Quando si parla di alimentazione l’attenzione si focalizza spesso su i nutrienti, carboidrati, proteine e grassi, o, al massimo, su vitamine e minerali. Ma c’è una grande quantità di sostanze presenti nei cibi che può avere un effetto positivo sulla nostra salute, composti biattivi definiti nel loro complesso non-nutrienti, visto che non apportano energia: un buon consumo degli alimenti che ne sono ricchi è un contributo importante per il nostro benessere e, in definitiva, per una dieta più sana ed equilibrata.

Un’alimentazione attenta e variata è fuori d’ogni dubbio un fattore importante nel mantenimento di una buona condizione di salute e nella prevenzione di tutte quelle malattie non trasmissibili — patologie cardiovascolari, diabete mellito di tipo 2, obesità e malattie degenerative — che ormai si stima rappresentino oltre l’80% dell’Impatto Globale delle Patologie (GBD Global Burden of Disease).

Parlando di dieta, l’attenzione si focalizza sui componenti principali, diete low-carb, paleo, chetogeniche, mediterranee e così via, ognuna con diversa ripartizione di carboidrati, proteine o grassi; al massimo, ogni tanto, si discute di vitamine o minerali, ma raramente si prende in considerazione una nutritissima classe di composti bioattivi definiti non nutrienti.

I non nutrienti sono composti che non apportano calorie e per i quali non sono stati stimati fabbisogni o valutate situazioni di carenza. Esiste tuttavia un’ampia letteratura che ne testimonia l’importanza nella regolazione di importanti funzioni fisiologiche e nella prevenzione di alcune malattie non trasmissibili.

Alcuni di questi composti hanno azione antiossidante, altri sono in grado di legarsi a specifici recettori cellulari, altri ancora possono regolare l’espressione dei geni che codificano per proteine coinvolte nei meccanismi di difesa contro i processi degenerativi che, nel tempo, danneggiano cellule e tessuti.

Questi non nutrienti sono particolarmente abbondanti in cibi di origine vegetale: frutta, verdura, cereali, semi ed oli. Si tratta di metaboliti primari, essenziali per le principali funzioni della pianta, e di metaboliti secondari, sostanze che spesso possono accumularsi in grandi quantità in diverse parti della pianta, con funzioni molto diverse: difesa dai parassiti, protezione dagli stress, attrazione degli impollinatori e segnalazione per specifici processi cellulari.

Alla prima categoria appartengono i fitosteroli, alla seconda polifenoli, acido fitico e saponine: gli ultimi due sono ancora considerati come degli anti-nutrienti — sostanze in grado di ostacolare digestione ed assorbimento dei nutrienti — ma i dati più recenti della ricerca ci mostrano una situazione decisamente diversa. [1, 2, 3]

Polifenoli

Un gruppo nutritissimo di metaboliti secondari — se ne sono identificate diverse decine di migliaia — che sono classificati in diversi gruppi in base alla loro struttura chimica: fenoli, flavonoidi, stilbeni, lignani e curcuminoidi.

Si tratta di sostanze che hanno un ruolo di difesa contro parassiti di ogni tipo, di difesa dalla radiazione ultravioletta ed essenziali per impartire colore alle varie parti della pianta.

I polifenoli sono potenti antiossidanti, in grado di neutralizzare diversi radicali liberi, sia dell’ossigeno, sia dell’azoto. La loro presenza permette di preservare le sostanze e gli enzimi coinvolti nella protezione dallo stress ossidativo, in particolar modo glutatione, glutatione reduttasi e glutatione perossidasi.

Alcuni polifenoli — l’esperidina e la naringenina delgi agrumi, il resveratrolo di uva e bacche — possono aumentare l’espressione di NRF2, un fattore di trascrizione che regola la produzione di proteine essenziali nella protezione dallo stress ossidativo.

Un elevato consumo di polifenoli, soprattutto quercetina e resveratrolo è associato a riduzione dei processi ossidativi a carico del colesterolo LDL, di altre molecole di lipidi e dell’endotelio dei vasi sanguigni, processi che favoriscono la formazione della placca aterosclerotica.

I polifenoli possono anche ridurre l’assorbimento intestinale del glucosio, stimolare la secrezione di insulina e favorire la captazione del glucosio da parte delle cellule, intervenendo direttamente sull’attività di AMPK, enzima essenziale nella regolazione degli equilibri energetici della cellula, con una azione diretta sull’omeostasi del glucosio e sulla sensibilità insulinica.

Alcuni polifenoli agiscono sui meccanismi fisiologici che controllano la pressione sanguigna, con un effetto antipertensivo che si è rivelato apprezzabile per alcuni composti presenti nel cacao e nell’uva.

Lavori su culture cellulari mostrano la capacità di alcuni polifenoli di svolgere una azione anticarcinogenica, inducendo l’autodistruzione (apoptosi) delle cellule tumorali agendo come pro-ossidanti, mentre le cellule normali risultano protette contro fenomeni di invecchiamento grazie alla spiccata attività antiossidante di questi composti.

Il problema con i polifenoli è che è molto difficile valutarne l’effettivo contenuto nei cibi, oscillante in funzione di varietà, condizioni di coltivazione, grado di maturazione, conservazione e lavorazione. Basta considerare che in una singola pianta il livello di una stessa sostanza può variare di centinaia di volte a seconda della parte considerata e del grado di maturazione.

Altrettanto difficile è stabilirne l’effettiva biodisponibilità, la quantità che è effettivamente assorbita, quella che non è rapidamente metabolizzata e che quindi mantiene un livello di attività significativo che potrà esplicare quando sia resa disponibile a tessuti, cellule e recettori bersaglio.

La stima è che il consumo medio giornaliero si attesti tra 1 e 1, 2 g, resta da vedere quanti di questi composti siano effettivamente disponibili per svolgere una attività che abbia un qualche effetto reale sulla nostra salute. La ricerca è molto attiva in questo campo e sembra indicare che è il consumo complessivo degli alimenti che contengono queste sostanze ad esercitare un effetto protettivo, piuttosto che l’utilizzo indiscriminato di questi composti in forma di integratori, il cui effetto si è rivelato tutto sommato modesto o assente. [4, 5, 6]

Non nutrienti e salute: il ruolo di polifenoli, fitosteroli, saponine e acido fitico

Colori vivi e brillanti, caratteristici di frutta e verdura, sono un segno della presenza di polifenoli e altri preziosi non nutrienti.

Fitosteroli

I fitosteroli sono metaboliti primari delle piante, componenti associati con  i principali processi fisiologici, con struttura e funzione molto simile a quella del colesterolo presente negli organismi animali.

I fitosteroli più importanti sono sitosterolo, campesterolo e stigmasterolo, presenti in concentrazioni apprezzabili in noci e semi oleosi, oli vegetali e legumi.

Diversi studi hanno mostrato un effetto protettivo dei fitosteroli nei confronti delle patologie cardiovascolari, con un meccanismo che ancora non è stato chiarito: secondo alcuni queste sostanze, grazie alla loro struttura molto simile a quella del colesterolo, potrebbero ridurne l’assorbimento a livello intestinale, mentre secondo altri i fitosteroli potrebbero agire a livello cellulare regolando l’espressione dei geni coinvolti nella produzione endogena di colesterolo, nella produzione di sali biliari necessari all’escrezione del colesterolo e nella biosintesi di trigliceridi, fosfolipidi e acidi grassi.

Il β-sitosterolo ha mostrato una azione ipoglicemizzante sul modello animale, anche qui con una probabile azione diretta su AMPK, che favorirebbe vie cataboliche che favoriscono l’ossidazione di glucosio e acidi grassi. I risultati son però controversi e necessitano di studi anche su soggetti umani.

Nonostante la riduzione del colesterolo associata ad un elevato consumo di fitosteroli, dato che ha convinto l’EFSA (European Food Safety Agency) ad autorizzare dei claim in questo senso sulla confezione di prodotti ricchi di questi composti, rimane ancora dibattuto il reale impatto sulla prevenzione e sulla mortalità per malattie cardiovascolari. [7, 8, 9]

Saponine

Sono metaboliti secondari formati dall’unione di un residuo zuccherino — glucosio, galattosio, acido glucuronico, xilosio o ramnosio — legata a una molecola non zuccherina detta aglicone.

