I wonder boy del marketing, durante un brainstorming, si sono chiesti come poter aumentare la market presence di specifici prodotti del settore food: le loro guidelines per meglio posizionare gli items sfruttando il buzzword della websphere si è concentrato su un singolo concept per un branding e una visibility moderna e trendy: il supercibo…pardon, il superfood!

Se avete colto una leggera ironia nel paragrafo precedente siete nel giusto: il concetto di superfood, o più semplicemente supercibo – ma qui si perde il carisma e il sintomatico mistero conferiti dall’uso dell’inglese – è uno strumento molto potente per spingere sul mercato una miriade di alimenti, dai più esotici ai più familiari, accompagnandoli con roboanti affermazioni, health claim, che ne vantano la supposta capacità di combattere specifiche patologie o contribuire in maniera determinante allo stato di salute del consumatore.

Sembra che il termine supercibo sia stato coniato a fine anni ’90 da tale Aaron Moss, dall’incerta qualifica, in un giornale ormai defunto, Nature Nutrition, di cui non sono riuscito a reperire copia. Il passo incriminato è questo:

Humans have many options when it comes to fuelling their bodies, but the benefits of some options are so nutritious that they might be labeled as superfoods.
Gli esseri umani hanno molte scelte quando si tratta di nutrire il loro corpo, ma i benefici di alcune di queste cibi sono così importanti che sarebbe opportuno parlare di supercibi.

Il termine ha acquisito immediata popolarità e negli anni successivi è stato utilizzato per promuovere di tutto: dai mirtilli ai broccoli, dal cacao alle bacche di goji, dal tè verde alle rape rosse, tutti alimenti sanissimi, indubbiamente, ma proposti sul mercato come panacea per ogni male, dall’acne al cancro. Di molti di questi cibi ne ho parlato anche io, ma ho comunque tentato di raccogliere le evidenze scientifiche a favore del consumo, evidenziando limiti e problemi dei risultati di molti studi. Limiti e problemi che interessano molto meno chi si occupa di marketing e non di scienza, e il cui scopo è semplicemente quello di vendere quante più unità di prodotto sia possibile. In realtà il termine superfood non ha nemmeno un significato preciso: alcuni lo utilizzano per indicare alimenti ricchi di vitamine, sali minerali, antiossidanti etc, mentre secondo altri andrebbe riservato a quei cibi che per la ricchezza dei nutrienti presenti potrebbe conferire un netto vantaggio in termini di salute a chi ne fa consumo abituale.

Supercibo, la ricreca scientifica e i superfood

Sono loro, le bacche di açai, le più grandi e le più celebri tra i supercibi, con il loro astronomico contenuto di antiossidanti.

Superfood: le evidenze scientifiche

Le affermazione relative ai supercibi sono spesso mirabolanti: secondo alcune fonti con un poco di curcuma e zenzero si può curare praticamente ogni patologia, ovviamente partendo dal cancro, sempre rigorosamente al singolare, raggiungendo un benessere che ha del miracoloso. Quanto c’è di vero in queste affermazioni? La ricerca scientifica conferma o confuta queste affermazioni?

La maggior parte di questi alimenti vanta un elevato contenuto di sostanze ad azione antiossidante: è il caso dei frutti di bosco, ricchi di antocianine, delle bacche di açaí e della melograna, secondo alcuni tra gli alimenti con il più elevato contenuto di antiossidanti presenti in natura, del cacao, ricco di flavonoidi, o delle rape rosse, preziosa fonte di nitrati. Questi antiossidanti, nel nostro organismo, potrebbero andare a neutralizzare alcune specie reattive che si formano durante i processi metabolici anche a causa di abitudini sbagliate, in primis fumo o consumo eccessivo di alcol: si tratta dei famigerati radicali liberi che possono determinare importanti danni a livello cellulare, danni che con il tempo possono portare a patologie cardiovascolari, diabete e varie forme tumorali.
Non tutti i supercibi vengono dal mondo vegetale: tra i prodotti animali spesso citati troviamo pesce azzurro come sardine ed alici, e salmone, fonte di acidi grassi omega-3, grassi in grado di prevenire malattie cardiache o alleviare problemi articolari.

