Se scorrete rapidamente i titoli dei media vi sarete accorti che quando si parla di salute è tutto un fiorire di studi dai risultati eclatanti, di alimenti miracolosi e di cibi velenosi, in un tripudio sensazionalistico, una continua rincorsa a chi la spara più grossa per accaparrarsi lettori e clienti. Difendersi da questa montante marea di disinformazione e cattiva scienza è difficile, ma non impossibile: basta seguire qualche piccolo accorgimento e pensarci su un attimo, prima di credere ad ogni cosa che leggiamo e vediamo.

Recuperare informazioni attendibili su salute, benessere e alimentazione è come muoversi in un campo minato: i media traboccano di fake news, un mare di disinformazione che nasce dall’ignoranza ma è anche diffusa ad arte per interesse e guadagno, si citano studi in maniera indiscriminata, spesso di scarso valore o veri e propri esempi di cattiva scienza, carburante infinito per nutrire la macchina del terrorismo alimentare, sempre in moto, sempre bisognosa di nuovi spauracchi o di scintillanti miracoli.

Navigare in queste acque tempestose e infide richiede qualità poco coltivate al giorno d’oggi: la volontà di non fermarsi ai titoli roboanti e di approfondire il tema che ci interessa e un poco di senso critico per valutare in maniera equilibrata quanto ci viene comunicato. Certo, non è sempre semplice e qualche volta sarebbe bello poter credere che un poco di zenzero o limone possano curare praticamente tutto o che evitando lo zucchero raffinato si possa tranquillamente campare fino a cento anni, ma la realtà ha il bruttissimo vizio di infrangere, prima o poi, i voli di fantasia; mantenersi con i piedi bene in terra e valutare oggettivamente ogni dato che ci arriva può aiutarci ad evitare pericolose derive che possono avere un impatto devastante sulla nostra salute, se seguite acriticamente.

Fortunatamente cattiva scienza, disinformazione e terrorismo alimentare presentano di solito dei tratti comuni che li rendono facilmente riconoscibili ad un’analisi decisamente meno superficiale di quella che solitamente riserviamo a storie che hanno a che fare con il nostro benessere.

Come riconoscere la cattiva scienza

Purtroppo non tutto quello che viene dal mondo della ricerca scientifica ha il medesimo valore: esiste anche un buon numero di studi e di lavori poco attendibili, i cui risultati hanno scarso o nullo valore in situazioni reali o, peggio ancora, sono il frutto di evidenti conflitti di interesse. Leggere uno studio scientifico non è cosa facile, presuppone una preparazione solida, una buona conoscenza della statistica e una buona capacità di analisi dei punti di forza e delle debolezze dello studio in esame. Tuttavia ci sono dei campanelli d’allarme che possono aiutare nella valutazione di un lavoro. [1, 2, 3, 4]

  • Confusione tra correlazione e causalità


    La correlazione si ha quando esistono delle relazioni tra due o più variabili che cambiano insieme; la causalità si ha invece quando una variabile è causa dell’altra. La correlazione può essere semplicisticamente definita come una forma di coincidenza, mentre la causalità implica che effettivamente un evento è causa di un altro. Chi fa scienza deve necessariamente essere consapevole che “la correlazione non implica causalità“. Se si afferma che il consumo di un certo tipo di alimento causa una determinata patologia è necessario verificare che non si tratti semplicemente di una coincidenza. Studi di popolazione o studi epidemiologici sono molto utili nello stabilire correlazioni ma per stabilire un nesso di causalità sono necessari studi clinici con impostazione decisamente più rigorosa. Questo sito riporta esempi di correlazioni molto divertenti tra eventi che chiaramente non presentano alcuna causalità: il mio preferito è il chiaro rapporto che esiste tra il numero di film interpretati da Nicolas Cage e il numero di persone annegate cadendo in piscina.
  • Campioni ridotti


