Il cibo che consumiamo  spesso ha una lunga storia: raccolta, conservazione, trasporto e cottura ne possono modificare in maniera significativa il profilo nutrizionale. Secondo alcuni quello che arriva in tavola è “cibo vuoto”, povero dei principi nutrizionali più preziosi e scarsamente nutriente. Vediamo se è davvero così, prendendo in esame quello che capita alle vitamine più importanti, sostanze particolarmente sensibili ai processi di conservazione e cottura.

Le vitamine sono composti essenziali per il nostro benessere, molecole che il nostro organismo non è in grado di produrre e che dobbiamo quindi procurarci attraverso  gli alimenti che ne sono ricchi. Vitamina A, vitamina C, vitamine del gruppo B, vitamina E e K sono composti necessari per garantire lo svolgimento ottimale di un gran numero di processi fisiologici: quando l’apporto di queste vitamine è insufficiente si manifestano sindromi da carenza che, senza un intervento immediato, possono essere molto gravi, addirittura fatali.

Frutta e verdura, legumi e cereali sono ottime fonti di vitamine, tuttavia raramente li consumiamo sul posto e senza cottura. E proprio conservazione, trasporto e cottura, possono ridurre il contenuto di alcune vitamine, in alcuni casi in misura rilevante.

Senza cadere in inutili allarmismi — il cibo che mangiamo è MORTO! ci rubano le vitamine e non cielo dikono! fate girare!1!!11!! e altre amenità del genere — è comunque utile conoscere quanto la lavorazione possa determinare variazioni nel contenuto di vitamine dei cibi che mangiamo; una dato utile anche dal punto di vista scientifico, per una valutazione più accurata dell’apporto di nutrienti con la dieta, dato soggetto a un gran numero di fattori che possono portare a conclusioni decisamente distanti dal dato reale.

Perdita di vitamine nel cibo: le cause

Sono lontani i tempi in cui ognuno si consumava quanto prodotto — in genere molto poco — nel proprio orto o nei campi del contado. E ancora più lontano il tempo in cui tutti gli alimenti venivano consumati al momento, freschi, freschissimi, spesso neppure cotti. In queste condizioni la perdita di nutrienti era limitata, le vitamine erano tutte presenti, magari accompagnate anche da muffe e batteri vari, ma non stiamo a sottilizzare, via.

Oggi il cibo che mettiamo in tavola può arrivare da migliaia di chilometri di distanza, può essere stato conservato a lungo, e — da quando abbiamo imparato che il fuoco tutto sommato può anche essere sfruttato, con un minimo di cautela — spesso è anche cotto o, addirittura, precotto. Migliora l’igiene, probabilmente, a spese dell’apporto di nutrienti.

Conservazione

Durante la conservazione il contenuto di nutrienti di molti alimenti può variare in misura notevole, sia perché — nel caso di frutta e verdura — certi processi fisiologicicontinuano anche dopo la raccolta, sia per fenomeni di ossidazione o per decomposizione enzimatica.

Temperatura, umidità, esposizione alla luce solare sono fattori che possono influenzare notevolmente questi processi e sono particolarmente significati per vitamina C e vitamina B1 (tiamina), il cui contenuto può calare molto rapidamente quando i cibi sono conservati a temperatura ambiente — fino a dimezzarsi nel giro di una settimana — perdita che diviene molto più lenta, si parla di una riduzione del 50% in sei mesi,  quando i cibi sono conservati a -15°C.

La temperatura di -18°C è in effetti quella a cui , in frutta e verdura, non si registra apprezzabile riduzione del contenuto di vitamina C e non a caso è utilizzata come temperatura di riferimento per la conservazione di alimenti surgelati.

Le perdite legate alla conservazione sono molto diverse per i vari cibi e in alcuni casi possono essere difficili non soltanto da misurare ma anche da prevedere: il contenuto di vitamina A di carote e patate dolci aumenta leggermente con la conservazione, anche a temperatura ambiente, mentre diminuisce nei vegetali a foglia verde, anche se conservati a bassa temperatura

In linea di massima si ha una riduzione della perdita di vitamine quando il cibo è conservato in frigorifero, al riparo dal luce e umidità: il classico locale buio, fresco e areato di una volta.

Molitura

La molitura e la lavorazione dei cereali possono comportare una perdita di vitamina E e di vitamine del gruppo B che sono presenti nel germe e nella crusca. Le farine raffinate presentano una riduzione tanto maggiore quanto minore è il tasso di estrazione o abburattamento —meno alto il tasso di estrazione, più raffinata è la farina — con un abbattimento di vitamina C, E e vitamine del gruppo B già al 72%, valore tipico della farina utilizzata per la panificazione, la farina 0. Va sottolineato che non si tratta di valori molto alti in partenza ma che la riduzione è comunque importante.

Perdita delle vitamina per cottura, lavorazione e conservazione degli alimenti

Durante la molitura, si ha una perdita rilevante delle vitamine presenti nel chicco di grano in misura tanto maggiore quanto più basso è il tasso di estrazione o abburattamento. La farina 0, quella più ampiamente usata per la produzione di pane, ha un tasso di estrazione del 72% e , come si vede nell’immagine, ha già subito una perdita rilevante delle vitamine presenti, non particolarmente abbondanti già in partenza.
Adattato da Combs GF e McClung JP The vitamins Academic Press, 2017

 

Lavorazione

La lavorazione degli alimenti, particolarmente quando comporta il trattamento a temperature più o meno elevate, è un altro stadio durante il quale si può avere perdita di nutrienti. L’obiettivo di queste procedure è di inattivare enzimi che possono alterare le caratteristiche dell’alimento, ridurre la carica microbica e stabilizzare l’alimento.

La scottatura, un trattamento molto rapido utilizzato talvolta prima del surgelamento per l’inattivazione degli enzimi, non provoca gravi perdite a meno che non venga fatto in acqua molto calda: in questo caso si può avere dilavamento di vitamina C e vitamine del gruppo B, composti idrosolubili.

I trattamenti a temperatura elevata, pastorizzazione e sterilizzazione, determinano perdita, tanto maggiore quanto maggiore è la temperatura utilizzata, di vitamina C e vitamine del gruppo B. Le perdite sono dell’ordine del 10% per la pastorizzazione con esposizione rapidissima a temperature intorno agli 80°C e aumentano per i processi di sterilizzazione, che utilizzano temperature di 120-140°C, raggiungendo valori prossimi al 20-50%.

La conservazione in scatola può avere conseguenze molto variabili in funzione di: temperatura di trattamento; acidità del cibo; presenza di ossigeno; umidità residua. La vitamina C è quella che fa registrare perdite maggiori, seguita da vitamina A e vitamina B1. Le perdite sono maggiori quando il prodotto è conservato a temperatura ambiente, si riducono quando la conservazione avviene al di sotto dei 5°C, attestandosi intorno al 1o% per periodi di 12 mesi. La conservazione dello scatolame a bassa temperatura migliora anche l’aspetto estetico e i caratteri organolettici del prodotto, paramentri che non hanno a che fare con i valori nutrizionali ma che sono sicuramente importanti per quanto riguarda il  godimento del cibo.

Surgelamento e liofilizzazione comportano una perdita molto ridotta della maggior parte delle vitamine, mentre l’essiccazione provoca una perdita stimata intorno al 15% di vitamina C e vitamina B1.

Il trattamento con radiazioni, che utilizza raggi gamma, è particolarmente efficace nell’eliminare germi e parassiti e comporta una perdita di circa il 10% delle vitamine C, E , K e B1.

Cottura

Le tecniche di cottura sono molto variabili, legate a tradizioni e costumi che cambiano non soltanto nel territorio ma  anche tra famiglie e individui: è quindi difficile dare indicazioni che non siano generali.

Frutta e verdura vengono — si spera — lavate prima del consumo e se il lavaggio è lungo, o addirittura c’è un ammollo prolungato,come si fa con i legumi, si possono avere perdite significative di vitamina C e vitamine del gruppo B. Anche la rimozione della buccia dai prodotti vegetali può comportare riduzione del contenuto vitaminico.

La perdita di vitamine in cottura dipende dalla temperatura, dal tempo e dall’esposizione all’aria. Più rapida è la cottura e minore la perdita di vitamine; da questo punto di vista, pentola a pressione e microonde possono essere decisamente d’aiuto. [1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10]

Di seguito una tabella riassuntiva che riporta le perdite subite dalle varie vitamine a causa di lavorazione e cottura del cibo.

Vitamina Perdita per lavorazione e cottura
Vitamina A Perdite estremamente variabili ma di solito elevate per conservazione e cottura
Vitamina D Stabile  alle normali condizioni di preparazione e cottura
Vitamina E Perdite elevate con la frittura, superiori al 70%; perdite rilevante per molitura e scottatura delle farine
Vitamina K Le perdite non sono significative vista la produzione da parte del microbiota intestinale
Vitamina C Perdite rilevanti per ossidazione, per estrazione con lavaggi, per cottura ed essiccazione
Vitamina B1 (Tiamina) Perdite per estrazione con lavaggi, per molitura e per riscaldamento: molto alte per le carni, un poco più ridotte per le farine.
Vitamina B2 (Riboflavina) Perdite molto alte per esposizione alla luce, fino al 90%, molto stabile se il cibo è conservato al buio; perdita modesta, 10-25%, in cottura.
Vitamina B3 (Niacina) Perdite elevate per scottatura, intorno al 40%, stabile durante la cottura
Vitamina B5 (Acido Pantotenico) Perdite del 60% per molitura dei cereali, perdite del 30% del contenuto delle carni durante la cottura, perdite ridotte per i vegetali
Vitamina B6 Perdite per estrazione con lavaggi,  superiori al 60% con la pastorizzazione, elevate in cottura per la carne.
Vitamina B8 (Biotina) Stabile  alle normali condizioni di preparazione e cottura
Folati Non sono disponibili dati
Vitamina B12 (Cobalamina) Piccole perdite del contenuto del latte se trattato per irradiazione o esposizione a luce ultravioletta.
Adattato da Combs GF e McClung JP The vitamins Academic Press, 2017

Piccoli consigli utili

La manipolazione degli alimenti comporta una inevitabile perdita di vitamine che può cumunque essere ridotta al minimo con pochi, semplici accorgimenti:

  • preferire cibi freschi piuttosto che cibi conservati;
  • utilizzare la minor quantità di acqua possibile durante lavaggio, preparazione e cottura;
  • utilizzare cotture rapide, alla temperatura più bassa possibile;
  • conservare il cibo per tempi ridotti, preferibilmente in ambienti freschi, areati e al riparo dalla luce. In  molti casi è preferibile la conservazione in frigorifero, sia per prodotti freschi che per prodotti conservati e in scatola.

Queste piccole attenzioni, un buon consumo di frutta e verdura, una costante rotazione degli alimenti in tavola, sono sufficienti a garantire un adeguato apporto vitaminico nella maggior parte dei casi, senza ricorso ai tanto popolari integratori, il cui utilizzo è giustificato soltanto in casi particolari.