinanti molto basso;
  5. il tonno in scatola presenta un contenuto di inquinanti in genere inferiore rispetto al tonno fresco, probabilmente perché le specie utilizzate a questo fine sono più piccole e dal ciclo vitale più breve;
  6. un adulto dovrebbe mangiare da una a quattro porzioni settimanali di pesce, per un consumo complessivo fino a 180g se si tratta di specie a rischio elevato, fino ai 400g se il rischio è ridotto;
  7. i bambini al di sotto dei tre anni, il cui sistema nervoso è ancora in pieno sviluppo, sono ancora più sensibili e i valori soglia possono essere raggiunti con due sole porzioni settimanali: diventa quindi ancor più importante scegliere la giusta specie da consumare, controllando che le razioni non superino i 50/60g;
  8. analogamente per le donne incinte è importante evitare un elevato consumo di pescespada e tonno, principali fonti di metilmercurio, e di salmone e di aringa per quanto riguarda diossine e PCB. Da sottolineare ancora una volta che queste sostanze si accumulano nel tempo per cui va considerato non soltanto il consumo in gravidanza ma anche quello negli anni precedenti, che deve comunque restare nell’ambito di quanto indicato per la popolazione generale.

È importante ricordare che tutti gli studi compiuti concordano nel sottolineare che un consumo ridotto di pesce crea molti più problemi di quelli dovuti alla possibile presenza di contaminanti e che anche in gravidanza ed allattamenti il consumo di pesce, fonte di preziosi omega 3, è di notevole giovamento per lo sviluppo del feto.
Basta soltanto fare attenzione, scegliere saggiamente le specie da consumare e valutare con attenzione le porzioni e la frequenza di consumo.
Evitiamo inutile allarmi o esclusioni potenzialmente pericolose e orientiamo i nostri consumi su quel pesce azzurro che tanto abbonda nei nostri mari e che troppo spesso trascuriamo a favore di specie più “alla moda” ma decisamente peggiori dal punto di vista nutrizionale. [6, 7, 8, 9]