    Talvolta siamo di fronti a studi ben condotti e progettati, ma con un peccato originale non trascurabile: le dimensioni del campione esaminato. Mentre gli studi di popolazione coinvolgono spesso centinaia di migliaia di individui, gli studi clinici — decisamente più efficaci nel rivelare nessi di causalità tra variabili ma con difficoltà logistiche e costi di gestione importanti — coinvolgono un numero di soggetti ridotto. Talvolta il numero è così piccolo da rendere i risultati poco affidabili e proni ad essere il frutto di semplici oscillazioni statistiche. Mentre in certi casi non è possibile lavorare su campioni importanti, è sempre indice di potenziali problemi quando il campione utilizzato è ridotto senza motivo reale, con una selezione dei soggetti studiati che può già rappresentare un elemento fortemente distorsivo dei risultati.
  • Campioni poco rappresentativi


    Gli individui oggetto di uno studio possono essere selezionati in molte maniere diverse. Talvolta il campione è rappresentativo dell’intera popolazione ma spesso ci troviamo di fronte a gruppi particolari, magari affetti da specifiche patologie, magari con degli stili di vita molto peculiari o particolarmente esposti a determinati fattori di rischio. In questo caso non sempre i risultati raccolti sono trasferibili sul soggetto medio. Un fattore di rischio per una popolazione patologicà potrebbe benissimo non esserlo per soggetti sani, così come un farmaco, un integratore, un alimento che determinano miglioramenti apprezzabili in situazioni patologiche potrebbero essere del tutto privi di effetto nella popolazione generale.
  • Assenza di gruppi di controllo o di test in cieco


    Negli studi clinici è importante che i soggetti che seguono una certa dieta o utilizzano un particolare integratore siano paragonati ad un gruppo di controllo che ovviamente segue una dieta standard o non utilizza la sostanza in esame. Inoltre la distribuzione degli individui tra i gruppi dovrebbe essere casuale. In questo modo si potrebbe valutare in maniera decisamente più accurata l’efficacia della variabile indagata. Ancora meglio quando si possa lavorare in cieco, con ricercatori e soggetti all’oscuro di chi riceva il trattamento o un semplice placebo. Non tutti gli studi possono essere condotti in cieco, ma quelli che potrebbero essere eseguiti con questa modalità e non lo sono dovrebbero destare qualche sospetto.
  • Risultati non riproducibili


    I risultati di un lavoro scientifico ben condotto devono poter essere riprodotti e testati da altri gruppi di lavoro per garantire che possano esser generalizzati e non il frutto di condizioni particolari. La riproducibilità è elemento essenziale quando si facciano affermazioni clamorose, che richiedono a supporto prove di assoluta solidità, provenienti da gruppi di lavoro diversi e non da un singolo, oscuro, studio “indipendente”.
  • Linguaggio vago e speculativo


    Quello della ricerca scientifica è un campo di lavoro estremamente competitivo e spesso i fondi necessari sono legati alla produzione di risultati significativi. In certi casi questo porta alcuni autori a forzare la reale portata dei risultati ottenuti, introducendo speculazioni su quanto effettivamente rivelato. L’utilizzo di una litania di condizionali nella presentazione dei propri risultati potrebbe non tanto essere il segno di una sana prudenza quanto indice che le conclusioni che si stanno tirando non sono adeguatamente supportate dalle prove raccolte.
  • Selezione dei dati


    In gergo si parla di cherry-picking. Tra tutti i dati raccolti sono selezionati soltanto quelli che possono essere utili a sostenere la propria posizione, mentre si ignorano tutti i dati che potrebbero confutarla. Una caratteristica tipica di quella pseudoscienza oggi così di moda, spesso costruita ad arte su dati o studi accuratamente selezionati per supportare una tesi ben precisa. Poco importa che i lavori a favore siano una manciata mentre quelli contro siano la maggior parte: in questi casi si può sempre gridare al complotto.
  • Conflitto di interessi


    Molti lavori scientifici sono finanziati da aziende. Questo non squalifica immediatamente i risultati ma richiede che i dati vengano analizzati con maggior attenzione, considerando la possibile influenza determinata da interessi specifici. Interessi che possono essere legati a un tornaconto personale dei ricercatori coinvolti.
Come riconoscere fake news, disinformazione, cattiva scienza e fake news su salute, alimentazione e benessere per evitare il terrorismo alimentare

Il limone! Cura tutto, anche il cancro, oh yeah. Intrappola i radicali liberi! Protezione garantita! Ed è culturalmente e medicalmente  -esiste questa parola? – raccomandato. Se ci credete, è il momento di porvi qualche domanda. E di fare più attenzione agli ami.