Le saponine sono molto comuni in numerose specie vegetali, svolgono un ruolo protettivo nei confronti di organismi patogeni e possono addirittura arrivare al 30% in peso secco della pianta.

Troviamo saponine nei legumi, nelle solanacee — la tanto temuta solanina è una saponina, in piante come la liquirizia — glicirrizina — nell’avena, in pseudo-cereali come quinoa e amaranto e in verdure a foglia come gli spinaci.

Il loro nome è dovuto all’abbondante schiuma che formano in soluzione acquosa grazie alla loro capacità di ridurre la tensione superficiale. Alcune saponine sono altamente tossiche per varie specie animali e spesso conferisono un sapore decisamente amaro al vegetale che le contiene.

Diversi studi in vitro hanno mostrato che le saponine sono in grado di ridurre l’attività di geni e proteine responsabili della sintesi di acidi grassi, di rallentare la velocità di svuotamento gastrico e di ridurre l’appetito, con un potenziale effetto benefico nel trattamento dell’obesità.

Le saponine possono anche ridurre l’ossidazione del colesterolo e inibirne l’assorbimento intestinale,  formano complessi assieme a colestorolo e sali biliari, rapidamente escreti con ulteriore aumento della secrezione di sali biliari e conseguente rimozione del colesterolo circolante.

Le saponine favoriscono la normalizzazione dei livelli di insulina, leptina e adiponectina, ormoni importanti nel mantenimento degli equilibri metabolici e inoltre mostrano di poter ridurre l’aggregazione delle piastrine, attività anticoagulante e antiaterosclerotica, con un’azione complessiva di prevenzione delle patologie cardiovascolari.

Le saponine riducono la glicemia e riducono l’iperinsulinemia, attraverso diversi meccanismi di azione sia a livello degli enzimi coinvolti nell’assorbimento e nel trasporto del glucosio, sia a livello degli enzimi responsabili del metabolismo degli zuccheri.

Le saponine e la solanina sono spesso considerati degli antinutrienti e in effetti, in quantità molto elevate, possono essere tossici anche per l’uomo. Si tratta però di situazioni estreme, che si verificano soltanto in condizioni particolari — qualcuno di voi consuma abbondanti quantità di patate crude germogliate o di legumi crudi? — mentre il consumo regolare di prodotti che le contengono in piccole quantità, dai legumi, all’avena, alla quinoa, ha mostrato un apprezzabile effetto protettivo nei confronti di diverse patologie. [10, 11, 12]

Prevenzione delle patologie cardiovascolari e del diabete, salute e benessere: il ruolo di polifenoli, fitosteroli, saponine e acido fitico, tra i più importanti non nutrienti del mondo vegetale

I legumi contengono acido fitico e saponine, sostanze a torto ritenute pericolose, probabilmente un aiuto per la nostra salute quando consumate nella giusta quantità.

Acido fitico

L’acido fitico, acido inositol-esafosforico, è la molecola che un gran numero di specie vegetali utilizzano per accumulare fosforo nei semi e nelle parti fibrose durante la maturazione della pianta .Si trova in rilevante quantità nei cereali e nei legumi

È considerato un antinutriente poiché grazie alle cariche negative che la molecola presenta è in grado di legare alcuni minerali — ferro e zinco in primo luogo e, in misura minore, calcio e magnesio — riducendone l’assorbimento a livello intestinale. Fatto che ha spinto alcuni guru propugnatori di diete miracolose a eliminare cereali e legumi, i cibi che ne sono più ricchi, dalla dieta quotidiana. Fatto salvo poi consigliare il consumo costante di mandorle e nocciole, alimenti che ne sono altrettanto ricchi.

Numerosi studi recenti rilevano invece effetti positivi associati ad un ragionevole consumo di fitati, con riduzione di colesterolo e trigliceridi, dei livelli di zinco, del rapporto zinco/rame e dei processi di calcificazione a carico di lesioni cardiovascolari, con complessiva riduzione del rischi di patologie cardiache.

L’acido fitico può anche prevenire la formazione di calcoli renali. Diversi studi hanno mostrato che un buon consumo di alimenti contenenti acido fitico è associato ad una riduzione del rischio di formazione di calcoli:  i fitati possono infatti inibire la formazione di cristalli di ossalato di calcio o di fosfato di calcio.

I fitati legano il ferro formando complessi molto stabili e possono rimuovere dalla circolazione gli ioni ferro liberi, proteggendo l’organismo dai processi ossidativi che il metallo è in grado di causare. In pratica l’acido fitico si comporta come un vero e proprio antiossidante e studi su animali hanno mostrato che l’acido fitico può ridurre in maniera significativa lo stress ossidativo dovuto ad un elevato apporto di ferro.

I fitati possono avere anche contribuire a ridurre la glicemia, aprendo i canali del calcio della membrana delle cellule pancreatiche, favorendo così il rilascio di insulina. [13, 14, 15, 16]

Non nutrienti, dieta e salute

Polifenoli, fitosteroli, saponine e fitati sono tra i non nutrienti più abbondanti nelle piante che consumiamo, frutti o verdure che siano. La ricerca mostra che un consumo costante di questi composti può avere un effetto decisamente positivo sulla nostra salute, anche quando alcune di queste sostanze, in concentrazioni elevate, possano invece causare problemi.

Queste sostanze per la pianta sono armi, strumenti di difesa e segnalazione, ma nel nostro organismo finiscono per partecipare a processi che regolano complesse vie metaboliche, processi di assorbimento ed escrezione ed addirittura i delicatissimi e complessi sistemi che regola l’espressione di certi geni e la produzione di specifiche proteine.

Man mano che vengono alla luce gli effetti di questi composti sulla nostra salute, si arricchisce il mercato che propone come integratori alcuni di questi: resveratrolo, quercetina, curcumina e compagnia bella sono costantemente esaltati come la panacea per tutti i mali, con risultati che tuttavia, per quanto attiene alla ricerca, sono modestissimi se non assenti.

Isolare questo o quel componente e esaltarne le virtù sulla base di studi su culture cellulari non è mai una buona idea. I non nutrienti presenti nelle piante sono centinaia di migliaia e soltanto di una porzione di questi abbiamo cominciato ad esplorare gli effetti diretti sull’organismo umano. In realtà è probabile che l’effetto positivo legato al consumo di queste sostanze sia dovuto all’azione sinergica della totalità di questa miriade di composti, con interazioni complesse e una fitta rete di intrecci e relazioni la cui complessità abbiamo soltanto cominciato ad intuire.

Piuttosto che impazzire per cercare di stabilire l’esatta dose di resveratrolo in grado di svolgere un effetto antiossidante ottimale — attività alquanto oziosa visto che il rapporto tra antiossidanti e radicali liberi è essenzialmente un processo dinamico e costantemente mutevole — è ben concentrarsi sulla qualità complessiva della nostra dieta, troppo spesso povera di verdura e frutta fresca e ricca di prodotti ultraprocessati.

Voglio sottolineare che addirittura alcune diete alla moda suggeriscono di ridurre il consumo di alcuni tipi di vegetali, legumi e cereali in testa, anche per timore del loro contenuto di saponine e fitati, sostanze che non soltanto non sono pericolose, come temono alcuni, ma che se consumate in quantità ragionevoli possono avere un deciso effetto positivo.

Ci sono addirittura quelli che riducono il consumo di certi tipi di frutta e verdura per il timore dei residui di fitofarmaci potenzialmente presenti. Bruce Ames, uno che di tossicologia ne sa qualcosa, sostiene che si tratta di un errore gravissimo perché ci priva di una quantità enorme di sostanze che solo i cibi di origine vegetale possono darci, per timore del consumo di sostanze che alle concentrazioni in cui sono presenti non possono avere effetti apprezzabili.

Frutta e verdura, legumi e cereali, dovrebbero essere sempre presenti sulla nostra tavola, opportunamente ruotati, in modo da prendere tutto quello che c’è di buono, minimizzando nel contempo il consumo di composti che a concentrazioni elevate potrebbero diventare un problema.
Abitudini salutari con un impatto positivo enorme, anche grazie a questa moltitudine di composti che magari non apporteranno alcun nutrimento, ma che di certo possono contribuire in maniera determinante alla nostra salute.