Molte di queste sostanze sono state indagate a fondo in un gran numero di studi scientifici, con risultati a volte entusiasmanti, a volte deludenti. Va osservato che le condizione in cui queste sostanze vengono studiate sono spesso molto differenti da quelle in cui i cibi che le contengono vengono effettivamente consumati. In genere in laboratorio gli studi sono eseguiti  in condizioni particolari, con l’obiettivo di ricavare indicazioni sui meccanismi biochimici e fisiologici alla base della loro azione, gettando le fondamenta per indagini più approfondite e puntuali. Spesso molte affermazioni sulle portentose virtù di un cibo vengono fatte sulla scorta dei risultati di studi che vengono interpretati al fine di supportare tesi preconfezionate. Quando si leggono studi scientifici o articoli che ne riportano i risultati bisogna sempre porsi alcune domande importanti:

  • quale quantità dell’alimento o delle sostanze che contiene è stata utilizzata? Spesso in questi lavori si utilizzano estratti in cui la sostanza studiata è concentrata decine o centinaia di volte rispetto a quanto si osserva in natura, concentrazioni impossibili da ottenere a meno di non consumare quantità improponibili di un dato alimento.
  • gli studi sono stati fatti su colture cellulari? Quando si lavora su cellule isolate i risultati possono essere drasticamente diversi da quelli osservati nell’organismo, dove è sempre presente una complessa rete di reazioni e relazioni tra i vari elementi coinvolti.
  • gli studi sono stati eseguiti su animali? in questo caso i risultati vanno interpretati con molta cautela viste le differenze fisiologiche che esistono tra le diverse specie.
  • se si tratta di studi eseguiti su esseri umani quali sono state le modalità e quali i risultati? si tratta di studi osservazionali, in cui si valutano gli effetti di diverse diete su diversi gruppi di persone? si tratta di studi di intervento, in cui si modifica la dieta dei soggetti coinvolti per valutare l’effetto di specifici alimenti? quanti sono i soggetti coinvolti? quali le loro caratteristiche? Un piccolo esempio: in uno studio a dieci soggetti obesi sono stati somministrati, due volte al giorno, 100 grammi di polpa di açai per un periodo di di 30 giorni. Si è registrata una riduzione di alcuni marker metabolici utilizzati come indice di rischio cardiovascolare o di rischio per diabete di tipo 2. La conclusione del lavoro è che la polpa di açai può essere utile nella prevenzione di queste patologie. Fermiamoci un attimo a pensare: si tratta di uno studio su una popolazione particolare, soggetti obesi; si tratta di uno studio su dieci soggetti soltanto, il cui valore statistico è limitatissimo e soggetto a forti distorsioni dovute all’esiguità del campione; si tratta di un intervento limitato nel tempo, spesso certi effetti osservati nella prima fase di un lavoro tendono a ridursi nel tempo; si tratta di un intervento che prevede un consumo notevole di un singolo alimento per tempi prolungati, 200 grammi di polpa di açai ogni giorno: l’effetto è positivo sui parametri indagati, ma chi ci dice che non ci possano essere effetti negativi su altri parametri in considerati, o che magari si possano verificare problemi nel tempo, quando si consumi a lungo una quantità così elevata di un singolo alimento. [1 , 2]

Un fattore non certo da trascurare, anzi determinante, è che alimenti e sostanze in genere vengono studiate singolarmente, non valutando la miriade di interazioni che avvengono in un organismo, interazioni che formano una rete fittissima le cui maglie dipendono da un gran numero di fattori che vanno dalla genetica del soggetto allo stile di vita nel suo complesso, passando per le differenze in assorbimento ed attività che sono determinate dal consumo contemporaneo di altri alimenti o sostanze.

Come vedete non è proprio semplicissimo giungere a conclusioni così monoliticamente certe come quelle che spesso si leggono in certi articoli o sulle confezioni di certi alimenti. La scienza è conoscenza in continuo divenire: contrariamente a quanto molti pensano la scienza non è certezza, ma dubbio sistematico. Un dubbio che va sempre coltivato di fronte a dichiarazioni mirabolanti, valutando natura e bontà delle prove a favore della tesi sostenuta.
In Europa esiste una legislazione specifica che regola l’utilizzo di indicazioni nutrizionali per la salute nella commercializzazione di alimenti, una legislazione che stabilisce criteri molto rigidi sulle prove da fornire affinché sia permessa la messa in vendita con tali indicazioni, o health claims per gli anglofoni (o per chi lavora nel marketing, of course). La ricerca a supporto di tali indicazioni deve quindi soddisfare dei requisiti molto stringenti di scientificità, con risultati consistenti, significativi, riproducibili ed effettivamente rilevanti per la salute umana.

Linee guide EFSA (European Food Safety Agency) relative ai requisiti richiesti per l’utilizzo di health claims

Non voglio infierire poi sulla miriade di pagine che decantano le virtù miracolose di questo o di quell’alimento senza neppure citare alcuna fonte o studio, talvolta basandosi su interpretazioni fuorvianti di lavori che mostrano tutt’altro, talvolta riportando esperienze aneddotiche di nessun valore scientifico, spesso facendo riferimento ad una scienza segreta ed osteggiata da un non meglio precisato komplotto (probabilmente il famigerato cartello nazi-maoista-francescano-farmaceutiko) o ad un’antica saggezza orientale dimenticata da secoli e recuperata in extemis, durante una spedizione in lande dimenticate del Tibet esterno, dal cugino di un amico del maestro spirituale dell’estensore dell’articolo. Esercitate cautela e spirito critico quando leggete questi articoli, in particolar modo se quelle pagine intendono vendervi un supplemento con l’estratto potenziato e attivato del supercibo in questione. Si fanno i soldi anche con questi prodotti, naturali e purissimi, Ladies and Gentlemen, non soltanto con i farmaci kattivi o i panini velenosi ke non vanno mai a male.

Il supercibo perfetto, la verità dietro i superfood

Per evitare screzi e dissidi ho dovuto inserire anche le bacche di goji, le principale concorrenti delle bacche di açai nel variegato e pittoresco mondo dei supercibi.
Sennò in Mongolia mi facevano storie.

Allora che faccio, lo mangio ‘sto supercibo?

Il termine supercibo non ha alcun significato scientifico, non indica nulla delle caratteristiche nutrizionali di un alimento se non una elevata presenza di nutrienti che si presume possano avere un effetto positivo sulla salute umana. Alla fine è solo un termine spuntato dal nulla su cui si sono lanciati, astutamente, gli operatori del marketing. Gli effetti promessi sono mirabolanti, le aspettative create altissime. La realtà è diversa. Molti dei nutrienti che in alcuni di questi supercibi troviamo magari in concentrazioni un poco più elevate, sono presenti in un gran numero di alimenti che quotidianamente consumiamo o dovremmo consumare, in particolar modo verdura e frutta, ma anche legumi, cereali integrali, pesce, carne e latte. Focalizzare la propria attenzione su un singolo alimento o gruppo di alimenti per le loro supposte virtù nutrizionali potrebbe addirittura essere controproducente se ciò porta ad escludere altri cibi o riduce l’attenzione verso la dieta nel suo complesso. Ingurgitare etti di mitiche bacche di açai mentre si continua ad abbuffarsi, bere alcol e passare la propria giornata tra auto, sedia e divano serve più per darsi un contentino psicologico autoassolvendosi del proprio stile di vita, che per un effettivo beneficio per la nostra salute.

Ciò non significa che non dobbiate consumare certi alimenti ma che dobbiate porre il loro consumo nel contesto del vostro stile di vita, partendo dalla vostra dieta. Se i supercibi sono inseriti in una dieta variata, già ricca di frutta e verdura, con un consumo adeguato ai bisogni reali, allora il loro contributo al vostro benessere potrebbe essere significativo, anche se magari non così eclatante come trovate indicato sulla confezione o sulla pagina che li promuove. Se la vostra dieta è monotona, ricca di cibi sbagliati, se fumate o siete sedentari non aspettatevi grandi miracoli: non sarà quella fetta di zenzero immersa in acqua e limone, consumata religiosamente ogni mattina, a proteggervi dalle conseguenze di tante scelte sbagliate.

In poche parole , per il vostro benessere non contano tanto i singoli cibi consumati quanto la dieta nel suo complesso. Non affidatevi al cibo miracoloso, ma esaminate il vostro stile di vita, eliminate gli errori e fate gli aggiustamenti necessari. Se poi volete mangiare bacche di açai a colazione e yogurt funzionale a merenda fate pure, ma ricordate che è l’insieme che conta e che alla lunga fa la differenza.

Come ulteriore spunto di meditazione ecco il link ad una interessante infografica che riporta la quantità di studi e lavori che supportano le indicazioni nutrizionali per un gran numero di superfood. Il titolo, “olio di serpente o supercibo” fa riferimento agli unguenti miracolosi un tempo venduti come rimedio per ogni male nelle sagre di paese. Non è che da allora sia cambiato molto, dopotutto.

Supercibo e dieta

Incredibile ma vero: si dice conti più la qualità complessiva della dieta che il consumo di certi supercibi. Chi l’avrebbe mai pensato?