Come riconoscere disinformazione e terrorismo alimentare

Per quanto molti problemi spesso nascano a monte, nel campo della ricerca, è innegabile il ruolo problematico che i media hanno nel disseminare disinformazione e allarmismo, con l’unico scopo di catturare lettori, click e ritorni economici connessi. In questo caso non è necessaria una preparazione specifica per riconoscere le bufale, le mezze verità ingigantite, i risultati gonfiati ad arte per creare paura o instillare speranze, in genere mal riposte. Bastano un minimo di senso critico e la voglia di riflettere un istante su quanto si è letto o sentito: merci rare ma sempre più necessarie, per salvarsi dalla marea di sciocchezze che ad ogni istante rischia di sommergerci.

  • Titoli sensazionalistici


    I titoli sono pensati per acchiappare al volo lettori distratti e volubili. La regola è semplificare e strillare, amplificando a dismisura i risultati di una studio o, in non pochi casi, travisandone completamente significato e implicazioni, per ignoranza o per malizia. Quante volte avrete letto che l’alimento X cura il cancro, che seguire la dieta Y provoca il diabete o che l’integratore Z è essenziale per la salute? La regola d’oro è semplicissima: se sempre troppo bello per essere vero, molto probabilmente non lo è.
  • Scientificamente provato! La scienza dice che…


    Se leggete frasi di questo tipo è bene diffidare immediatamente di quanto riportato. La scienza non prova nulla, la scienza raccoglie prove a sostegno di un’ipotesi: se le probve raccolte sono solide l’ipotesi diventa una teoria, che rimane comunque falsificabile raccogliendo sufficienti prove contrarie. La sicurezza assoluta con cui si indica che un alimento è causa di certe malattie  o possa invece evitarle non è di certo segno di buona scienza ma appartiene esclusivamente al mondo della comunicazione o del marketing, alla disperata ricerca dell’attenzione e dei soldi di chi legge.
  • Linguaggio pseudo-scientifico


    Molto spesso un linguaggio ricco di termini dal suono scientifico, preciso, tecnico, è utilizzato soltanto per dare una patina di credibilità a dichiarazioni portentose e teorie astruse, per conferire un alone quasi mistico a prodotti, integratori e diete. Come avrebbe detto il Conte Mascetti: “La supercazzola funziona sempre. Specie se antani la terapia tapioca. Con magnesio. Prematurato”.
  • Assenza di riferimenti e citazioni


    In molti casi si fa riferimento ad articoli, libri e teorie, senza citare o rendere disponibili le fonti. “Un articolo dice che…” e quello che leggete è una liberissima interpretazione di un lavoro che tuttavia non è possibile consultare. Le fonti sono essenziali e vanno sempre citate. Se non lo sono, dubitate dell’affidabilità di quanto state leggendo.
  • Appello all’autorità


    Un vecchio trucco retorico: si sostengono posizioni e teorie facendo riferimento all’autorità di illustri sostenitori. Di solito si tratta di medici o scienziati che armi e bagagli si improvvisano esperti in discipline lontane da quelle in cui hanno raggiunto la fama. O sono invece defunti luminari i cui lavori, di solito stampati in proprio negli anni ’30, sono caduti nel dimenticatoio e sono stati recuperati da illuminati pensatori moderni che non hanno paura alcuna di sfidare il sistema. In genere si tratta di pseudoscienza o peggio, e il principio di autorità viene invocato per sostenere posizioni che non trovano alcun riscontro nella comunità scientifica; assieme ovviamente a tenebrosi complotti per tenere l’umanità all’oscuro del potere curativo del limone, toccasana per ogni male.
    In scienza il parere di un esperto non conta se non è supportato da dati e prove, per quanto prestigioso e saggio il soggetto che dispensi perle di saggezza. Si tratta soltanto di un parere, magari di un parere informato ma nulla di più. Quello che conta sono le prove. E nell’era della comunicazione istantanea e globale, cercare prove e dati non è certo lavoro arduo. Più difficile magari riuscire a separare le buone informazioni dalla spazzatura. Spero che con l’aiuto di questo elenco vi risulti più facile

Alcuni articoli che possono aiutare a ragionare e interpretare le informazioni sui temi dell’alimentazione, della salute e del benessere: